43. Berchtesgaden

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3 maggio 1945, Berchtesgaden, Baviera, Germania.

I francesi sembravano avere parecchi problemi a superare il blocco che i tedeschi avevano posto intorno a Berchtesgaden mentre i soldati americani che li guardavano tentare e ritentare senza successo si chiedevano come fossero riusciti a entrare a Parigi l'anno precedente.
Tutti erano troppo impazienti per aspettare l'arrivo dei genieri e avevano i loro buoni motivi per voler essere i primi a mettere piede in quella città. Il cumulo di case che Hitler e i suoi seguaci consideravano il loro quartier generale rappresentava tutto ciò che avevano combattuto fino a quel momento. Berchtesgaden non era particolarmente ricca o bella, le montagne che la circondavano erano forse la cosa più intrigante di quel posto, ma il Führer aveva un legame affettivo con quella terra e ora che era morto tutti volevano appropriarsene.
Il colonnello Sink non avrebbe lasciato facilmente la soddisfazione ai francesi a discapito della sua, i russi erano entrati per primi a Berlino, il generale Leclerc si era preso Parigi e lui avrebbe lasciato il vecchio continente con la sua bandiera sul Nido dell'Aquila.
«Winters, mandi la Easy ad aggirare il blocco» ordinò sorridendo il burbero Colonnello baffuto «Che si fottano i francesi».

Helen era entusiasta di arrivare finalmente Germania dove ogni segreto di Hitler era nascosto. Avrebbe scrutato in ogni libreria, studio e ufficio, cercato dietro ogni scaffale e setacciato ogni pagina di agenda pur di trovare qualcosa di davvero interessante che magari l'avrebbe aiutata a capire tutte le cose che le erano sfuggite in passato. Si poteva criticare molto ai nazisti ma bisognava riconoscere loro la grande abilità nel tenere i segreti nascosti nei posti e nelle menti giuste.
Eppure tutta quella conoscenza non era l'unica cosa aveva reso Helen impaziente di arrivare in prima linea. Cercava di rimanere il più indifferente possibile al Tenente che le stava davanti e si domandava quanto ancora lui sarebbe riuscito a fingere di non averla vista scendere dall'auto che scortava il colonnello Sink.

«L'agente Backet viene con noi?» domandò Nixon mentre saliva sulla jeep che avrebbe preceduto i camion della Compagnia Easy.
Helen inspirò profondamente fingendo di non essere infastidita dall'uomo deciso a pungolarla in eterno. Si erano rivisti da appena cinque minuti e il suo tono già lasciava trasparire che quel viaggio sarebbe stato un bombardamento di domande e supposizioni che non le avrebbero lasciato scampo. Se solo avesse potuto rifiutare.
«Volentieri, Tenente» rispose con tono pacato e un finto sorriso sulle labbra mentre prendeva posto sull'auto.
«È un piacere riaverti con noi» le disse Nixon sfoggiando un sorriso malizioso e spostando gli occhi tra lei e il tenente Speirs che ripeteva gli ultimi ordini alla Easy.
Helen incrociò le braccia al petto mentre si appoggiava allo schienale tenendo lo sguardo fisso sull'amico seduto vicino a lei «Vorrei poter dire la stessa cosa».

Il Secondo battaglione fu la prima unità a entrare a Berchtesgaden dopo che la Easy ebbe trovato modo di aggirare il blocco. La città era pressoché deserta, nessuno voleva farsi trovare nel cuore dell'impero nazista perché sarebbe stato impossibile negare di essere uno di loro.
Le case erano abbandonate ma in buone condizioni, i cortili curati e le strade pulite. Solo la grande villa di Hitler era stata bombardata fino a essere quasi completamente rasa al suolo, ma nonostante tutto le bandiere rosse con le nere svastiche sventolano ancora da ogni balcone.

Gli americani trovarono facilmente un luogo adatto a stabilire il centro di comando, una bella villetta a schiera in cui alloggiare il Colonnello e un albergo abbastanza grande da ospitare i soldati semplici e sergenti mentre gli ufficiali si erano divisi le case dopo aver fatto razzia di ogni cosa di valore che vi era rimasta dentro.

Helen aprì la finestra della cucina che dava sul vialetto d'ingresso per far uscire l'odore di polvere e stantio che aleggiava nella casa. Aveva già buttato nella pattumiera tutto il cibo rimasto in dispensa ma l'odore sembrava non volersene andare.
Si guardò intorno esplorando il soggiorno particolarmente ordinato, le foto erano ancora sulle credenze, le tende erano aperte e le bottiglie di liquori piene circondate da piccoli bicchieri di cristallo luccicanti. Sembrava una casa dove qualcuno sarebbe tornato una volta arrivata la sera. Helen non aveva mai vissuto da sola e tutto quel vuoto e silenzio erano destabilizzanti. Faticava a trovare piacevoli gli spazi così ampi e solitari, soprattutto dopo che si era abituata a vivere in accampamenti dove ogni cosa era vicina e dove stare soli era impossibile.

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