Capitolo 25 - Papà -

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Ci alziamo da tavola contemporaneamente, non c'è bisogno di una mia risposta in questo momento, lui sa che voglio parlargli. Lo seguo e mi porta nel salotto del primo piano, come se gli altri non ci potessero sentire con il loro udito amplificato.
<<Senti io...>> gli leggo la paura negli occhi, la paura di un mio rifiuto, ma lui non sa che non lo rifiuterò. È mio padre, dopotutto. Gli faccio cenno di continuare.
<<Mi dispiace tanto per il mio comportamento, io sono stato un'incosciente. Prima di Hope ero una persona diversa, piena di diffidenza e malvagità e quando ti ho urlato tutto è riemerso. Ti prego perdonami io->>
<<Klaus>> lo fermo. Sembra davvero dispiaciuto e me lo ha dimostrato anche con l'abbraccio e gli sguardi. Ha finalmente accettato la verità, prima o poi doveva farlo.
<<Io ti perdono>> dico, senza troppi giri di parole. Ci sorridiamo a vicenda, fino a quando una bomba non ci scaglia contro il muro violentemente. Subito cerco di alzarmi. Tra il fumo non riesco a vedere Klaus. Sbatto un paio di volte le palpebre ma niente.
<<Klaus!>> urlo mentre un fischio mi tortura le orecchie. Non sento niente e vedo solo fumo!
<<Papà!>> urlo disperata. Una pistola è davanti ai miei occhi. Alzo lo sguardo ed è Marcus.
<<Tu vieni con me>> mi spezza il collo poi buio.
Mi risveglio dopo poco, noto che sono su un'elicottero facendo finta di essere ancora svenuta. Le mie braccia sono legate ma le mie gambe no.
Errore Marcus, errore.
Con i sensi capisco che due guardie armate con un BM 59 si trovano ai miei lati mentre altre tre sono davanti a me. Con uno scatto mi libero le mani.
<<Me le tieni un attimo per favore?>> passo le manette anti-magia all'uomo alla mia destra.
<<Ma certo. Oh!>> gli do un pugno e subito metto davanti a me l'uomo alla mia sinistra, facendogli fare una giravolta. Gli uomini sparano e come avevo previsto, non gli interessano chi muore, anche se fosse un loro compagno.
Marcus li paga.
Con un incantesimo spezzo il collo ai tre. Lascio andare il cadavere e subito punto il fucile contro l'uomo alla mia destra.
<<Ehi, tutto bene lì dietro?>> è la voce di Marcus. Faccio cenno all'uomo di rispondere.
<<Si capo, stavamo solo giocando con la prigioniera>>
<<Bene>> risponde Marcus e io faccio l'occhiolino.
Con un altro incantesimo, lo addormento e il corpo cade su di me.
<<Bravo ragazzo>> dico sotto voce.
Me e Marcus siamo separati ma una lastra di metallo. Avvicino l'orecchio e metto una mano sul metallo. È spessa due centimetri e mezzo ed è molto fragile. Non riesco a percepire il calore del corpo di Marcus. Mi deve venire un piano e alla svelta. Cerco una finestra ma non la trovo. Dove ci troviamo, sempre a New Orleans? Apro la porta e si, siamo ancora a New Orleans. Riesco a vedere casa anche da qui. Amplifico l'udito per cercare di sentire qualcosa ma senza risultati, siamo troppo in alto. Sento una porta aprirsi. Marcus. Chiudo la porta con uno scatto e il vento forte smette di soffiare.
<<Pensavi fosse così facile rapirmi?>>
Cerca di tirarmi un pugno ma io lo scanso e prendendolo per le ascelle, lo sbatto il suo corpo con il muro. Subito mi prende la mano e me la gira a 180 gradi. Urlo di dolore.
<<Ora sono ufficialmente arrabbiato>>
Con l'altro braccio gli do un pugno sul gomito e una botta alla testa con il mio di gomito. La mia mano guarisce. La mano guarita la infilo nei suo polmoni al lato del cuore mentre con l'altra gli blocco la gola.
<<Sapessi io>>
Sto per sfilarmi quel cuore di ghiaccio che si ritrova quando le sue gambe si alzano e si attorcigliano sul mio collo. Perdo l'equilibrio e urto il muro con il mio intero corpo, mentre sono sotto sopra. Vado a terra. Un calcio mi sta per arrivare dritto in faccia ma lo blocco con la mano. Mi alzo di scatto. Prendo il suo collo e lo rimango appeso per aria. Il pilota sembra impazzire ma nel frattempo aiutare il suo capo. Fa un giro di 360 gradi. Mentre siamo catapultati di qua e di là apro la portiera anche se è rischioso. Io e Marcus ci ritroviamo a terra, di nuovo al punto di partenza. Sento il vento sulla faccia. Marcus é di fronte a me e la porta si trova dietro di lui.
Bingo.
Con tutta la forza che mi rimane in corpo, lo spingo. Ma lui mi porta con se. Urlo e mentre stiamo precipitando da non so quanti metri, combattiamo. Sono sotto di lui e mi sta tirando dei pugni. Prendo il suo collo con le gambe e inverto le posizioni. Mi avvicino a lui prendendolo per il giubbotto antiproiettile.
Ora punto solo alla sua faccia. Siamo avvinghiati e io non smetto di tirargli cazzotti. Con una mano mi aggrappo e con una mano colpisco.
Siamo quasi a terra, è piena di prato, una pianura.
<<Questo è per me>>
Concentro la mia rabbia nelle mani. Sento l'adrenalina nelle mie vene. Colpisco il suo petto, l'impatto del suo corpo con il terreno sembra un tuono. Un alone di polvere gigantesco si innalza. Atterro su due piedi sul suo corpo, del sangue esce dalla sua bocca. Il suo corpo è immobile, gli arti sembrano spezzati.
È morto.
Quella sensazione di soddisfazione che avevo tanto immaginato di avere, arriva.
Lo avevo ammazzato e l'ultima cosa che aveva visto erano stati i miei occhi.
Trovo la cosa poetica. Feci un profondo respiro, sapendo che era finita e che non aveva più nessun potere su di me.
<<Ci vediamo all'inferno figlio di puttana>>
Degli elicotteri mi accerchiano dal cielo, riesco a riconoscere le luci della polizia.
<<A terra o spariamo il fuoco>> sento dire da un megafono.
Alzo le mani e senza obbiettare mi stendo a terra, mentre nel frattempo guardo Marcus di fianco a me.
Sorrido e chiudo gli occhi.

Alexandra Mikaelson - the eldest child - Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora