Capitolo 43 - Pronta alla corsa? -

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Prendo il suo corpo e vado verso l'uscita. Lo appoggio a terra delicatamente. Klaus mi raggiunge insieme ad Alan, che viene dalla direzione opposta alla nostra, non era in casa.
<<Alan?!>> lo chiamò urlando.
Non c'è il battito. Inizio a fare la respirazione bocca a bocca. Gli alzo il mento e gli tappo il naso. Dopo vari tentativi, non risponde.
<<Andiamo Alan!>> urlo. Ci riprovo di nuovo. Inizio a fare il massaggio cardiaco.
<<Alexandra>> cerca di tirarmi John in lacrime.
<<No, no lasciami!>> lo spintono ma non cade.
Riprovo il massaggio cardiaco. Sento il mio cuore in gola, che pulsa ferocemente. Non è possibile
<<Andiamo Alan!>> incrocio le mani e do un pugno sul torace di Alan. Alan ruggisce, come non aveva mai fatto prima. I suoi occhi gialli sono luminosi e vividi. Inizio a piangere. John si sporge verso Alan e io mi sposto di lato.
<<Hai fatto un buon lavoro>> dice Klaus, accovacciato di fronte a me con una mano sulla spalla. Accarezzo la mano. Annuisco. Le fiamme non divampano più, è arrivata Freya. Sono arrivati tutti, anche il branco. Alan è ancora steso, mentre parla con il padre. Io sono ancora seduta, con una mano sul cuore e gli occhi chiusi, mentre la voce di mio padre continua a dirmi che è tutto finito.
È tutto finito?
<<Vuoi provare ad alzarti?>> chiede John al figlio. Alan annuisce e facendosi aiutare dal padre si rialza. Non perde l'equilibrio. Io mi avvicino lentamente.
<<Il tuo cuore si è fermato!>>
Dico a pochi centimetri dalla sua faccia.
<<Lo so>>
<<Il tuo cuore si è fermato non batteva più>>
<<È ripartito adesso>>
Lo abbraccio e nel mentre appoggio l'orecchio sul suo petto. Il suo cuore pompa a tutta forza.
<<Nemmeno quando il mio cuore si è fermato ho smesso di amarti>>
Ricomincio a piangere ancora più forte, però qualcosa mi distrae, un battito cardiaco che si velocizza d'improvviso. Non ho mai sentito un battito così accelerato, se non quello dei traditori.
<<Che c'è?>> chiede Alan.
Mi guardo intorno, la casa è distrutta, il tetto è crollato. Non so se si può recuperare qualcosa. Mi giro verso il branco, ascolto il loro battito ad uno ad uno, fino a quando non arrivo a quella di Martin. Un lupo del branco che non ho mai avuto il piacere di conoscere profondamente. Sogghigna.
Mi avvicino in velocità e lo prendo per il collo. Mi avvicino alla sua faccia.
<<Come ci si sente ad essere un traditore del cazzo?>> nonostante l'ossigeno che gli manca, il sorrisetto non si muove di un centimetro.
<<È tutta colpa tua, se loro moriranno>>
<<Che cazzo stai dicendo?>>
<<Morirete tutti>>gli spezzo il collo senza neanche rifletterci.
Sento alcuni del branco sorpresi, spaventati, ma io non ci do peso. Sento un altro rumore, a chilometri di distanza.
<<Lo sentite anche voi?>> chiedo verso papà e miei zii.
<<Cosa sta succedendo?>> chiede John, spazientito.
<<Cos'è?>> chiede Kol.
<<Un elicottero in motore>> risponde Klaus.
<<Più di uno>> dico.
<<Dobbiamo andarcene>> continuo verso John.
<<Noi non scappiamo>> dice John.
<<Non è la vostra battaglia>> rispondo prontamente.
<<Veniamo anche noi>> dico riferendomi alla famiglia originali.
<<Noi non scappiamo!>> afferma Kol infastidito.
<<Ti sembra il momento? Andiamo forza!>> urlo a tutti.
Anche se non sono d'accordo, Kol e gli altri mi seguono.
Senza troppi giri di parole, non prendiamo niente, ognuno entra nella macchina, nelle due macchine con cui abbiamo viaggiato per venire qui da New Orleans.
<<Devo fare una cosa>> dico. Ho un'idea, non suicida per fortuna.
<<Che vuoi fare?!>> urla Klaus.
<<Devo prendere una cosa, fidatevi di me!>> Klaus mi guarda preoccupato intento a seguirmi.
<<Va! Fidati di me non voglio morire!>> sorrido a tutti loro.
Elijah con una mano sulla spalla incita Klaus a salire in macchina e dopo essermi accertata che siano partiti tutti, vado verso il garage.
Rumori di macchina e gomme che sterzano mi invadono le orecchie.
Arrivo nella cava. È una grotta, più che altro. Nessuno sa della sua esistenza se non Alan e Anthony, loro la chiamano la bat-caverna. Il nome è azzeccato, perché in questa cava super tecnologica ho speso tutto il patrimonio che mi ha lasciato mamma, per lavorare ad una delle mie più grandi passioni, la tecnologia. Tocco una parte specifica del muro di pietra. Riconosce la mia impronta ed entro, attraversandolo, tipo Harry Potter. La grotta è vasta, piena di computer. Cianfrusaglie sparpagliate, una specie di armatura di Iron Man cattura i miei ricordi. Cerco di non soffermarmi sui dettagli e sulla bellezza del posto, corro verso il mio obbiettivo, dove ricordo sia rimasto lì, da anni, intatta. Credo sia il momento di cacciare la bestia. Salgo sulla moto. Mi metto il casco, la visiera è lucida e limpida, come se vedessi con i miei occhi veri.
<<Bentornata, Avenger più forte>>
Sento una voce maschile parlare.
<<Parkis, piacere di risentirti>>
<<Pronta alla corsa, signorina Alexandra?>>
<<Sono nata pronta Parkis>>
Avvio il motore e parto a tutto gas, attraverso il muro e vado verso la strada principale.
<<Sei a cento chilometri orari>>
<<Vedi le macchine in vicinanza Parkis>>
La strada è libera.
Una sagoma disegnata più lontano mi indica dove sono.
<<Sono a trenta chilometri di distanza>>
<<Dobbiamo raggiungerli>>
<<Accellero, signorina>> senza fare niente, in pochi secondi arrivo a cento cinquanta chilometri orari. Giro a sinistra e vedo la fila di macchine che si allontana. L'ultima è quella dove c'è Klaus al volante.
<<Ha compagnia dietro di lei>>
Il rumore che prima sentivo a chilometri di distanza ora è vicino, vicinissimo.
<<Abbattilo, Parkis>>
Due piccoli lancia razzi spuntano al fianco della moto con un rumore meccanico.
<<Autorizzo al lan>>
<<Vai!>> urlo
I razzi abbattono l'elicottero.
Accelero per non farmelo venire addosso.
<<Parkis>>
<<Si?>>
<<Chi ti ha detto di soprannominarmi avenger più forte?>>
<<Alan, signorina>>
Sogghigno

Alexandra Mikaelson - the eldest child - Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora