38. Tua per sempre

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Se cercherai chi sono stata

Ritroverai chi sono adesso

In questo viaggio di sola andata

Se siamo qui ci sarà un senso

Vedrai che il tempo non ci prende [...]

E che importa se le promesse sono eterne

Se non ci credi non fa niente

[Elisa]

***

"Napoli,

3 maggio 1985


My dear beloved,

se fossi certa che questa lettera, nella remota eventualità che decida di spedirla, giunga integra e intonsa nelle tue sole mani, allora non esiterei e non dovrei riferirmi a te con una perifrasi. Se possedessimo una linea telefonica stabile, insospettabile e inesauribile, allora trascorrerei ogni ora delle mie grigie giornate a comunicare con te, ad ascoltare la tua voce, a narrarti le vicissitudini più sciocche e insignificanti, perché questo calvario divenga almeno un poco più sopportabile.

Sono passati ormai due mesi. Se prima una settimana in tua assenza mi sembrava infinita, ora non ho nemmeno idea se sia l'inerzia a mandarmi avanti o che altro. Ho quasi scordato i tratti del tuo bel viso. Di esso conservo un ricordo sfocato, e più mi sforzo di chiarificarlo, e più sembra invece svanire. Mi dispiace che la mia mente spasimante ti bistratti in questa maniera. Credimi, vorrei onorarti come se fossimo legate da un sigillo nuziale.

Ripeto, se fossi sicura che leggerai questa lettera, sarebbero altre le cose che scriverei. Comprendimi, my love, è la mia àncora contro la pazzia.

Vorrei parlarti di ciò che di bello e gradevole raccolgo per la città, pur in una perenne afflizione. Poiché Dinah si dedica alla ricerca (l'ultima volta che mi ha scritto faceva tappa in Umbria), di comune accordo decidemmo di visitare la collezione Farnese del Museo Archeologico locale. Sapessi! Sapessi come mi sono sentita: avrei voluto prendere il posto di una di quelle meravigliose sculture, perché tra la loro vita e la mia non v'è più molta differenza. È una verità che non mi angoscia, ma nemmeno mi rallegra. Mi lascia nostalgica e indifferente, proprio come un'opera d'arte.

Sai, in una lettera dell'anno passato ti paragonai alla Persefone del Rossetti e alla Venere del Canova. Mai bestemmia più grande uscì dalla mia penna! Tu, mio unico e bell'amore, sei molto più di un cumulo di preziose chincaglierie buone solo a pigliare polvere, se non ne si è profondamente appassionati.

Amore, amore, amore: lascia che ti chiami per sempre così. Lascia che ci renda parti esclusive di un voto comune: tutto ciò che non è possibile toccare con mano, perché intuibile solo tramite una raffinata concordia, appartiene a te. Il mio corpo è soltanto il veicolo con cui l'essenza di vita che possiedo per tua mercede viaggia e progredisce.

Intendi?

Mi perdonerai per queste parole: non voglio seminare l'amarezza nel tuo buon cuore; tento solo di lavarla via dal mio. Se esse dovessero giungerti per altre vie, per un soffio di vento, per un singulto del mare, per un pensiero sincrono, allora vorrei mi promettessi di avere pazienza; perché io l'avrò, bramosa come sono di una possibilità di vita con te. Oh, quale destino avverso condividiamo!

Quando non scrivo e non leggo, trascorro il mio tempo nel centro storico a lasciarmi sopraffare dall'enorme quantità di lusinghe che i miei sensi riescono a catturare, annientando il dolore del ricordo. Il giorno che verrai per una visita, saprò certo nominarti ogni via e ogni vicoletto senza leggerne l'insegna.

In ultimo, vorrei soltanto ribadire un concetto che ti sarà già ben chiaro: ti amo profondamente.


Sempre tua, Camz"


Apponendo la propria firma in calce, in una grafia malinconica e ordinata, Camila posò la penna. Contemplò con rinnovato desiderio l'inchiostro fresco, e con gli occhi lo scorse, rileggendo parola per parola. Invano, prese a rovistare nel secondo cassetto della scrivania, dove Christopher era solito tenere le sigarette.

- Tecla! – chiamò allora, alzandosi con urgenza.

Tecla accorse in un baleno, e si affacciò cautamente alla porta dello studio: in quell'ultimo periodo, Donna Jauregui appariva piuttosto volubile.

- Dite, signora -.

- Ti scongiuro, dammi del tu che non tengo né l'età né lo status di una signora. Mica mi piglieresti un accendino funzionante, per cortesia? -.

***

"Napoli,

11 maggio 1985


Cara Cheechee,

come stai, innanzitutto?

È così ingiusto essere ritornata a scriverti sermoni su carta quando vorrei eruttare ogni mio malessere con nient'altro che la voce.

Sento il Vesuvio ribollire sul fondo delle arterie. Ho uno sdegno in corpo, mio Dio!

Questo matrimonio, non posso in alcun modo negarlo, è un dramma via via più tragico. Christopher è il peggior marito che avrei potuto immaginare: è l'essenza dell'assenza. Speravo, in qualche modo, di stabilire un qualche legame di collaborazione, ma nulla. Si limita a rendere il mio isolamento ancor più grave: esce di casa ai primi bagliori dell'alba e non vi rientra fino a sera inoltrata. Non mi stupirei se già mi tradisse. Non faccio forse altrettanto?

Talvolta sospetto lo compiaccia torturarmi in questo modo. Ma sai quando questo sospetto diventa orribile verità? Quando, sempre per disgrazia, ci troviamo a condividere attivamente il talamo, e l'unica traccia che mi rimane di lui, indelebile come l'inchiostro, è il profumo fresco del suo dopobarba.

A farmi alzare, l'avrai già immaginato, è il disgusto; a condurmi a letto, l'angoscia. Non passa giorno che non sia finemente regolato da queste due sordide sensazioni. La mia maggiore preoccupazione riguarda un eventuale frutto di esse. Insomma, come potrei prendermi cura di una creatura innocente quando annaspo in un mare di cinico disamore?

La pressione che deriva da tutto ciò, dai miei genitori che mi vorrebbero interessante quanto prima, da me stessa che di nascosto ho preso contatti con uno specialista del settore, il dottor Capasso, e da Christopher che nemmeno si pronuncia a riguardo e anzi, è incauto in una maniera che mi impensierisce, diverrà presto insostenibile.

Vorrei godere di una buona scusa che mi permetta di allontanarmi almeno per una settimana, ma sfortunatamente non la posseggo; e Tecla non saprebbe coprirmi le spalle per più di qualche ora. [...]

Ma lascia che ora ti parli dell'unica anima che meriterebbe una menzione speciale a ogni capitolo, nel mio personale libro di storia.

Se non fosse per lei, credimi, mi lascerei morire tra le lenzuola che sono estensione della mia polverulenta perdizione. Se lei sapesse nel dettaglio ciò che conosci tu (ma probabilmente già se lo immagina, povera creatura; quanto mi rincresce essere motivo del suo dolore), commetterebbe un delitto a mani nude.

Non che il sangue manchi a questa vicenda, purtroppo, ma non voglio in alcun modo che lei divenga turpe quanto la sottoscritta, tanto turpe da non sapersi più guardare serenamente allo specchio. Penso che se mi vedessero i suoi occhi (dei quali soffro la mancanza più notevole), non mi riconoscerebbero. Poiché i tuoi non possono altrettanto, forse non intenderai a fondo il morbo che mi travaglia. Avrei dovuto ribellarmi prima che intaccasse ogni tessuto vivente! Ora posso solo sperare che non mi uccida anzitempo, perché io, più che una resistenza velleitaria, non so proprio cosa opporvi!

Ho bisogno di un chiaro di luna, Cheechee, o di un raggio di sole, meglio ancora; e l'unico modo che ho per procurarmelo ricade sicuramente sotto la definizione di rischio.

In attesa di ricevere una tua risposta quanto prima, mi scuso per i toni deprimenti con cui ti servo un confronto.


Con verace disperazione, confidando in una cristallina promessa di futuro, tua Mila"

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