3.

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"Voglio vederti mentre balli" aveva detto Christian.

Entrarono in palestra, accendendo giusto le luci che portavano dal corridoio ad una delle sale. Christian raggiunse l'angolo della sala dove stava la presa dell'aux per attaccare il telefono e si rivolse quindi al biondo per sapere quale canzone cercare su youtube. Ma non una canzone da zumba, gli disse. "Voglio vederti ballare latino".

Mattia pose a terra il borsone e infilò le scarpette adatte, quindi si avvicinò al centro della stanza e gli diede il titolo. Chiuse gli occhi per lasciarsi completamente andare alla musica e nei successivi tre minuti fu solo.

Christian stava in silenzio, senza riuscire a staccare lo sguardo dal biondo che si muoveva con quella eleganza che sembrava contraddistinguerlo.

Mattia volava al ritmo della musica, con un'espressione intensa sul viso, senza riuscire a fermarsi mai. Il moro lo guardava, a bocca aperta, immobile in un angolo, gli occhi concentrati sul ragazzo davanti a sè, che volteggiava, si muoveva, respirava forse per la prima volta da quando era arrivato a Bergamo.

Sentì il cuore esplodere, Mattia, mentre si lasciava andare, come se nessuno lo stesse guardando, come se fosse quello l'unico modo in cui poteva abbandonarsi al dolore che si teneva dentro. Si fermò in ginocchio, con gli occhi chiusi, e il silenzio si propagò attorno a sé.

Quando trovò la forza di alzare lo sguardo trovò Christian appoggiato allo specchio della parete dietro di lui, le braccia incrociate, un sorriso sulle labbra.

"Ora capisco perché mia madre ti ha chiesto di venire qui" disse, raggiungendolo e allungando una mano per farlo alzare. Mattia fissò il suo sguardo in quello del moro e – per alcuni secondi – si perse in esso.

"Ah si? E perché?" trovò la forza di rispondere, mentre non trovava quella di staccare lo sguardo.

"Perché lei vuole solo i migliori qui dentro" soffiò Christian, voltandosi e riacchiappando telefono e giacca dall'angolo della sala.

Mattia strinse la mano dove prima stava quella dell'altro ragazzo e se la infilò nei pantaloni.

Che diavolo stava facendo?

"Vabbè dai, biondino, penso che per oggi abbiamo dato abbastanza" Christian spense le luci della sala, mentre uscivano in corridoio e lo accompagnò alla porta. Diede due mandate e poi si rese conto di un particolare.

"Ma tu a casa come ci torni? E soprattutto, dove è che stai al momento?" gli chiese, fissando il biondo che già si metteva le mani tra i capelli.

"A dire la verità per stanotte non so ancora dove potrei stare. Pensavo che, una volta atterrato avrei fatto in tempo a cercare un hotel per la prima settimana, ma poi ho dovuto correre qui, e così..." sbuffò, chiudendosi dietro le braccia, mentre si strattonava i capelli. "Cavoli".

Christian fissava quelle mani muoversi tra i riccioli del ragazzo e, inaspettatamente pure per sè stesso, si mosse per raggiungerle. Le tenne tra le sue mentre Mattia alzava il viso a guardarlo, stupito.

"Puoi venire da me, se vuoi" disse, con un tono molto basso della voce. Qualcosa si mosse dentro le vene di Mattia. "A casa mia ho una stanza in più che di solito usa mia sorella Alexia, quando beve troppo per tornare a casa la sera. Così non prende parole da mia madre e mio padre" fece un sorriso, guardandolo in quelle due pozze azzurre.

Il cielo dentro gli occhi di Mattia si era fatto intenso, luminoso.

"Beh, solo per oggi però" soffiò. Sembrava un gattino impaurito.

"Certo, domattina facciamo colazione e ti do l'indirizzo di qualche hotel della zona, così non starai lontano dalla scuola" indicò l'edificio dietro di sé, come se il biondo non potesse capire.

Sotto il cielo di BergamoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora