12. Dubbi

51 4 0
                                    

16 settembre 1944. Aldbourne, Inghilterra

Nixon era in piedi sulla porta e osservava la ragazza indaffarata a preparare le sue cose, sospirò dando segno di star terminando la pazienza e si sedette sulla sedia di legno accanto al piccolo tavolo.
Helen aveva controllato di aver preparato tutto almeno tre volte, elencando ad alta voce ogni cosa che le serviva sempre nello stesso ordine e ogni volta svuotava e riempiva lo zaino creando più disordine nella stanza di quanto già ce ne fosse.
«Quindi è andato tutto bene?» domandò lei per l'ennesima volta, mentre premeva le cose dentro la tasca più grande del suo bagaglio.
Doveva essere sicura di tutto, che fosse uno zaino oppure una riunione.
«Tutto da programma, Dick ti saluta» rispose Nixon.
Helen era mancata alla riunione della sera precedente e lui aveva preso il suo posto. La nuova operazione non era particolarmente difficile, ma era sempre meglio spiegare le cose due volte e con termini molto chiari perché alcuni soldati, anche se di alto grado, non brillavano proprio d'intelligenza.
Nixon aveva illustrato il piano, le posizioni e le possibili problematiche come aveva già fatto molte altre volte. Helen stessa gli aveva mandato tutte le indicazioni e lui si era attenuto alle consegne ricevute.
Lei annuì, appuntandosi mentalmente di dover salutare Richard Winters appena ne avesse avuto tempo, e riportò rapidamente il discorso sulla riunione.
«Quindi il piano va bene? Nessun cambio di programma, problema, dubbio o impossibilità tattica?» domandò a raffica.
Era preoccupata non solo perché non aveva partecipato all'incontro della sera precedente e non aveva visto le reazioni degli ufficiali, ma anche perché quel piano aveva qualcosa che non la convinceva del tutto.
«No, nulla che non vada» rispose Nixon stanco di essere sotto esame.
Cominciava a nutrire qualche fastidio per tutte le domande che gli stava rivolgendo, sembrava come se Helen non si fidasse del suo lavoro.
Lei non disse più nulla, chiuse lo zaino e lo posò a terra. Sembrava dubbiosa, come se cercasse a tutti i costi qualcosa che non andasse, nella sua roba o nel piano, e più cercava più si convinceva di non aver fatto abbastanza. Nixon non poteva ignorare quel comportamento. L'aveva vista lavorare molte volte, erano anche diventati piuttosto amici e cominciava a conoscerla oltre all'apparenza.
«Stai cercando un modo per fermare la partenza» sentenziò Nixon come se avesse avuto un'illuminazione, era l'unico modo per spiegare logicamente il suo comportamento.
Helen si bloccò e alzò lo sguardo su di lui.
«No» disse fulminandolo.
Non poteva lasciare che qualcuno insinuasse una cosa del genere, nemmeno Lewis. Tentare di sabotare un piano, in qualunque modo, era paragonabile al tradimento e lei non lo avrebbe mai fatto.
«Helen, cosa non va nel piano?» le domandò pazientemente.
Nessuno poteva mettere in dubbio la fedeltà della donna alla causa, ma qualcosa la preoccupava. Lo notava da come muoveva le mani nervosamente, dallo sguardo che passa sulle cose senza realmente mai fermarsi a osservarle. Aveva il viso stanco di chi ha passato la notte in bianco, con violacee occhiaie che le segnavano l'espressione.
Helen si voltò di nuovo verso lo zaino, evitando lo sguardo inquisitore del collega e cercando di nascondere i dubbi anche a se stessa.
«Devo aver dimenticato qualcosa» disse mentre cominciava a sciogliere le cinghie che lo tenevano chiuso, pronta a riesaminare tutto ancora una volta.
Meglio concentrarsi su quello che sul piano, almeno avrebbe tenuto le sue preoccupazioni per sé senza dover instillare paranoie anche in altri.
Nixon afferrò il bagaglio e lo posò sopra l'armadio dove lei non sarebbe potuta arrivare a riprenderlo.
«Dimmi cosa c'è che non va» le intimò serio puntandole il dito contro.
Helen sbuffò e gli spostò la mano che la indicava, poi si sedette sul letto e guardò Nixon davanti a lei.
Per quanto avesse cercato nell'Operazione Market Garden non c'era nulla che non andasse, per quel motivo aveva sperato che Nixon o qualcuno degli altri ufficiali avessero trovato qualcosa al posto suo. C'era qualcosa che non la convinceva, ma non era in grado di dire cosa. Nessun piano era perfetto, nemmeno quello del D-Day, ma Market Garden non sembrava avere punti di debolezza o limitazioni e questo non era realisticamente possibile.
«Non lo so, Nixon» rispose sincera, agitando nervosamente le mani mentre parlava «È tutto così semplice. Ci lanciamo in Olanda e occupiamo una città dopo l'altra fino all'arrivo dei carri e dell'artiglieria. La resistenza Oranje è pronta ad agire e l'intelligence britannica non si aspetta molta controffensiva dai tedeschi».
A sentirlo spiegato così superficialmente sembrava tutto davvero perfetto e lo era anche nei dettagli.
«Non ti fidi del lavoro fatto da altri, lo capisco» disse Nixon.
Nemmeno lui e i suoi colleghi si erano fidati di Helen all'inizio e sapeva cosa si provava a dover fare eseguire qualcosa senza averlo programmato.
La ragazza si era lamentata già con lui di quanto il suo ruolo alla pianificazione fosse stato pressoché inesistente. Gli inglesi avevano il comando ma gli americani fornivano il supporto sul campo e nella programmazione. Helen aveva fatto poco più che la segretaria durante la sua permeanza a Londra, era stata chiamata solo per una questione di rappresentanza e una sorta di cortesia per ingraziarsi le truppe con cui lei lavorava, famose per i loro ottimi successi.
«Sono abituata a pianificare io per voi, a sapere ogni passaggio che mi ha portato a farvi camminare su una strada piuttosto che su un'altra. È difficile darvi indicazioni sul da farsi senza sapere il perché» rispose sincera sapendo che lui meglio di tutti poteva capirla.
«Domani ci lanciamo e tu sarai con noi» disse Nixon prendendo lo zaino da sopra l'armadio e posandolo accanto a lei.
«Riguarda il piano, ricontrolla e se troverai una sola cosa che non va ti prometto che farò in modo da bloccare tutto. Altrimenti partiremo e se ci saranno problemi in Olanda li risolverai come hai sempre fatto» le disse stringendole leggermente la spalla cercando di essere di conforto.
Lui credeva veramente in quello che diceva, lei era brava nel suo lavoro e aveva una mente straordinaria, capace di osservare le cose da ogni angolazione e risolvere i problemi in modo non scontato. Se solo tutti, lei per prima, se ne fossero accorti avrebbe fatto il suo lavoro molto più facilmente.
Helen annuì anche se non era del tutto convinta, ma si sentiva più leggera dopo aver condiviso il peso dei dubbi che aveva portato da Londra. Sapeva che il collega aveva ragione, ma conosceva se stessa abbastanza bene da essere certa che fino alla fine di Market Garden non sarebbe stata in grado di liberarsi di quello stato di ansia che le toglieva il respiro.

Stand By YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora