21. Una Meritata Pausa

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24 Ottobre 1944. Lower Rhine, Olanda.

Il colonnello Dobie si mise in piedi sulla panca di legno e tenendo ben alzata una birra richiamò l'attenzione di tutti gli uomini nella stanza.
«Il tenente comandante Heyliger, l'agente Backet e il Secondo battaglione ci hanno reso un grande servizio permettendoci di tornare a combattere il nemico» disse rivolto ai soldati davanti a lui, ma soffermandosi sulla donna seduta sul tavolo accanto a lui.
«Alla Compagnia Easy!» e forte boato si levò dagli uomini che riempivano l'intera sala.

L'operazione Pegaso era stata un successo, gli inglesi si erano fatti trovare pronti e organizzati quando la compagnia Easy era attraccata sulla sponda del Reno e i tre viaggi in barca calcolati furono sufficienti a trasportare tutti al sicuro. Nessun colpo venne sparato quella notte.
Helen era soddisfatta del lavoro che avevano fatto, non che la pianificazione fosse stata particolarmente difficile, ma non sempre le cose apparentemente facili lo erano davvero e, dopo il fallimento di Market Garden, non giudicava nulla semplice o fortunato fino a quando non era definitivamente concluso.
I soldati inglesi erano stati accolti dal Secondo battaglione quasi al completo, il maggiore Strayer aveva avuto l'ordine di schierare buona parte degli uomini lungo il fiume pronti a intervenire in caso di necessità. Ma gli unici utili quella notte furono i medici e gli infermieri che soccorsero i feriti mentre i cuochi del campo, nonostante l'ora tarda, preparavano il meglio che riuscivano per dare forze e nutrimento ai nuovi arrivati.
Nonostante in molti avrebbero voluto, quella notte non festeggiò nessuno, complice la stanchezza e la necessità di tenere controllato il perimetro in vista di una possibile ritorsione della Wermacht che non arrivò mai.
Due sere dopo i soldati inglesi avevano recuperato a dovere le forze, la compagnia Easy aveva smontato tutti i turni di guardia e poterono finalmente godersi i tanto agognati festeggiamenti.

Helen sorrise al Colonnello alzando il bicchiere pieno di una spumosa birra bionda verso di lui in segno di ringraziamento. Nonostante il loro impegno professionale fosse concluso, il Colonnello aveva cercato di avvicinarsi alla donna in più di un'occasione e lei non era mai stata troppo dispiaciuta.
Helen sapeva benissimo che cosa volesse significare un interesse di quel tipo, era ben consapevole del contesto in cui si trovava e non era certamente il tipo di ragazza che si faceva illusioni dopo un paio di complimenti. Suo padre era un forte sostenitore della teoria secondo la quale si può essere capaci solo se si ha conoscenza e si può decidere solo dopo aver compreso, e aveva cresciuto le figlie con questa filosofia. Ben poco era stata tenuto nascosto alle due ragazze e, quando era arrivato il momento, Robert stesso aveva insisto con la moglie riluttante affinché lei si occupasse di istruirle riguardo a determinati comportamenti che gli uomini hanno nei confronti delle giovani donne. Solo sapendo a cosa andavano in contro avrebbero potuto evitare non solo guai, ma anche spiacevoli compagnie e sorprese. Helen e Luisa erano cresciute indipendenti e consapevoli, forse addirittura un po' troppo per i tempi in cui vivevano e nessuna delle due era mai stata presa alla sprovvista dagli atteggiamenti impudenti di un uomo, a meno che non lo volessero loro stesse.

Moose Heyliger non era entusiasta di dover lasciare la serata ma Winters aveva chiesto di parlare con lui e non poteva rifiutarsi, era sicuro che avrebbe avuto molte altre occasioni per festeggiare.
Il neo Capitano guardò l'orologio al polso, mancavano pochi minuti all'ora prestabilita e si avvicinò a Dobie e Helen che parlavano tra loro incuranti del caos che li circondava.
«Non vorrei interrompervi» disse inserendosi nel discorso senza troppi convenevoli, poi si rivolse solo alla donna «Winters ha chiesto di vedermi, dai tu un occhiata ai ragazzi?» le domandò ironico indicando la folla gioiosa alle sue spalle.
Helen annuì sorridendogli. Sapeva che Winters non avrebbe risparmiato una paternale al nuovo capitano di quella che lui reputava ancora la sua Compagnia.
«Mi serviranno mille occhi per fare solo metà del lavoro» gli rispose proprio mentre un boato si alzava intorno al bersaglio appena centrato da uno degli inglesi che aveva decretato l'ennesima sconfitta di Luz. Da quando il suo compagno di squadra Buck Compton era all'ospedale, il radiofonista non aveva più vinto una partita.
Moose sorrise finendo l'ultimo sorso di birra e posando il boccale di vetro accanto alla ragazza.
«Sono più che sicuro che il Colonnello ti darà volentieri una mano» disse senza farsi sentire dall'inglese.
Helen non rispose nulla ma accennò un lieve sorriso spostando involontariamente lo sguardo su Dobie che continuava a osservarla pochi passi più indietro.
Helen non solo si era dimostrata intelligente e una fondamentale risorsa, ma era anche una donna bellissima. Sembrava non rendersi conto che, nonostante fossero in guerra, il suo aspetto femminile e autoritario non poteva essere ignorato da chi la circondava. Forse credeva di uniformarsi agli altri solo perché indossava una divisa militare, ma le sue forme spiccavano comunque sotto il tessuto sgualcito e i suoi capelli ondeggiavano armoniosi fuori dall'elmetto. Il suo viso, nonostante non fosse truccato e portasse i segni di stanchezza e stress, non avrebbe potuto essere più armonioso con gli affascinanti tratti spigolosi attenutati dal caldo sguardo marrone dei suoi grandi occhi.
Dopo un'occhiata al Colonnello inglese, che lasciava a intendere molti ammonimenti, Moose si decise a lasciare la festa per tornare ai suoi reali doveri.
Dobie non sembrò interessarsi troppo di quello sguardo, era da un po' di tempo che sentiva su di sé il peso delle occhiate degli uomini del Secondo battaglione e in particolare della Easy. Era sicuro che tra i molti che volevano solo controllarlo, come si fa con lo spasimante di una sorella o di una cara amica, si celassero anche occhi invidiosi e gelosi.

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