7. Carentan

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12 Giugno 1944. Carentan, Normandia, Francia occupata

L'esercito Alleato era sbarcato in Francia il 6 giugno 1944 e lentamente la stava riconquistando con l'obiettivo di entrare a Parigi. Alcuni sostenevano che avrebbero conquistato Berlino entro Natale, ma era troppo presto per essere così ottimisti.
Carentan era uno degli obbiettivi definiti prima della partenza, senza quella città i diversi gruppi sbarcati non sarebbero riusciti a unirsi e proseguire, ma questo lo avevano capito anche i tedeschi che l'avevano difesa allo stremo, anche se con pochi uomini, e probabilmente avrebbero cercato di riprenderla nei giorni seguenti.
Il nemico si era barricato nelle case diroccate e rimanendo nascosto colpiva chiunque non fosse dietro un riparo improvvisato. Le battaglie nelle città funzionavano così, chi cercava di conquistarle era sempre in svantaggio, ma nonostante questo le Compagnie Easy, Dog e Fox erano riuscite a mettere in fuga il nemico e gli americani finalmente riposavano seduti per le strade della città fantasma dove fino a poco prima avevano combattuto.
Helen era contenta dei risultati ottenuti, sapeva che quell'obiettivo non era facile, eppure non era sicura che fosse tutto finito. Troppi pochi reparti della Wehrmacht erano stati lasciati a difendere la città e aveva paura che da un momento all'altro qualcosa li avrebbe colti di sorpresa.
I suoi superiori e i generali erano contenti, nessuno aveva chiesto quanto era costata quella vittoria ma quella era la guerra, si andava avanti nonostante tutto. Venivano chiamati rischi del mestiere, ma Helen non era sicura di riuscire a sopportate quel peso. In un certo qual senso si sentiva responsabile della morte degli uomini e ancora di più si sentiva in colpa per i feriti e i mutilati.
Finito lo scontro aveva fatto un giro in infermeria dove il dottor Roe della Easy e altri medici cercavano di rattoppare gli uomini, presto sarebbero arrivati i camion per portare via i feriti troppo gravi per tornare operativi e con loro avrebbero preso anche i cadaveri. Le prime navi già tornavano in Inghilterra cariche di bare e soldati a pezzi, per poi tornare indietro con scorte alimentari, armi e reclute. A soli tre giorni dallo sbarco il ricambio di truppe era già più che attivo.

I comandanti si stavano radunando con i loro tenenti in una delle stanze vuote del palazzo accanto a quello adibito a infermeria. Gli edifici erano per la maggior parte diroccati, ma i locali ancora agibili erano stati sistemati frettolosamente per accogliere i feriti, l'intelligence e far riposare gli uomini su sacchi o coperte trovati negli appartamenti abbandonati.
Helen non sarebbe mancata a quella riunione, era una delle poche cose che poteva fare d'altra parte. Il suo ruolo, per quanto fondamentale, era comunque marginale e nel momento dello scontro era sempre relegata lontana dal campo di battaglia. Più che vedere, sentiva quello che succedeva. Anche gli ufficiali di rango più alto erano nelle retrovie e non sembravano esserne scontenti, ma a lei rimanere ad aspettare la faceva sentire più inutile.
«Se ci siamo tutti, iniziamo» disse Nixon accanto a lei, guardando i pochi uomini che si erano radunati nella stanza.
Helen passò lo sguardo sui loro volti stanchi, sporchi, ma motivati e fu contenta di vederli tutti lì davanti, era quasi sollevata persino nel vedere il tenente Speirs nonostante quello che le aveva detto qualche sera prima.
Nixon parlava muovendo le dita sulla mappa posata sul tavolo scheggiato.
«Il Secondo battaglione si deve spostare, vogliono che prendiamo una posizione difensiva sull'altopiano a est. La pianura introno a Carentan è allegata e se i tedeschi rivogliono la città dovranno passare di lì» disse brevemente e nessuno fece domande o commentò, nonostante alcuni visi lasciarono spazio solo per pochi secondi a giudizi sugli ordini.
«Tenete gli occhi aperti» intervenne la ragazza, gli sguardi come sempre si sollevarono su di lei ma a differenza delle prime volte erano meno scettici e ostili.
«I tedeschi hanno lasciato solo una compagnia a difesa della città, è un po' poco per una posizione così importante» disse cercando di non farsi intimidire da tutta l'attenzione.
Era abituata a parlare in pubblico, ma era sempre preoccupata dell'impressione che dava. Doveva mostrarsi calma e misurata, ma la prudenza non era mai troppa e un avviso in più non avrebbe guastato in quell'occasione.
«Crede che sia una trappola?» domandò Speirs con il solito tono freddo, fissandola e sostenendo il suo sguardo.
Non avevano più parlato dalla notte a Sainte Marie du Mont e lui non aveva alcun interesse a farlo, ma Speirs riusciva a giudicare i suoi compagni dalle loro competenze e non dalla simpatia, quella donna era indubbiamente brava nel suo lavoro e lo aveva dimostrato. Non avrebbe messo a rischio la vita dei suoi uomini per un'antipatia personale.
Helen scosse la testa e incrociò le braccia al petto «Non lo so, ma meglio essere prudenti» concluse, rivolgendo lo sguardo a Nixon dal quale si aspettava un sostegno che non tardò ad arrivare.
Il Tenente annuì e dopo aver dato le ultime istruzioni sulle posizioni delle compagnie per lo spostamento, dismise gli uomini prima di rivolgersi a Helen.
«Cosa accade?» le domandò seriamente preoccupato.
Aveva osservato la donna operare, aveva controllato il suo lavoro come gli avevano ordinato e non era mai troppo prudente o troppo avvenata. Se qualcosa la spaventava doveva avere buone ragioni per crede in una minaccia.
Helen osservava la mappa ancora aperta che mostrava la città e le campagne circostanti.
«Qui» disse indicando Carentan segnata con un puntino sulla mappa «Nel bel mezzo di tutto, i tedeschi lasciano così poca sorveglianza? Non sono degli sprovveduti, qualcosa non torna».
Intorno alla città solo campagne e strade si snodavano per molte miglia lasciando pochi rifugi o possibilità di nascondersi a entrambi gli eserciti. Intere compagnie della Wehrmacht non potevano essere sparite nel nulla, né aver lasciato per lungo tempo la città così sguarnita di difesa. Aveva studiato le strategie tedesche per molto tempo e il modo in cui si comportavano non era troppo insolito, solo dovevano prestare attenzione ai dettagli.
Durante la Grande Guerra i tedeschi avevano usato una tattica che avrebbero potuto applicare facilmente anche a quel caso, allontanarsi facendo credere in una ritirata disperata per poi attirare il nemico in un'imboscata, solitamente in un luogo a loro favorevole. Da qualche parte, in quelle pianure erbose, diversi nemici erano nascosti a tramare qualcosa.
Nixon non poteva che essere d'accordo con le considerazioni della donna, anche lui faceva parte dell'intelligence anche se i suoi compiti erano più diplomatici che organizzativi, ma comunque aveva un addestramento che lo portava a non ignorare certi segnali.
«Sono d'accordo, ma avrebbe dovuto parlane prima con me» disse cercando di non essere troppo serio. Aveva passato un po' di tempo con quella donna e anche se le occasioni di chiacchierare non di lavoro erano state poche, capiva benissimo quanto si sentisse responsabile di quella missione e della sua stessa reputazione. Se lei, la prima inviata sul campo, avesse fallito allora sarebbe stato un fallimento per tutte le future donne arruolate nell'esercito americano.
«Helen, non sto dicendo che ha sbagliato, ma la prossima volta discutiamone insieme prima di dirlo gli uomini» disse il Tenente che aveva visto il dubbio sul viso della ragazza.
Altre volte era stata indecisa ma raramente lo lasciava trasparire, lui vedeva come li si sforzava di comportarsi all'altezza del suo compito, ma presto si sarebbe resa conto che per una posizione come la sua ingannare con l'apparenza è più faticoso che utile.

La Compagnia Easy camminava nei campi erbosi che sembravano non avere fine, circondati da siepi verdi incontaminate e alte quanto alberi. La guerra in quel paese aveva fermato tutto. Mentre in America i campi venivano arati più del solito e le fabbriche sforavano giorno e notte armamenti, la Francia sembrava spopolata e tornata alle selvagge regole della natura.
«Perché è sempre la Compagnia Easy a dover andare in avanguardia, o essere schierata in prima linea, o a difendere l'estremità del gruppo?» domandò Frank Perconte ai suoi due vicini di linea mentre camminava sotto la leggera ma fastidiosa pioggerellina che continuava imperterrita a cadere da ore.
«Siamo la quinta delle nove compagnie di questo reggimento. Perché sempre noi?» continuò a lamentarsi il soldato d'origine italiana mentre i suoi compagni, stanchi come lui, sorridevano senza potergli dare una risposta ragionevole.
George Luz avrebbe voluto rispondergli, magari con una divertente imitazione della voce di uno dei loro superiori come faceva fin dal campo di addestramento in Georgia, ma non gli veniva in mente nulla. Era stanco di camminare, stanco di non sapere quanto mancava all'arrivo e stanco di dover portare, oltre che la sua roba, anche la radio sulle spalle.
Donald Hoobler stava invece per rispondere dicendo la prima cosa che gli passava per la testa, ma venne distratto da un rumore che per tutti loro era diventato fin troppo famigliare.
Rapidi e rumorosi i colpi di una mitraglia venivano sparati da un punto indefinito proprio di fronte a loro. Gli uomini si gettarono a terra trovando un improvvisato quanto inefficace riparo tra l'erba alta. Accovacciati o strisciando nel fango si gettarono nei canali ai bordi del campo e tra i cespugli, seguendo le indicazioni urlate dai tenenti mentre cercavano si schivare le pallottole.
L'ordine successivo fu quello di sparare, rispondere al fuoco cercando di colpire il nemico trincerato dietro un rialzamento di terra dall'altro lato del campo. Non erano distanti, potevano vedere ogni spostamento, ogni sagoma era ben definita e solo i tratti del viso erano nascosti. Sembrava di combattere contro degli spettri senza volto.
Il tenente Harry Welsh cercò e trovò Luz con la radio, doveva comunicare al più presto con le altre compagnie e capire come muoversi, almeno finché Winters non si fosse fatto vivo.
Il frastuono dei colpi sparati rendeva faticoso comunicare con il centro operativo che era rimasta in città, ma da Carentan potevano immaginare cosa stesse succedendo perché riuscivano a sentire il frastuono delle armi da fuoco.

Helen non dovette insistere molto con il maggiore Strayer per convincerlo a farla andare con loro. Dietro un tono rigido e un vano tentativo di non trasgredire le regole, quell'uomo era abbastanza facile da raggirare e non incuteva nemmeno molto timore con la sua faccetta tonda e paffuta dove occhi troppo vicini si muovevano nervosi.
Il Maggiore con alcuni uomini, Nixon e Helen si mossero veloci a bordo di diverse camionette aggirando le paludi e avvicinandosi quanto bastava alla linea di trincea improvvisata.
Dalla cima della collinetta dove i soldati piantavano le loro tende, Helen faticava a vedere sia le linee tedesche che le loro, non sarebbe stato facile aiutare senza sapere realmente cosa stesse accadendo sul campo di battaglia.
La pioggia di proiettili era interrotta da alcuni momenti di silenzio la cui durata sembrava allungarsi più passava il tempo. Nessuna delle due parti voleva sprecare munizioni in un tiro al bersaglio che non avrebbe portato alla vittoria di nessuno.
«Vorrei andare a parlare con gli uomini» disse Helen al Maggiore che accanto a lei osservava l'orizzonte con un binocolo.
Era un disperato tentativo, ma chiedere non costava nulla.
«Non se ne parla» rispose lui senza abbassare lo sguardo «Ci sono delle regole, il Comando non sta in prima linea e lei in questo momento è nel Comando. Quindi resterà qui» disse anticipando le altre domande che la donna stava per fargli.
«Allora userò la radio» gli comunicò lei.
Era una semplice cortesia, un contentino dato all'uomo per non farlo eccessivamente preoccupare di quello che realmente faceva. Helen aveva imparato in fretta, e ancora prima di essere un'agente, che spesso essere accondiscendente portava a più risultai che essere scontrosa.
«Accordato» rispose l'uomo indicandole la tenda delle trasmissioni e allontanandosi dall'altro lato della collina, contento di aver avuto l'ultima parola.

Helen, borbottando tra una comunicazione e l'altra, passò ore a cercare di capire la situazione e trovare soluzioni, ma a ogni collegamento i numeri cambiavano, le posizioni cambiavano e nessuno sapeva mai dirle nulla di preciso. Non poteva aiutare se le informazioni che aveva non erano esatte. Avevano solo una possibilità per far uscire quegli uomini dalle siepi e nessuno dell'intelligence fino a quel momento aveva avuto un'idea vagamente sensata.

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Helen sta tramando qualcosa, ma cosa?
Quante possibilità ci sono che la battaglia finisca con una vittoria?
Lasciate una stellina e un commento!
Al prossimo capitolo!
Alex

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