28. Quattro Luglio

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L'aria gelida le bruciava i polmoni e per la prima volta in molte settimane aveva caldo.
Erano diversi minuti che correva evitando le lastre di ghiaccio e saltando i cumuli di neve. Gli scarponi affondavano nel fango e scivolavano sul terreno rallentandola e le sembrava che intorno a lei tutto volesse impedirle di avanzare, ma non le importava.
Correva più veloce che poteva contro il vento freddo che le sferzava il volto, incurante di tutto quello che aveva introno. Correva come un cervo che senza guardarsi indietro scappa da un cacciatore, ma lei non si stava allontanando da un fucile, ci stava andando dritta contro.

Quando sentì il primo scoppio, un boato tanto forte da far cadere coriandoli di neve dai rami degli alberi, si fermò di scatto.
L'eco dello sparo le rimbombava nelle orecchie e sembrava andare allo stesso ritmo accelerato del cuore che le martellava nel petto. Ben presto altri boati scossero la foresta intorno a lei, una sequenza senza ritmo, solo suoni assordanti che si susseguivano incessantemente.
Riprese a correre ma riuscì a fare solo pochi passi prima che il sergente Christenson potesse afferrarla e gettarla a terra.
Il tonfo le svuotò i polmoni, la neve fredda le bagnò il viso e le mani affondarono nel fango, e quello fu sufficiente per farle riprendere consapevolezza di quello che stava per fare. Era contro ogni regola e ogni buon senso mettersi a corre verso i colpi di mortaio, ma lei non ci aveva pensato e nessun instino l'aveva fermata, voleva solo arrivare dalla Compagnia Easy e null'altro le importava.
Il soldato si spostò immediatamente da lei senza riuscire a celare l'imbarazza sul suo viso per un così intimo contatto.
Helen immaginava che Speirs avrebbe mandato qualcuno per controllarla sprecando un uomo che sarebbe potuto tornagli utile, ma non si era voltata a vedere chi fosse. Burton Christenson lo ricordava bene, era stato un sergente mitragliere della Easy fin dal D-Day, temporaneamente ceduto alla compagnia Dog finché non fossero arrivati i nuovi rimpiazzi.
«Scusi, Signora» disse allungandole la mano per aiutarla a rialzarsi «Ma non può avvicinarsi al campo, sarebbe un bersaglio».
Le motivazioni del giovane soldato erano giuste, il Tenente gli aveva detto che se avesse visto anche solo un graffio sul viso della donna lo avrebbe considerato personalmente responsabile, e non era stato necessario che continuasse con minacce per convincerlo che la salvezza di Helen era anche la sua.
La donna accettò la mano, dopo essersi pulita la sua sul pantalone, tornò in piedi e si voltò verso la sua destinazione quando un colpo sparato molto vicino a loro la fece arretrare di un passo e Christenson la trascinò dietro uno degli alberi dal tronco più grosso.
Erano bersagli facili, puntini neri in una distesa di neve bianca, abbastanza vicini al confine di Foy perché qualche sentinella potesse notarli e indirizzare i colpi anche su di loro.

Helen si accasciò a terra sfregando la schiena contro l'albero e trattenendo le lacrime.
Non aveva fatto in tempo a raggiungere la Easy, le mancava così poco per avvisarli che il fallimento le pesava il doppio. Poteva immaginare la devastazione che ogni colpo stava causando, non diversa da quella degli altri attacchi che aveva visto in quello stesso bosco. Erano stati troppi per poterli ricordare tutti, si mescolavano nella sua memoria e non ricordava chi era rimasto ferito e quando, ma non avrebbe dimenticato i volti e i nomi degli uomini che non erano sfuggiti alla pioggia di ferro.
Il Sergente teneva lo sguardo davanti a sé rimanendo accanto alla donna che non voleva guardare. Era un ragazzo timido, lo era stato fin da piccolo, e in un qualche modo gli sembrava di violare la sua privacy non potendola lasciare sola con la sua frustrazione. Fece finta di non sentire il lieve singhiozzo sfuggito al controllo della donna e non disse nulla, mentre si chiedeva se fermarla fosse stata la scelta giusta.
Helen stava per lanciarsi sotto i colpi dei mortai tedeschi credendo di essere intoccabile e di poterli schivare tutti. Molti soldati avevano avuto quella sensazione quando erano arrivati in Europa, non riuscivano a pensare che un proiettile avrebbe potuto colpire proprio loro, ma quasi tutti si erano sbagliati.
La donna aveva dimenticato di essere umana, di poter essere ferita o uccisa. Conviveva con la paura da così tanto tempo da averla scacciata e aveva scambiato l'impudenza con il coraggio, ignorando il suo spirito di sopravvivenza e gettandosi a capofitto nel pericolo.
Senza che quasi se ne accorgessero tutto intorno a loro tornò silenzioso. Potevano distinguere il suono dei loro respiri chiaramente, nessuno sparo o colpo di mortaio risuonava in lontananza. Helen contò i secondi, centottanta ne fece passare prima di alzarsi e riprendere la sua corsa seguita dal ligio Christenson.

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