Substance

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«Il druido era considerato il dignitario del clan. Egli apparteneva a una classe dirigente sacerdotale, alla quale competevano, l'adempimento di riti di culto comprendenti anche il sacrificio umano, l'interpretazione degli auspici, la conservazione e la trasmissione del sapere tradizionale, la presidenza delle assemblee religiose, l'arbitrato nelle controversie tra tribù e l'amministrazione della giustizia civile e criminale.» Finì di leggere la pagina del manoscritto che Connor, lo stratega militare di Filtiarn, ci aveva fatto avere quella mattina e lo lasciai scivolare sulla scrivania dello studio.
«Se mi leggi una pagina di dizionario non è che mi semplifichi la vita.» Borbottò il signore dei lupi, passandosi una mano sul viso stanco.

Avevamo dormito poco e niente quella notte e i risultati erano dipinti sulle nostre facce. Mi alzai dalla poltrona su cui ero rimasta seduta fino a quel momento e mi avvicinai a lui. Sarebbe stata l'ennesima sfida che la vita ci stava facendo affrontare, ma ero certa che ne saremmo usciti.
«Io so dove vive, non serve essere preparati sul tema. Lui mi conosce, si fida di me.» Posai le mani tra i suoi capelli e iniziai a muoverle sulle tempie, cercando di alleviare un po' del suo stress. Era tutto un casino e non sapevamo nemmeno noi dove diavolo sbattere la testa, ma dovevamo trovare un modo per uscire dal quel casino, perché non avevamo la benché minima intenzione di lasciarci sopraffare ancora una volta.
«Il problema è se ci possiamo fidare noi di lui o no.» Mugugnò a occhi chiusi, gustando il relax del momento. La riunione avuta quella mattina con il consiglio doveva essere prettamente informativa, invece si era rivelata essere una sorta di accusa nei confronti miei e di Filtiarn, il quale aveva preso decisamente male il tutto. Aveva dato in escandescenza in una manciata di secondi, finendo con il distruggere completamente la sala riunioni e lasciare a bocca aperta gli anziani che componevano il consiglio. L'Alfa era lui e non lo era per un mero caso del destino, lo era per volontà, per spirito, per sangue e per quel carattere che tutti temevano. Filtiarn aveva solo ricordato a tutti chi era.

«Ti fidi di me?» Gli chiesi, smettendo per un istante di massaggiare le tempie. Volevo che mi guardasse negli occhi in quel momento. Filtiarn, da bravo maniaco del controllo, aveva fatto rivoltare da cima a fondo il suo studio da Charlie quella mattina. Il primo beta era riuscito a trovare due cimici. Filtiarn, in un primo momento, aveva pensato di liberarsene immediatamente poi, a mente lucida, aveva pensato che usarle a nostro vantaggio, ingannando il nostro nemico con le nostre conversazioni private, sarebbe stato meglio. Quando voleva essere certo che nessuno ci sentisse, riponeva le due cimici fuori dalla porta, nascoste. Lo studio era insonorizzato e con accesso tramite impronta digitale. Solo pochi eletti potevano cioè entrare e ciò stringeva già di molto il campo degli indiziati.
«Non faremo questo giochetto.» Borbottò stringendo le mani sui miei fianchi in una morsa di ferro. Mi fissò dritto negli occhi, aspettando una mia qualsiasi reazione.
«Nessun giochetto, amore. Si tratta solo di accorciare un po' i tempi con una scorciatoia. Per una volta dovremmo essere contenti di conoscere le carte dei nostri nemici!» Gli sorrisi e tornai a passargli le mani tra i capelli, non del tutto certa che mi avrebbe dato ascolto.
«Leigh, tesoro, pensa... Secondo te loro sono così stupidi? Ci hanno ingannato una volta, cosa gli impedisce di farlo una seconda?» Gli occhi neri come la pece del mio compagno mi trapassarono da parte a parte, innescando una scintilla nel mio basso ventre. Perché deve essere così schifosamente sexy? Non è leale e neanche moralmente giusto avere a che fare con lui, è palese anche a un cieco che mi lascio convincere sempre.
«Glielo impediremo noi.» Scossi la testa come a voler scacciare una mosca e mi riconcentrai sul mio interlocutore. Posai le mani sulle sue spalle, sorridendogli furba. Filtiarn strinse ancora un po' la presa sui miei fianchi, finendo per avvicinarci ancora un po'. Continuando di quel passo, avremmo fatto sesso nel suo studio.
«Per quanto io amo il tuo essere così intraprendente e sicura di te stessa, questa volta non posso essere d'accordo con te.» Mi sorrise e io mi gelai. Mi stava rendendo una cretina patentata con due moine e qualche carezza. Ero una deficiente. Era giunto il momento di essere a mia volta un alfa.

Lord of the wolvesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora