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Jennifer era lì. Per la prima volta dopo tutti quei mesi, lei era lì. Il solito sorrisetto inquietante e di superiorità assoluta, svettava trionfante sul suo viso pallido e immortale, rendendola ancora più sinistra di quanto già non fosse di suo.

Ovviamente non stava partecipando in modo attivo alla battaglia, troppo semplice per lei, ma dall'alto della collina di fronte alla radura della casa branco delle terre del Nord, se ne stava dritta e fiera di vedetta. Il suo sguardo era fermo e concentrato sullo scontro in atto, pareva quasi non perdere neanche una mossa. La sua aura di potere era più forte che mai, si percepiva a miglia di distanza, così come la sua sete di vittoria, eppure ad incrinare quell'immagine di quasi perfetto terrore, vi era il linguaggio del suo corpo. Jennifer teneva le braccia lungo i fianchi, le mani strette a pugno e le gambe leggermente divaricate. Era insoddisfatta da qualcosa, o per meglio dire, alterata da qualcosa.

La domanda era, che cosa? O forse era meglio dire, chi? Avrei dovuto osservarla meglio da vicino.

Un brivido mi percorse la spina dorsale, quando quello sguardo sporco e maledettamente inquietante incontrò per un misero istante il mio. Filtiarn, alle mie spalle, parve capire subito il perché, tanto da sposare immediatamente la tenda al posto mio per rimetterla al suo posto.
«Se non vuoi che io esca dalla casa branco, in queste condizioni precarie, come le hai gentilmente definite tu, ti prego di smetterla di essere così pessimista.» La voce di Filtiarn mi invase la mente, distogliendo finalmente anche i miei pensieri da quegli occhi maligni, solo per farmi inarcare un sopracciglio poco dopo. Dove voleva andare a parare con questo discorso?
«Che vuoi dire?» Iniziai a camminare all'interno del suo studio, fino a riposizionarmi di nuovo dietro la sua scrivania imponente.
«Percepisco i tuoi pensieri e i tuoi stati d'animo, genia...» Sogghignò ovvio il mio compagno, tirandomi addosso un pacchetto di fazzoletti che era lì in giro. Un lato del carattere di Filtiarn che era cambiato più di tutto il resto, era proprio il suo modo di esporre ciò che era ovvio per lui. Se all'inizio del nostro rapporto mi avrebbe incenerito con lo sguardo per poi rispondermi seccamente, ora non perdeva occasione per fare dell'ironia pungente e provocarmi.

«Direi che ti sei proprio ripreso.» Sogghignai, dopo avergli dato una leggera spinta con il fianco non appena si era fermato accanto a me.
«Il lupo perde il pelo, ma non il vizio ricordalo.» Ammiccò sorridente a sua volta, pizzicandomi il fianco, per poi farmi la linguaccia.
«Devo dirti una cosa.» Ammisi cambiando completamente espressione e incrociando le braccia al petto. Ripensando a tutto ciò che era successo in un lasso di tempo così breve mi assalivano mille pensieri. C'era molto di cui parlare, eppure ancora una volta non ne avevamo il tempo.
«Cosa?» Filtiarn si avvicinò di più a me, posò il mento sulla mia testa e aspettò pazientemente una mia risposta. Aveva già capito che gli scherzi erano finiti.

«Dopo che ti hanno colpito io ho perso il controllo. Ho perso me stessa. Il lican ha preso il sopravvento, come mai mi era capitato prima.» Iniziai, cercando di mantenere un tono di voce neutro. Erano passate solo poche ore, eppure a me sembrava fosse passata una vita.
«La mia pelliccia non era più nera come sempre. Era diventata completamente bianca.» Conclusi, sperando che ricordasse ciò che ci era stato detto e che per noi non aveva mai avuto alcun senso logico, questo almeno fino al giorno precedente.
«E così sei tu il famoso lupo dal manto bianco che ci salverà le chiappe! Beh buono a sapersi...» Si staccò da me di scatto, alzò e abbassò un paio di volte le sopracciglia, mentre sul suo viso l'ombra di un sorriso, cercava invano di mimetizzarsi con un'espressione più seria.
«Filtiarn!» Lo rimproverai atona. A volte mi era del tutto impossibile pensare che fosse il signore dei lupi di cui tanto si sentiva parlare in giro.
«Che c'è? Cosa ho detto ora?» Alzò gli occhi al cielo, fingendosi innocente ed esasperato.

«Non mi sembra il momento per fare dell'ironia.» Commentai ovvia, alzando gli occhi al cielo e facendo ricadere le braccia lungo i fianchi.
«Ero serio. Se sei tu che ci devi salvare, sono mooolto più tranquillo.» Mi avvolse la vita con le sue braccia e mi strinse se a sé. Appoggiò la fronte contro la mia e, con un sospiro, chiuse gli occhi, portandomi a fare lo stesso.
«Non devi avere paura. Se è così che deve andare, così andrà. Ci sono cose che non possiamo cambiare.» Parlò con un tono di voce basso, ma non per questo meno imperioso di quanto pensassi. Filtiarn era un vero capo branco, una guida che sapeva davvero cosa era meglio fare in qualsiasi occasione e, in quel momento, stava guidando anche me.
«Sei diventato pure filosofico dopo questa ferita. Quasi quasi mi manca il solito vecchio scorbutico che eri prima della battaglia.» Decisi di cambiare discorso e scherzarci un po' su. Mi fidavo ciecamente di lui, per cui sarebbe andata sicuramente così. Di lì a poco avremmo dovuto affrontare l'ennesimo scontro spregevole ed inutile e i momenti spensierati come quello sarebbero stati inesistenti per un po'.
«Ehi! Non esageriamo ora! Io sono sempre stato filosofico.» Si finse tremendamente offeso, lasciando addirittura un leggero morso sul mio braccio, ma non riuscì a non sorridere.
«Dissento, vostro onore.» Scoppiai a ridere per poi stringerlo a me ed inspirare il suo profumo, seppur un po' celato dalle medicine che aveva in corpo.

Lord of the wolvesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora