How to save a life

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Dopo aver spiegato alle donne del branco cosa fare con i feriti e dato ordini per una buona mezz'ora al resto dei mannari del branco che correvano disperati da una parte all'altra, apparentemente senza una meta o senza capire cosa stesse davvero succedendo, mi sentì chiamare. Filtiarn era sparito chissà dove e sapevo che probabilmente non l'avrei visto per molte ore ancora, ma non dovevo perdere la speranza che tutto quel caos si potesse sistemare. Non dovevo perderla mai.

«Leigh, mia Luna.» Era la voce di Tristan, eppure a stento la riconoscevo. Era esausto e anche terribilmente spaventato da tutto.
«L'Alpha Filtiarn chiede di lei, subito.» La formalità e l'austerità con la quale pronunciò quell'ultima frase, mi fecero rizzare i capelli. Era successo ancora qualcosa di grave.

Con un cenno del capo, lo seguii senza proferire parola, conscia del fatto che nemmeno io ero del tutto padrona di me stessa e delle emozioni contrastanti che stavo provando in quella maledetta giornata. In una manciata di minuti arrivammo davanti alla stanza che il primo Beta, condivideva con la sua compagna, Eliza. Un conato mi risalì in gola al solo pensiero di come potesse stare lei, sapendo quanto Charlie stesse soffrendo in quel momento e percependo come sue, ogni singola emozione che lui stava provando. Chiusi gli occhi e feci un respiro profondo, captando subito l'odore ferruginoso del sangue. Di molto sangue. Mi irrigidì sul posto, mentre la mia mente faceva tornare a galla tutti gli anni che avevo trascorso negli ospedali.

Senza tante cerimonie, Tristan aprì la porta della stanza, rivelando Filtiarn, il medico del branco, Eliza e un Charlie privo di sensi e messo decisamente molto male. Il viso era tumefatto in più punti e a stento riconoscibile, le braccia e le gambe erano piene di tagli slabbrati che non sembravano aver intenzione di rimarginarsi molto presto e dal fianco continuava ad uscire vistosamente del sangue. Troppo sangue. Fu proprio lì che il mio sguardo si fermò, catturando immediatamente l'attenzione del medico del branco.

«Non sappiamo come farlo smettere. Continua ad uscire sangue.» Iniziò il medico, passandosi freneticamente le mani tra i capelli, completamente disperato di non essere riuscito a fermare l'uscita del sangue in tutto quel tempo. Il che per me era molto, se non addirittura troppo sospetto.
«In che senso?» Chiesi, alzando subito un sopracciglio incuriosita. Non era possibile non riuscire a fermare un'emorragia a un mannaro. Già per natura le ferite si cicatrizzavano più in fretta rispetto a quelle di un umano, il sangue doveva smettere di uscire in un modo o in un altro. Il perché non lo stesse facendo, mi fece tornare alla mente tutto ciò che avevo studiato negli anni per diventare infermiera. La medicina umana mi aveva insegnato molte cose, anche sui licantropi.
«Ho provato di tutto per fermare l'emorragia, ma il sangue continua ad uscire. Ho provato sia con la medicina umana, sia con quella mannara, ma non c'è modo di fermarlo.» Trafelato e con il respiro ansante dato dall'angoscia per non essere riuscito nel suo compito, il medico gesticolò come se fosse stato posseduto da un qualche essere, il che mi fece capire che le aveva provate davvero tutte.
«Ho bisogno di vedere la ferita per capire.» Gli sorrisi appena, diventando immediatamente più professionale di quanto mi sarei mai aspettata da me stessa in una situazione di emergenza assurda e fuori dal mio ordinario come quella.

Dopo aver ricevuto un cenno del capo da parte di Filtiarn, con delicatezza mi avvicinai al corpo di Charlie e sollevai quel tanto che bastava la benda che il medico gli aveva avvolto intorno a busto. La ferita era lunga e frastagliata, dovevano averlo torturato a fondo e con minuzia in quei brevi minuti che avevano avuto a disposizione, per averlo lasciato in quelle condizioni. Vedevo sangue ovunque e le mie mani, solo dopo aver sollevato la benda che gli avvolgeva il fianco, erano altrettanto sporche e impregnate di sangue. Un conato di vomito mi avvolse ancora una volta, ma cercai di scacciarlo concentrandomi su altro. Avevo una vita tra le mani da salvare. Analizzai meglio la ferita, ma non vidi nulla di rilevante. Poi mi venne un'idea... Mi concentrai e chiusi gli occhi per qualche istante, senza mai togliere le mani dalla benda. Quando li riaprì, le pupille erano rosse, l'Alfa aveva preso il sopravvento. Con una visione molto più chiara della ferita e di ciò che il corpo del primo Beta stava cercando di espellere, capì subito che cosa gli era successo. Che cosa gli avevano fatto. Sciocca io a non averci pensato prima.

Lord of the wolvesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora