34. Sai che

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Ho cercato un modo per dimenticare

Ma di contro c'è il mio volerti bene

Che è ancora più grande di me

E non c'è un motivo per non tornare insieme

E sembri più forte di tutte le volte che

Per tutte le volte che

Io ho voluto te, tu hai voluto me

[Marco Mengoni]

***

Alle calende di dicembre, i colori dell'alba mediterranea erano autentica ambrosia per gli occhi. Sulla linea dell'orizzonte, correndo da settentrione al mezzogiorno più estremo, si addensavano le fiamme ardenti che l'universo aveva sottratto al ginepro dei camini locali, durante le ore notturne. L'intensità cromatica della visione era tale, che pareva suggerire che la stessa Persefone avesse deciso di aprire il proprio melograno simbolo a metà, e di spremerne il succo sanguino a colorare la base della volta.

E poi sopraggiunse la luce; una luce accecante, ipnotica, che riproduceva con eccezionale precisione le preziose dorature dell'ambra più raffinata.

Passeggiando al cospetto di essa, che andava levandosi dolcemente nel trionfo del mattino, tra i fazzoletti di spiaggia libera e quelli conquistati dagli stabilimenti balneari, quasi come presa in castagna, Lauren tornò a focalizzarsi sul tempo presente: primo dicembre millenovecentottantaquattro. Il nero di seppia che impregnava la lunga notte di tribolazioni che aveva affrontato strenuamente, senza versare una lacrima, persisteva a ostacolare la lucidità dei suoi pensieri; come un calamaio traboccante di inchiostro che si rovesci sulla bella copia di un compito scritto. Siccome da esso accusava una vertigine quasi invalidante, dovette sedere a terra, sui ciottoli infinitesimali della riva. Distese le gambe su di essi, divaricandole appena mentre con il corpo si reclinava e trovava sostegno nei gomiti. Espirò gravemente, tentando di placare il galoppo dell'ansia che imprimeva la sagoma metallica degli zoccoli equini su ogni costola della cassa toracica.

Lasciò andare il capo all'indietro, rilassando i muscoli che lo mantenevano perpendicolare al suolo. Sarebbe potuto anche scivolarle il berretto che lo teneva al caldo e ugualmente non se ne sarebbe accorta, nel momento in cui si tuffò in uno dei ricordi più notevoli dell'ultimo periodo.

Avrebbe dovuto evitarsi un tale dolore, ne era consapevole, ma più di tutti (mente, anima, carne e sangue) il cuore reclamava un'alienazione patetica per proseguire la lotta contro l'opposizione della volontà.

***

Scavalcato il davanzale della finestra con una precisione e una rapidità sorprendenti, per i non cultori della fisica meccanica, il proiettile colpì Diego in piena testa.

- Ahi! – esclamò il pover'uomo, portandosi una mano sulla zona offesa, quale la regione parietale del cranio. Alzandosi dal pizzo del letto, volle ispezionare il cortile di casa Jauregui: ovviamente, non v'era alcuna traccia del mittente. – Ma che diavolo...? - masticò. Presto individuò la pallina di legno che costituiva l'arma, per così dire, del delitto.

Frattanto che egli la raccoglieva, sospettoso che potesse addirittura esplodere, a mo' di bomba carta, Lauren si era tirata a sedere.

- Beh? – domandò, asciugandosi gli zigomi umidi. - Ch'è successo? -.

- Non hai visto nulla? -.

- Evidentemente no -.

Diego le lanciò la pallina, con una punta di sprezzo nel movimento.

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