24. Bastogne

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Un giorno di Dicembre 1944. Foresta delle Ardenne, Bastogne, Belgio

Helen si voltò velocemente sollevando il fucile e puntandolo verso il fruscio accanto a lei. Roe era scivolato dentro la buca portandosi dietro un po' di neve e terriccio umido, risvegliandola dal suo flusso di pensieri e cogliendola di sorpresa.
«Sono io» disse l'uomo pacato.
Ogni rumore in quella foresta desolata poteva essere qualunque cosa ed essere prudenti spesso equivaleva a salvarsi la vita. Erano tutti abituati a vedersi armi da fuoco puntate addosso, anche quelle amiche.
«Cosa mi sono perso?».
Helen aveva già abbassato il fucile e infilato le mani coperte dai guanti bucati dentro le maniche del cappotto dove stavano leggermente più calde.
«I rifornimenti non arrivano, c'è una pattuglia in ricognizione e fa sempre più freddo ogni dannato giorno» rispose mentre lievi nuvole di fiato si spargevano nell'aria gelida.
«Quelli di chi sono?» domandò lei indicando il paio di stivali, usati e consumati, che il Dottore teneva in mano.
«Di qualcuno a cui non servono più» disse il soldato «Li porterò a Joe Toy, i suoi sono saltati in aria e gli sta venendo il piede da trincea».

Erano bloccati in quel bosco da molto tempo e la situazione era stazionaria. Non avevano niente da fare se non rimanere rannicchiati nelle loro buche con coperte umide e abiti troppo leggeri, senza cibo caldo, senza un vero riparo e con le munizioni che scarseggiavano ogni giorno di più.
La costruzione della trincea andava a rilento, erano accerchiati dalle SS e le altre truppe americane si ritiravano sotto i colpi dell'artiglieria tedesca. Da diversi giorni la foresta era celata da una nebbia che nascondeva tutto, non che ci fosse molto da vedere oltre ad alberi spogli e un tappeto di neve freddo e inospitale.
Helen non aveva quasi nulla da fare, le linee erano così vicine che si potevano sentire le urla dei feriti dopo gli scontri, ma il bosco oscurava qualunque cosa alla vista. La neve aveva bloccato molte strade e nemmeno all'ospedale di Bastogne, dove Roe si recava cercando ogni tipo di rifornimento, era rimasto molto.
«Hai delle forbici?» le chiese il Dottore battendo i denti per il freddo, la breve corsa verso la buca lo aveva scaldato ma non abbastanza.
«Certo Eugene, ho una scorta di cancellaria nello zaino» rispose lei sarcastica «Vuoi anche la colla per fare decoupage?».
Il soldato la fissò per un secondo restando serio, poi non riuscì a trattenere un sorriso.
«Nel kit medico, guarda se hai delle forbici lì. Io ho perso le mie» disse indicandole lo zaino verde incrostato con acqua e fango.
Helen fece come le era stato detto, aprì il kit quasi intatto ed estrasse le piccole forbici di ferro, nemmeno si ricordava di averne un paio.
«Non perdere anche queste» lo ammonì mentre gliele porgeva «A che ti servono?».
Roe le mise nella sua sacca chiudendo la patta con la scolorita croce rossa sopra.
«A fare decoupage» rispose cercando di non ridere.
Helen gli diede una leggera spinta su una spalla prima di rinfilarsi le mani dentro le maniche della giacca troppo leggera per quella stagione.
Rimasero zitti nella buca, fredda e abbastanza profonda da starci seduti senza sbucare dal terreno, ad aspettare qualcosa che non ci mise molto ad arrivare.

Il silenzio spettrale venne interrotto da un grido, parole molto famigliari da entrambi.
«Il medico» urlava un soldato che tornava correndo dalla ricognizione.
Sembrava sbucato dal nulla e si avvicinava al campo continuando a chiamare il dottore con tono sempre più impaziente.
Roe si alzò infilando l'elmetto, prese la borsa di tela con quei pochi medicamenti che gli erano rimasti e uscì dalla buca. Seguì il soldato per diversi metri mentre un uomo veniva trascinato verso di loro da due compagni. La ferita era poco profonda, un colpo di fucile alla spalla, ma il proiettile era ancora dentro e questo avrebbe potuto provocare lesioni e infezioni.
«Vai a chiamare una jeep» disse Helen a un soldato dopo aver raggiunto il gruppo insieme a Nixon.
La scena che si trovava davanti non aveva nulla di diverso delle molte altre che aveva visto, stava diventando insensibile a tutto, ormai si preoccupava solo del freddo che sentiva continuamente e quello che le avrebbe dovuto far accapponare la pelle a stento muoveva i suoi sentimenti.
Si sentiva sempre meno umana, sempre più distante. Credeva che sarebbe arrivato il giorno in cui svegliandosi non avrebbe provato più nulla e non era sicura che fosse una cosa negativa.
Il dottore, intanto, si adoperava a bendare la ferita usando i brandelli di vecchie lenzuola che gli avevano dato all'ospedale da campo e appena arrivò l'auto salì con il soldato diretto a Bastogne dove uno dei pochi chirurghi militari rimasti avrebbe estratto il proiettile.
Nixon si avvicinò al sergente Martin che aveva guidato il gruppo della ricognizione. Era un uomo serio ma affabile, uno dei più vecchi del suo gruppo se così si poteva definire un trentenne. Aveva guidato pattuglie e in molte occasioni, era un comandante capace e intuitivo che sapeva come farsi ascoltare e improvvisare se era necessario, ma l'essere sempre lui a portare gli uomini fuori dalle sicure buche cominciava a pesargli.
«Era un gruppo o la linea?» domandò mentre gli uomini continuavano a tenere il fucile puntato verso il muro di nebbia aspettandosi che i tedeschi li avrebbero inseguiti.
«La linea» rispose il Sergente risoluto continuando a scrutare il vicinissimo orizzonte.
«Maledizione» imprecò Helen.
Erano troppi pochi, non avevano abbastanza uomini per coprire tutta la loro trincea e la nebbia impediva di controllare le estremità delle posizioni. Accadeva troppo spesso che i confini dei due schieramenti si confondessero e le pattuglie cadevano in imboscate o si trovavano sperdute dietro le trincee tedesche.
Non avevano un piano, una mappa affidabile o informazioni utili. Tutto quello che avrebbe potuto aiutarli era inesistente in quel posto e cominciava a chiedersi se valesse davvero la pena stare lì ad aspettare che qualcosa cambiasse. Mai come allora era impaziente che qualcosa accadesse, disposta a giocarsi tutto per tirare se stessa e quelli che riusciva fuori di lì, ma la foresta li aveva fatti prigionieri in una gabbia di tronchi talmente alti da non vederne la cima e che non aveva alcuna intenzione di lasciarli liberi.
«Ritiriamoci» sentenziò Nixon.
Non potevano ingaggiare uno scontro e rischiare altri morti, feriti e sprecare munizioni. Sarebbero tornati nelle loro buche come conigli aspettando che dal comando arrivassero ordini inutili come quello di programmare altre ricognizioni.
Babe Efron si voltò verso il Capitano lasciando scoperta la sua postazione.
«Dobbiamo tornare a prendere Julian» gridò con paura nella voce «È ancora vivo» aggiunse sperando che fosse una motivazione sufficiente.
«Ormai è morto» disse il sergente Martin con tono serio ma compassionevole mentre posava la mano sulla spalla del giovane e lo spingeva lontano dall'improvvisata linea difensiva «Ritiriamoci».
Babe rimase fermo alcuni istanti guardando la nebbia davanti a lui, le parole del Sergente le aveva sentite ma il richiamo del soldato che gli sembrava di udire oltre la nebbia era più forte.
Il suo amico era a terra laggiù da qualche parte, quando lo avevano lasciato steso sulla gelida neve ancora si muoveva agonizzando. Julian si teneva con una mano il collo dove un proiettile aveva squarciato la pelle e l'altra era protesa verso Babe. Le sue dita sporche di sangue si agitavano pronte per essere afferrate, ma quella stretta salvatrice non arrivò mai. Le mitragliatrici tedesche avevano fatto fuoco su di loro e non erano riusciti a raggiungere l'uomo morente.
Helen afferrò il colletto della giacca del soldato tirandolo indietro, Efron si voltò verso di lei mentre il suono dei fucili delle sentinelle tedesche si faceva sempre più vicino.
«Muovi Efron» gli urlo la donna dandogli un'altra spinta in direzione della loro trincea lontana ancora molti metri.
Il soldato si mise a correre come gli era stato ordinato seguendo i suoi compagni e con Helen accanto che lo sorvegliava con sguardo attento.
Non era il momento per essere pensierosi, se fosse rimasto dov'era sarebbe morto anche lui e Helen non aveva tempo per discorsi consolatori e abbracci. Dovevano andarsene via da lì prima che fosse troppo tardi, il tempo non gli sarebbe sicuramente mancato una volta raggiunta la trincea.

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