35. Non l'ho fatto per te

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Gli uomini erano seduti al tavolo della stanza dove era stata convocata la riunione, si alzarono quando entrò il tenente Winters seguito da Nixon e Helen, ma vennero fatti accomodare subito. Era rimasta poca formalità tra di loro e a tutti andava bene così.
Nessuno sperava in buone notizie, le voci circolavano e nonostante il silenzio di Speirs alcuni dei soldati erano già a conoscenza del motivo della convocazione.
Ron si teneva in disparte, se fosse stato per lui non avrebbe nemmeno presenziato, ma non era un comportamento accettabile. Era appoggiato alla cassapanca del lato della stanza più lontano dalla porta e cercava di non incrociare lo sguardo della donna davanti a lui.
«Ottimo lavoro la notte scorsa, bravi» disse Winters con tranquillità osservando i suoi uomini uno a uno «Talmente bravi che vogliono un'altra pattuglia per stanotte».
I soldati tacevano preoccupati e rassegnati.
Winters lasciò spazio a Helen che aprì la mappa sul tavolo, la stessa che era stata usata la sera precedente.
«L'avamposto di ieri dovrebbe saltare da un momento all'altro» disse spostando lo sguardo sul sergente Martin che aveva piazzato personalmente le cariche nel fienile e che fece un segno di assenso alla donna.
«Sarà necessario entrare in città questa volta, è lì la nuova casa bersaglio» indicò il luogo sulla mappa mentre gli uomini si stringevano intorno a lei per osservare «Attraverserete il fiume nello stesso punto, con gli stessi canotti. Partenza alle 02.00. Tutto chiaro?» domandò alzando lo sguardo sui soldati.
Qualcuno annuì, qualcuno rispose, qualcuno non disse nulla. Non poteva aspettarsi di più.
Helen raccolse la carta dal tavolo e la ripiegò passandola al Sergente accanto a lei.
«Voglio che stanotte vi facciate un bel sonno e domani mi riferirete di aver attraversato il fiume, di essere arrivati in città, ma di non essere riusciti a fare prigionieri» disse la donna seria.
Aveva interrogato i tedeschi catturati la notte precedente, avevano parlato di battaglie e di rifornimenti, delle idee di Hitler, ma nulla che fosse utile. Nulla che valesse la vita di qualcuno di loro. Avrebbe fatto di testa sua, aveva già dimenticato le minacce dei suoi superiori e il tribunale militare non era la cosa peggiore che poteva succederle. Winters e Nixon erano d'accordo con lei, avrebbero organizzato tutto e i loro rapporti avrebbero dato la stessa versione, se si fossero coordinati bene nessuno ci avrebbe fatto caso. Il Comando non ne sarebbe stato contento e forse lo avrebbe considerato un fallimento, ma il giorno seguente il Secondo battaglione avrebbe lasciato Haguenau e nessuno avrebbe insistito ulteriormente.
«Tutto chiaro?» domandò nuovamente osservando i soldati allibiti davanti a lei.
Quella volta solo una voce rispose.
«Si» disse il tenente Speirs fissando la donna per la prima volta da quando era entrata nella stanza.
Anche lei lo guardò per un istante prima di voltarsi verso la porta e uscire dallo scantinato con Nixon, mentre Richard si soffermava a chiarire alcuni dettagli con il Tenente e i Sergenti.

Helen e Nixon non sentirono i commenti entusiasti dei membri della Easy ma potevano immaginarli benissimo. Avevano passato così tanto tempo con loro che sapevano quali esclamazioni sarebbero state pronunciate e da chi. Non era difficile immaginare il sollievo dei soldati perché era anche il loro.
La guerra stava diventando sempre più politica e sempre meno militare, questo cambiava gli equilibri e le decisioni sembravano sempre meno ponderate, ma chiunque fosse stato in quella città nelle ultime settimane avrebbe compreso quanto poco fosse cambiato dal primo giorno per gli uomini in linea.
«Credo che funzionerà» disse Nixon alla donna.
Helen annuì, da quella mattina non era di molte parole e tutti lo avevano notato. Anche lei era stanca, demotivata e non riusciva a vedere una sola cosa positiva nell'avanzare della guerra. Tutti sembravano entusiasti di poter entrare presto in Germania, credevano che una volta passato il confine tutto potesse cambiare in meglio. I nazisti si sarebbero arresi, gli uomini avrebbero svolto principalmente servizi d'ordine, avrebbero riorganizzato quello che rimaneva della Germania sfruttando le sue fiorenti industrie prebelliche per ricostruire una nazione che guardasse all'America e ne assecondasse gli interessi. Se fossero stati più veloci dei russi avrebbero avuto un vantaggio che sarebbe durato per i decenni avvenire, ma Helen non riusciva più a trovare un solo aspetto positivo nella vittoria conoscendone i costi. Sarebbero state migliaia le vittime, sia militari che civili, avrebbero continuato a bombardare Berlino fino alla resa incondizionata e distrutto ogni brandello di resistenza con ogni mezzo necessario.
«Credo che qualcuno voglia parlare con te» disse Nixon osservando il tenente Speirs a pochi metri da loro che li fissava senza avvicinarsi.
Helen si voltò solo per un istante e poi gli diede nuovamente le spalle.
«Nixon, no, ti prego» disse a denti stretti all'amico «Non è proprio il momento».
Ma Lewis si stava già allontanando ignorando le lamentele della donna e sicuro che prima o poi lo avrebbe ringraziato.

Speirs si avvicinò ed Helen era pronta, o almeno così voleva apparire, per affrontare un'altra discussione.
«Grazie» le disse il Tenente «Per la pattuglia, intendo» specificò indicando l'edificio dal quale erano usciti pochi istanti prima.
Helen per un secondo non seppe cosa dire, proprio non se lo aspettava. Sentire il Tenente ringraziare era un evento, per non parlare di sentirlo scusarsi, ma per quello non c'erano speranze.
«Non l'ho fatto per te» disse la donna quando ritrovò le parole.
Non voleva essere brusca, ma lo era stata come sempre quando si trovava in difficoltà. Lei era una da discussioni e confronti, era sempre stata brava a fare quello e non a riappacificarsi.
Ron sorrise «Oh, lo so. Non ti preoccupare» le disse.
Non sperava di ottenere qualcosa da quella conversazione, ma riconosceva di essere stato ingiusto con lei la sera prima, almeno in parte. La mattina seguente la Compagnia Easy sarebbe stata trasferita, non sapeva dove sarebbe andata la donna ed era combattuto se sperare che andasse con loro o no. La rabbia era passata, la morte di Jackson era diventata l'ultima di molte altre e il senso di colpa era diventato gestibile. Continuava a non essere d'accordo con le scelte di Helen e con la linea di operazioni che stava portando avanti, ma faticava a prendersela con lei personalmente.
«Te ne vai, non è vero?» le domandò tornando serio.
Ron aveva immaginato la risposta, ma non seppe comunque cosa dire e rimasero a fissarsi per alcuni istanti. Erano da soli in una strada buia e di notte. Nulla d'insolito per loro, ma questa volta entrambi si sentirono a disagio.

Helen fece per andarsene, ma non si allontanò di molto prima di fermarsi e tornare indietro borbottando maledizioni a se stessa.
Speirs la fissava, come sempre.
«Mi dispiace» disse la donna che per quanto fosse sincera faceva molta fatica a dire quelle parole proprio a lui «Per quello che ho detto ieri sera» specificò riempiendo il silenzio e aspettando che lui dicesse qualcosa.
«E anche per le altre volte» aggiunse mentre aspettava una risposta «Non sono stata corretta né coerente, e lo riconosco».
Ron continuava a guardarla senza parlare, se avesse saputo che bastava così poco per ricevere delle scuse lo avrebbe fatto molto prima.

«Quel peso, la responsabilità delle loro vite la sento anche io, continuamente, e per una volta ho voluto provare a credere che non fosse colpa mia» quelle parole erano sincere, forse fin troppo.

Helen aveva provato a scappare dal senso di colpa, aveva creduto che se qualcun altro si fosse sentito così allora lei se ne sarebbe liberata, ma non era successo. Era stata egoista, aveva provato a sentirsi meglio ed era finita per stare peggio. Non poteva scappare da quello che la circondava e che le entrava dentro attaccandosi con forza a ogni parte di lei.

«Io voglio solo farvi tornare a casa».

«Lo so» disse l'uomo «È quello che vogliamo tutti».
Helen annuì sentendosi un po' più tranquilla. Qualcosa nello sguardo di Ron la rassicurava, lui aveva capito davvero e, per quanto continuasse a non approvare, non riusciva ad addossarle la colpa di aver fatto il meglio per se stessa.
Helen si allontanò camminando tra le case diroccate in silenzio. Già le mancavano quegli uomini, già le mancava lui. La lite della notte precedente sembrava come svanita e, nonostante tutta la rabbia che aveva provato verso di lui, ora era solo delusa di non aver sentito un suo tocco. Non lo avrebbe mai ammesso ma tutte le volte che gli parlava si aspettava che lui facesse o dicesse qualcosa che cambiasse la sua decisione presa al convento, eppure Ron non aveva fatto nulla.
Probabilmente era meglio così e questo era quello che entrambi si raccontavano, spaventati in egual modo dall'avere torto o ragione.

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Riappacificazione? Forse, o forse no. Voi che ne pensate?
Come sempre lasciate una stellina e un commento per farmi sapere i vostri pareri.
Al prossimo capitolo!
Alex

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