26. Renée

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Un giorno di Dicembre 1944. Bastogne, Belgio

Helen si svegliò sdraiata su qualcosa di duro ma più comodo e asciutto della nuda terra sulla quale aveva dormito negli ultimi giorni.
La luce intorno a lei era fioca, come quella delle candele consumate, e l'aria sapeva di polvere e sangue mentre un vociare arrivava alle sue orecchie dall'altra stanza.
Indossava una camicia asciutta, una lunga gonna blu che non era sua e una coperta di lana rattoppata la teneva al caldo.
Non ricordava molto di come fosse arrivata lì. L'avevano scaricata dalla Jeep e sdraiata su una barella di fortuna, l'avevano coperta con una giacca affinché i soldati feriti non vedessero che era una donna. Doveva essersi addormentata stremata dalla febbre e dalla stanchezza, cullata dall'avanzare ondeggiante della barella.
Provò ad alzarsi e riuscì a fare alcuni passi verso la porta prima che un capogiro la costringesse ad appoggiarsi dal tavolo, facendo cadere alcune stoviglie di latta sul pavimento di pietra.
Mentre cercava di rimettersi in piedi la porta si spalancò e Helen istintivamente portò la mano alla cintura dove teneva la pistola, ma lì non c'era nulla.

Una donna avanzò veloce verso di lei e le sorresse, la prese per un braccio sostenendola e la riportò verso il letto. Profumava di sapone e Rum e, nonostante fosse magra, era molto forte.
«Devi riposare ancora e mangiare qualcosa» le disse con tono di rimprovero e pesante accento belga.
Quella donna doveva essere l'infermiera Renée e capì perché Roe faceva così spesso visita all'ospedale di Bastogne. La ragazza doveva avere circa la sua stessa età, un viso appuntito e grandi occhi chiari, era molto bella nonostante anche lei portasse gli inevitabili segni della guerra. Ciocche di capelli biondi le incorniciavano il viso sfuggendo a una bandana dello stesso azzurro della gonna che Helen indossava.
«Roe?» domandò Helen assecondando la donna e rimettendosi sul suo giaciglio di paglia e assi di legno.
L'infermiera le ronzava intorno come una mosca, affaccendandosi a sistemarle il cuscino fatto di lenzuola ripiegate, misurargli la temperatura e porgerle dell'acqua.
«Eugene?» domandò con il suo accento straniero «È tornato in linea, ma è rimasto il più possibile e tornerà a vedere come stai».
Helen sorrise sentendola chiamare il soldato per nome, quasi nessuno usava il nome di battesimo nelle Compagnie e quando lo facevano era per dispetto, ma il tono della donna era particolarmente morbido quando pronunciava quello del Dottore.
«Da quanto tempo sono qui?» domandò Helen rendendosi conto che la luce che credeva delle candele in realtà proveniva delle vetrate colorate intorno a lei.
L'ospedale di Bastogne era stato allestito all'interno della vecchia cattedrale, uno dei pochi edifici a essere ancora in piedi seppur alcune zone fossero troppo pericolanti per essere usate.
La donna era stata sistemata nella sacrestia dove l'infermiera e la sua aiutante, una donna congolese corpulenta e gentile, riposavano nei pochi momenti liberi.
«Sei arrivata ieri sera ed è quasi mezzogiorno» rispose la donna guardando il piccolo orologio che portava al polso, molto simile a quello di Helen.
Finalmente l'infermiera si fermò sedendosi sulla sedia accanto a lei con sguardo serio.
«Sai cos'è successo?» le domandò.
Helen annuì «Credo di avere un'idea» rispose sincera.
Non le era mai accaduto di sentirsi così male a causa del ciclo. Quando era una ragazzina aveva sofferto i dolori del mese come tutte, ma erano anni che non le dolevano più così e soprattutto non si aspettava che potesse succederle lì.
«Hai avuto una forte emorragia che ha causato i dolori e la febbre» la spiegò l'infermiera toccandole il ventre.
In quegli anni di guerra molte donne avevano dovuto affrontare cambiamenti nel loro corpo, la fame e lo stress avevano portato ogni tipo di disagio rendendo la loro vita ancora più complicata di quanto già non fosse. Renée stessa aveva avuto dei disturbi, ma solo in rare altre occasioni aveva visto emorragie forti come quella della donna che le stava accanto.
«Quanto sei rimasta senza?» domandò Renée con delicatezza.
«Mesi, ma non so quanti» rispose Helen.
Aveva parlato con un'infermiera quando a fine estate era tornata a Londra e le era stato spiegato che lo stress e l'alimentazione squilibrata erano la causa del blocco del ciclo. La notizia l'aveva sollevata da un certo punto di vista, aveva una cosa in meno di cui occuparsi e in un luogo dove spesso mancavano igiene e privacy era un vantaggio. Non aveva immaginato di potersi ritrovare circondata dai suoi compagni, distesa sulla neve bianca mentre un'emorragia la dilaniava dall'interno.
«Quando posso tornare in linea?» domandò cercando di non preoccuparsi troppo della situazione.
Il dolore sembrava notevolmente attenuato, in confronto al giorno prima a malapena lo sentiva. Era impaziente di tornare, non voleva essere trattata come un'invalida né che i soldati si preoccupassero eccessivamente per lei, non sarebbe stata la causa di malumore tra le truppe già abbastanza in difficoltà.
L'infermiera la osservò con rimprovero «Un paio di giorni, non prima».
Helen si voltò verso la donna allarmata, sperava in ore non in giorni «Sto bene, credo che me ne andrò adesso».
La donna la bloccò e le impedì di alzarsi sedendosi sul bordo della sua brandina «Forse non ti è chiaro quanto tu abbia rischiato. Per poco non facevamo intervenire il chirurgo».
Non era cosciente quando la sera prima era arrivata con i pantaloni insanguinati, né quando il chirurgo era rimasto sorpreso nel rendersi conto di quale caso doveva trattare. Renée aveva letto negli occhi dell'uomo la più completa incompetenza per quell'operazione e si era fatta carico lei della paziente usando vecchi rimedi campagnoli per alleviare la febbre e ridurre la perdita di sangue senza doverla operare. Lasciarla nelle mani del medico militare sarebbe stato come farla curare da un macellaio.
Helen sapeva cosa voleva dire quando un chirurgo interveniva in certi casi, non l'avrebbero mai più fatta tornare sul campo, l'avrebbero evacuata immediatamente e qualunque possibilità di avere una famiglia in futuro sarebbe morta lì in Belgio.

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