20. Operazione Pegaso

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20 ottobre 1944. Schoonderlogt, Olanda

Lewis Nixon dormiva nella sua baracca. Il letto non era altro che un rialzo di legno incassato nel muro coperto da un sottile materasso, ma era comunque più comodo e asciutto di una branda in una tenda.
«Alzati Lewis» esclamò Richard entrando nella casetta di legno composta da una sola piccola stanza.
Il sole era già alto e la luce entrava dall'unica finestra, ma Nixon non sembrava accorgersene nonostante i raggi lo colpissero direttamente in viso.
Helen aprì il vetro, l'odore in quella cabina era veramente pesante e non avrebbe fatto male un po' di aria fresca, e forse anche una pulita sarebbe stata utile. I fogli di Lewis erano accatastati sulla scrivania, la sedia era coperta dsi vestiti tolti la sera prima e nient'altro aveva una vaga parvenza d'ordine.
Nonostante i molteplici richiami di Winters, Nixon non accennava ad alzarsi e bofonchiava qualcosa di molto poco cortese, ma di prima mattina non potevano aspettarsi nulla di meglio da lui.
Helen aveva fretta, erano già in ritardo quando gli era arrivata la convocazione, non le servivano i capricci del suo amico per peggiorarle la giornata.
Si voltò e notò una caraffa di ceramica bianca posata su un ripiano vicino al letto, l'afferrò e dal peso capì che era piena, proprio come lei sperava.
La passò a Winters senza dire nulla, sapeva che avrebbe capito, e lui fece esattamente quello che la donna si aspettava. Vuotò con un solo rapido movimento la brocca addosso all'amico trattenendo a stento un sorriso.
Nixon si alzò di scatto. La sua espressione era indecifrabile, un po' sorpresa un po' furente e un po' schifata, ma almeno era sveglio.
«Quello era il mio piscio!» esclamò rabbioso tirando il cuscino bagnato contro Dick.
Winters, dopo averlo schivato, si voltò con aria di rimprovero verso la donna che gli aveva passato la caraffa.
Helen strinse le spalle con finta aria innocente «Siamo in ritardo» usò come scusa.

L'accampamento era il più ampio che avessero mai abitato, quasi un'intera cittadina era stata liberata e requisita. Le strade che entravano in paese erano state chiuse a eccezione di quelle principali abbastanza grandi per far passare i mezzi corazzati, chiunque entrava e usciva era controllato ai posti di blocco lungo la strada e intorno al palazzo dove il colonnello Robert Sink aveva stabilito il suo quartier generale.
Aveva richiesto personalmente la presenza di Nixon, Winters e Backet, aveva sentito molto parlare di loro e di come il lavoro fatto insieme avesse quasi sempre non solo raggiunto gli obbiettivi stabiliti, ma anche superati con il completo appoggio dei loro uomini.
I tre sottoposti entrarono nel piccolo studio rendendolo ancora più stretto e affollato, oltre al Colonnello erano presenti il maggiore Strayer e un ufficiale inglese.
Sink non lasciò molto tempo agli uomini per i convenevoli, era un uomo risoluto e con poca attenzione per le smancerie. Nonostante l'età avanzata indossava la divisa con l'orgoglio del primo giorno e come diceva sua moglie, non sarebbero riusciti a togliergliela nemmeno per seppellirlo, così come nessuno lo avrebbe privato dei suoi distintivi e curati baffi bianchi.
«Winters» disse richiamando l'attenzione del Capitano che lo raggiunse in un angolo dell'ufficio accanto alla finestra, mentre gli altri facevano finta di non ascoltare nonostante la minima distanza.
«Che gliene pare di occuparsi del Battaglione?» domandò anche se il parere del soldato non era realmente richiesto e non rispose anche se non riuscì a celare un po' di sorpresa «La nomino ufficiale esecutivo del Secondo battaglione, Strayer ha bisogno di aiuto».
Winters non poté che accettare, ma quella promozione non era esattamente la cosa a cui ambiva. Era preoccupato per la Easy, non voleva lasciare i suoi ragazzi né tantomeno stare dietro a scartoffie quando la guerra si combatteva sul campo. Sperava, magari in un momento più tranquillo, di poter meglio definire il suo ruolo sia con il Maggiore che con il Colonnello.
Helen e Nixon si guardarono soddisfatti, la ragazza sapeva già della promozione e Lewis aveva immaginato che fosse in arrivo un cambiamento per l'amico fin troppo modesto, soprattutto vista l'incredibile riuscita delle missioni precedenti.
«Chi si occuperà della Easy?» domandò Winters al Colonnello dopo aver accettato con una calorosa stratta di mano.
Sink aveva già pensato a tutto, conosceva quell'uomo e non gli avrebbe mai proposto di lasciare il suo posto senza avere un valido sostituto. Tutti sapevano che a Winters non interessava la carriera militare, almeno non quanto le vite dei suoi uomini.
«Moose Heyliger sarebbe disposto a tornare nella Easy e a comandarla» rispose risoluto.
Winters ancora una volta annuì soddisfatto di quella scelta. Conosceva Frederick Heyliger, chiamato Moose senza che nessuno ne sapesse il motivo, da quando avevano cominciato ad addestrarsi con la Easy in America ed erano rimasti amici anche dopo che era stato trasferito al quartier generale del Secondo battaglione. Gli uomini già lo conoscevano e sarebbero stati anche loro felici della scelta.
Sink mandò a chiamare il nuovo Capitano della Compagnia Easy che ci mise poco ad arrivare visto che lavorava in uno degli uffici accanto. Moose venne promosso mentre camminava lungo un corridoio, senza cerimonie ne convenevoli, come si faceva in guerra, e nessuna cerimonia era stata preparata per lui ma solo i complimenti dei suoi colleghi.

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