Capitolo 48 - Dí ciao ciao -

301 15 3
                                    

1 mese dopo...

HOPE POV
Il tempo sembra non scorrere, quando Alexandra non si presenta più. Il tempo si è fermato e ogni ora, ogni giorno, mi domando sempre la stessa cosa: Dove sei?
Caroline e mio padre dicono che devo arrendermi, che ci penseranno loro, ma non posso non pensarci. Chissà cosa pensa. In questo mese abbiamo cercato di seguire le sue tracce: ha lasciato cadaveri di innocenti ovunque, sulla tratta tra Nashville e verso la parte opposta alla nostra. Si allontana, ogni giorno di più, ma nell'ultima settimana nessun aggiornamento. È per questo che il pensiero di dove si trovi stamattina mi sta assillando più del solito. Marcus è scomparso, insieme ad Alexandra. Nessun attacco, nessun morto. Ho il sospetto che stia cercando Alexandra e ci abbia lasciato stare. Per il momento.
Il soffitto della mia camera è pulito, nessun ragno o ragnatela si presentano. Decido di alzarmi senza rassegnarmi per quanto riguarda Alexandra. Mi alzo ed esco dalla camera, intenta ad andare a fare colazione. Scendo le scale e trovo mio padre a mangiare il buffet preparato dagli inservienti. Da quando Alexandra se ne andata, cerca di essere forte, per me e per la famiglia, ma so che è triste e non si è rassegnato nemmeno lui per Alexandra.
<<Buongiorno>> lo saluto e lui ricambia. Mangiamo in silenzio. Non abbiamo di cui parlare se non di Alexandra. Dopo poco, ci raggiunge mia madre. Ci da il buongiorno e si unisce a noi.
<<Ho sentito Caroline, i lavori alla scuola procedono bene, qualche giorno e potrai ritornarci>> ci informa mia madre.
<<Assolutamente no>> rispondo.
<<Devi essere al sicuro>> afferma mio padre.
<<Non posso andare a scuola con il pensiero di Alexandra che è li fuori da sola>>
Mio padre sbatte le mani sul tavolo.
<<Lei è andata, rassegnati>> mi sorprende, quando sbatte le mani e afferma questa sentenza.
<<È mia sorella>>
<<Ha fatto la sua scelta Hope!Alexandra è una donna adulta!>>
<<Ha bisogno di noi!>> urlo di rimando.
Mio padre si alza di scatto e scompare ai piani superiori. La sua camminata è pesante, segno dalla sua rabbia. Non pensavo si arrendesse, non lo ha mai fatto, ma questa volta...sembra diverso.
<<È solo arrabbiato>> lo giustifica mia madre.
<<Questo non giustifica le urla e il fatto di arrendersi>>
[...]
È sera e le stelle in cielo sembrano fare da luce alla città. Sono uscita, l'aria in casa era troppo tesa. A tavola si è ripreso a parlare di Alexandra e volevo evitare l'argomento, per oggi, dopo la sfuriata di mio padre di questa mattina. Mi sono alzata da tavola e sono uscita. Sono troppo tesa, ho i nervi a fior di pelle e per calmarmi l'unica cosa che mi viene da fare è camminare. Arrivo in centro, ci sono così tante persone che fatico a camminare e farmi strada, mi dimeno tra la gente e i piedi mi portano ad entrare in un bar. Non ho nemmeno letto l'insegna. Entro e mi siedo al bancone. Nonostante fuori ci sia tanta gente, il locale è gestibile. Ci sono delle persone, ma non tantissime. Un uomo mi serve, dei riccioli neri gli cadono sulla fronte, non riesco a capire di che colore sono i suoi occhi, la luce intorno a noi è fitta, alcune lampadine di luce gialla illuminano il locale.
<<Posso servirti una coca?>> mi chiede, il suo tono è sarcastico.
<<Divertente>>
Ride sotto ai baffi.
<<Comunque si, per favore>>
<<Arrivo subito>>
Mentre si accovaccia per prendermi una coca, mi guardo intorno, non c'è nessuno al bancone, sono tutti seduti ai tavoli o in piedi che ballano.
Il rumore della coca appoggiata sul bancone mi fa girare lo sguardo.
<<Ecco a te>> mi pone anche un bicchiere con del ghiaccio.
Il ragazzo inizia a pulire dei bicchieri, mentre sorseggio la coca. Lo osservo. È davvero sexy.
<<Posso permettermi di dire una cosa, sono troppo curioso>> afferma, lasciandomi di sorpresa. Annuisco, mentre sorseggio un sorso.
<<Sei uguale ad una persona che conosco, una volta mi ha anche baciato>>
Subito capisco e appena collego il tutto, appoggio con un po' di troppa forza il bicchiere sul tavolo, tanto che si rompe in mille pezzi. Alexandra mi raccontò di lui. Lo sconosciuto che ha baciato per evitare nostro padre. Tutti nel locale si voltano verso di me. Il barista davanti a me mi guarda come se una cosa del genere capitasse tutti i giorni. Ignoro gli sguardi e lo guardo. Prende una scopa piccola e una piccola paletta.
<<É tutto okay, capita anche a me quando metto troppa forza>> appena pulisce mi alzo e me ne vado alzando gli occhi al cielo. Io che cerco di evitare Alexandra e lei che sta sempre in mezzo. Cazzo, vorrei urlare a squarciagola. Mi butto di nuovo in mezzo alla gente e cerco la via di casa anche se con fatica. È entrata nella nostra vita ormai, se solo questa cosa le entrasse in testa anche a lei. Staremo bene senza di lei? Si sbagliava, si sbagliava di grosso, perché io non sto bene, non sto per niente bene. Con la testa in aria, mi rendo conto improvvisamente che sono sola, in strada. Sono quasi arrivata a casa, ma la strada davanti a me è completamente deserta. Senza pensarci un secondo, prendo il telefono dalla tasca. Una leggera ansia si fa strada dentro di me. So difendermi, ma meglio avvisare.
Digito il numero di mio padre e risponde dopo tre squilli.
<<Hope>> la sua voce è preoccupata.
<<Papà, sono sola in strada, verso casa nostra>>
<<Sto arrivando>> non sento cosa dice dopo, perché qualcuno mi sta soffocando da dietro. Il telefono cade a terra. Non devo agitarmi, se mi agito non resisterò più di qualche minuto. Cerco di colpire la faccia del mio aggressore. Tiro fuori gli artigli e cerco di graffiare il braccio sulla mia gola.
Sento dei rumori metallici. Sto graffiando del metallo.
Charlotte.
<<Ci rivediamo, piccola puttanella>> dice vicino al mio orecchio. Mi abbasso così cerco di farla cadere in avanti. Facciamo una capriola in aria tutte e due e ci troviamo a terra. Metto le braccia dietro di te e trovo i suoi occhi. Premo con i pollici fino a quando non urla e mi lascia. Riprendo a respirare, alzandomi velocemente. Mi allontano un po' da lei.
<<Sei scaltra, giovane Mikaelson>> io attacco alzando una gamba. Convinta di poter colpire il fianco non ci riesco. Blocca la gamba e con l'altra, di ferro, mi prende la gola e mi scaraventa dall'altra parte. Rotolo e arrivo a terra.
Mi giro verso di lei e ha una pistola puntata verso di me. Indietreggio aiutandomi con i gomiti. 
<<Dí ciao ciao>>

Alexandra Mikaelson - the eldest child - Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora