3. D-Day

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6 giugno 1944. Normandia, Francia occupata

Il vento rimbomba.
Spari e sirene.
Luce rossa.
«In piedi».
«Agganciati».
Luce verde.
«Fuori».
Silenzio.
Un lungo e interminabile istante di silenzio, poi le orecchie fischiarono per lo sbalzo di pressione e il corpo cadde frenato solo dalla seta del paracadute. Fuoco e lampi solcavano il cielo come fosse il 4 luglio. La terra si avvicinava sempre di più fino a poterne distinguere i dettagli, gli alberi, le siepi, l'erba e il fango. L'impatto col suolo non fu delicato, ma il solo fatto di sentirlo era rassicurante.
In pochi istanti era di nuovo in piedi, slegò il paracadute e il giubbotto salvagente, caricò il fucile ma senza montare la baionetta, agganciata in cintura e pronta a essere usata anche come pugnale se necessario. Radunò la roba che si era tolta, la gettò in una siepe cercando di nasconderla al meglio e si infilò anche lei tra i rovi, aveva bisogno di un solo breve istante per riprendere fiato.
Era a terra, in Francia, ma non sapeva più di quello. Il lancio era stato un disastro, la contraerea e le nubi avevano fatto deviare i piloti verso chissà dove e probabilmente nessuno era atterrato dove doveva. Sfilò l'elmetto e raccolse ancora una volta i capelli mori una coda chiusa da un laccio, aveva abbastanza problemi e non le sarebbe servito anche l'impedimento di ciocche davanti agli occhi.
Pensò a cosa fare in quel momento, quale sarebbe dovuta essere la sua mossa successiva e si rese conto che tutto quello che aveva pianificato era stato spazzato via, come scartoffie lasciate in balia del vento.
Trattenne le lacrime, trattenne tutto dentro di sé, la frustrazione e la paura sembravano rimbombarle nelle orecchie e farsi spazio fino a risuonare nella testa, confondendole le idee e i pensieri. Era sola, persa in una terra straniera e nemica e per la prima volta sentì vividamente la paura di morire, o peggio di essere catturata.
Un sibilo assordante che si avvicinava facendo tremare l'aria attirò la sua attenzione. Si sforzò di aprire gli occhi e osservò tra le fronde il grosso aereo americano schiantarsi al suolo a poche decine di metri da lei. Avrebbe dovuto fare qualcosa, almeno cercare dei sopravvissuti, ma in quella danza di fiamme roventi nulla poteva essere salvato, e fu in quel momento che la paura della morte venne sconfitta dallo spirito di sopravvivenza.
Doveva allontanarsi da lì, lo schianto avrebbe attirato l'attenzione e qualcuno sarebbe stato mandato a controllare, in più tutta quella luce non l'aiutava a nascondersi. Decise di non usare la torcia e provò a orientarsi con quello che vedeva in torno a sé uscendo dalla siepe e camminando in direzione opposta al relitto cercando di arrivare al punto di ritrovo dove avrebbe incontrato almeno un ufficiale.

Helen si inoltrò nella boscaglia illuminata dai lampi degli spari, non avvicinandosi troppo ma nemmeno stando troppo lontana per non sprofondare nel buio, cercava punti di riferimento, qualunque cosa potesse farle capire dov'era e dove doveva andare. Continuava a camminare facendo profondi respiri con la bocca e stringendo il calcio del fucile che ringraziava di non aver perso durante il lancio.
Lei e gli altri uomini avrebbero dovuto fare la loro parte o anche lo sbarco sulle spiagge sarebbe stato un fallimento, la Wehrmacht, la forza armata tedesca, per quanto presa di sorpresa non si sarebbe fatta sconfiggere senza combattere.
Sentì un lieve ma riconoscibile rumore, un fruscio di passi umani, e si bloccò dietro a un cespuglio. Trattenne il respiro e rimase il più immobile possibile accucciata dietro l'ennesima siepe che aveva incontrato. Il suono di un cicalino le rimbombò nei timpani, veloce e senza pensare estrasse il suo dal taschino della giacca e rispose. Non era più sola, quello era sufficiente per farle spuntare un sorriso sul viso e dimenticò di alzare la bandana sopra il viso per nascondersi. Decisa e silenziosa attraversò i rovi, proprio come da piccola attraversava i folti arbusti che dividevano il suo cortile da quello della vicina, giocando a fare l'esploratrice.

Gli uomini videro uscire una figura dalla boscaglia, a primo sguardo e con il buio sembrava esattamente come loro, non notarono che era una donna fino a quando non arrivò a pochi metri. Nessuno seppe bene come reagire, alcuni puntarono i fucili mentre altri semplicemente rimasero zitti a fissarla, erano stati preparati a ogni evenienza ma non a quella.
Helen teneva le braccia alzate, con le mani aperte in segno di resa. Indossava i loro stessi abiti, ma nessuno di loro sapeva della sua presenza e potevano scambiarla per una qualunque contadina francese che aveva rubato dei vestiti. Aveva contato sette soldati, tutti malconci e stanchi come lei, e non seppe cosa dire.
«Signora» disse un ufficiale facendosi largo tra i suoi uomini e allungandole una mano, che Helen prontamente strinse.
Era in imbarazzo, per la prima volta si trovava a stretto contatto con gli uomini e non era stato programmato, a lei non piacevano le sorprese. Si maledisse mentalmente per aver dimenticato di alzare la bandana, senza rendersi conto che non l'avrebbero mai fatta avvicinare se non avesse comunque mostrato il volto. Cercò di mascherare qualunque tipo di emozione, avrebbe voluto essere una statua di pietra per non provare nulla ed essere solo efficiente e brava nel suo lavoro, sarebbe stato più facile, ma visto che pietra non poteva diventare, cercò solo di non essere troppo impacciata.
«Non mi chiami signora, tenente...» rispose lasciando la frase in sospeso mentre cercava di non guardare i curiosi soldati che la fissavano.
Improvvisamente i comodi pantaloni che indossava diventarono l'abbigliamento più imbarazzante che avesse mai messo e ricordò di quando si lamentava delle ampie gonne a ruota che ora rimpiangeva.
«Richard Winters. Secondo plotone, Compagnia Easy» rispose l'uomo.
Sapeva che anche lei si sarebbe trovata in Normandia ma non si aspettava certo d'incontrarla in tutto quel caos, inoltre avrebbe avuto qualcosa da ridire sull'andamento dell'operazione, ma il viso della donna faceva trasparire abbastanza disagio malcelato e non credette fosse utile aggiungere altro.
Helen annuì e cedette, facendo scivolare lo sguardo oltre il Tenente verso gli uomini che ancora curiosi la osservavano.
«Credo che i suoi uomini siano confusi» disse dopo essersi schiarita la voce.
Winters si voltò. Non erano tutti membri della compagnia Easy, si erano incontrati a gruppetti di due o tre alla volta e lui era il più alto in grado fino a quel momento, quindi poteva considerarli a tutti gli effetti come suoi uomini.
«Ragazzi, questa è Helen Backet dell'OSS, ci darà una mano a riprenderci l'Europa» disse indicando con un cenno della mano l'Agente dietro di lui, e svelando il breve mistero della sua identità.
«Ma è una donna!» esclamò un uomo dopo aver abbassato il fucile.
Winters lo fissò per un lungo istante, non sapeva se essere sconcertato da tanta perspicacia o dalla mancanza di tatto.
«Guarnere, il tuo parere non è richiesto» concluse serio evitando ogni altra discussione sull'argomento. Non aveva immaginato di dover essere lui a spiegare la presenza della donna, ma nulla stava andando per il verso giusto quella notte.
Nessuno disse più nulla dopo che Bill Guarnere vene zittito. Winters era un buon comandante, sapeva farsi rispettare e si era guadagnato l'ammirazione degli uomini in diverse occasioni ancora prima di partire, ma Guarnere era famoso per essere intrattabile e anche un po' rancoroso.
Si rimisero in marcia, mantenendo la formazione già stabilita e nessuno parve preoccuparsi di dare un ruolo a Helen, come se fosse un semplice pacchetto da portare a destinazione, e nemmeno uno troppo importante visto che non sembravano tanto preoccupati della sua posizione esterna al gruppo.
Lei camminava pochi passi dietro il Tenente, silenziosa come lo erano tutti, e sollevata di non essere più sola. Provò a ignorare gli sguardi che sentiva alle spalle, non era la prima volta che si trovava in un contesto maschile, ma lì era diverso, quegli uomini avevano un legame che solo in rari casi si crea. Dopo due anni di addestramento insieme si consideravano compagni uniti dalle scelte e dal fato, lei era un elemento che nessuno aveva calcolato, un'interferenza che nessuno sapeva come trattare ed Helen stessa cominciava a capirlo.

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