42. Un segreto per due

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1° Maggio 1945, Landsberg am Lech, Baviera, Germania.

La stanza era sottosopra, erano bastati un paio di bagagli in più e le scartoffie di Aurora per riempire il poco spazio rimasto.
Helen fumava vicino alla finestra aperta, seduta sulla sedia di paglia che aveva sostituito la troppo ingombrante poltrona, e osservava la scena caotica davanti a lei.
Aurora stava controllando che tutta la sua roba fosse stata spostata mentre uno dei suoi uomini, un ragazzo alto con i capelli scuri e l'espressione timida, sembrava cercare ogni scusa per rendersi utile.
Quando la bionda lo congedò non sembrò troppo contento, ma non ebbe il coraggio di ribattere mentre chiudeva la porta alle sue spalle e salutava con appena un filo di voce.

«Sei sicura che ti vada bene questa soluzione?» domandò Aurora sedendosi sul letto.
«Ma certo. Il letto è abbastanza grande per entrambe e c'è posto anche per un'altra scrivania. Dovremmo solo cercare di non ingrassare» rispose Helen osservando come ogni cosa nella stanza era posizionata al millimetro.
«Sto scherzando» aggiunse quando vide l'espressione preoccupata dall'amica «Non ti lascerò dormire nella mensa. Se possiamo far stare cinque uomini in una stanza come questa, noi possiamo starci in due. Di necessità virtù» concluse lanciando la sigaretta spenta fuori dalla finestra.
«Grazie» disse la bionda sorridendo.

Dopo la scoperta del campo di lavoro nazista il numero di truppe nella zona era stato aumentato. Si temeva che i tedeschi fossero ancora vicini e che potessero tornare indietro per concludere il lavoro o almeno eliminare le tracce. Il campo medico era stato allestito tra il bosco e il centro di prigionia, ma era ancora troppo freddo e le truppe tornava in paese per la notte, escluso chi aveva il turno di guardia.
La città non era mai stata così popolosa e in ogni stanza disponibile erano stati stipati soldati, ufficiali, medici e infermiere. Anche gli uomini di Aurora erano rimasti per aiutare a coordinare le operazioni ed Helen era contenta di avere finalmente un'alleata e un'amica accanto. Erano passai mesi dall'ultima volta che aveva avuto la possibilità di passare del tempo con una donna, Renèe era stata l'ultima a trattarla come una persona e non come un sacco ambulante pieno di informazioni e non avrebbe mai avuto la possibilità di rivederla.

«Questo è per festeggiare il tuo trasloco» disse Helen tirando fuori da sotto il letto la bottiglia che Nixon le aveva lasciato nel bagaglio un paio di sere prima.
Aurora guardò il whisky dubbiosa, sapeva che Helen non avrebbe accettato un rifiuto, ma non era del tutto convinta che fosse una buona idea riversare le loro preoccupazioni nell'alcool. Aveva notato quanto l'amica fosse propensa a bere qualche goccetto di consolazione, forse troppo propensa, ma come poteva biasimarla dopo quello che sapeva aver affrontato. Le cose che aveva visto lei non erano certo più leggere, ma non era mai stata così a contatto con la distruzione come Helen e fortunatamente solo uno dei membri della sua squadra era venuto a mancare, l'amica invece aveva detto addio a decine di compagni e si sentiva responsabile per quelle morti. Aurora provava quasi compassione per lei, ma sapeva che non sarebbe servita a nulla, poteva solo sperare che dandole la possibilità di sfogarsi cominciasse a stare meglio senza bisogno di vedere il fondo della bottiglia.
«Il regalo di un amico?» domandò Aurora maliziosa mentre metteva da parte le preoccupazioni e beveva un sorso dalla bottiglia già aperta.
Helen alzò le spalle «Si può dire così» rispose stando al gioco «Te la lascio se hai qualcuno con cui condividerla».
Entrambe sapevano a che gioco stavano giocando, era state addestrate nello stesso posto e per quanto le loro carriere e i loro caratteri fossero differenti le basi di una buona raccolta informazioni erano sempre le stesse: trovare un modo per far parlare l'altro senza che si sentisse interrogato.
«Oh no, grazie. Sarebbe scortese portarla aperta» disse la bionda scherzando «Spero tu non abbia bevuto sola quello che manca, sarebbe esagerato persino per te».
Helen guardò il vetro trasparente, la bottiglia era appena a metà e l'aveva aperta tre sere prima, un po' eccessivo per chiunque soprattutto senza mostrare postumi.
«È un interrogatorio?» domandò scettica mentre beveva ancora.
Non le andava di parlare di sé, voleva solo passare del tempo con una vecchia amica senza dover per forza essere analizzata.

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