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Oggi

Christian si chiuse la porta alle spalle, salutò la ragazza che lavorava alla reception e infilò il corridoio che portava agli spogliatoi.

Si tolse la felpa nera e rimase a petto nudo, fischiettando la canzone che aveva sentito in macchina mentre raggiungeva la scuola di danza della madre.

Tirò fuori la canotta dalla borsa e stava per infilarla, quando si rese conto di dover andare in bagno. Si infilò al volo al gabinetto e si mise a canticchiare ad alta voce perché si vergognava con tutto quel silenzio. Quando si tirò su la lampo e tornò in sala si accorse però di non essere solo.

"Ehi" disse, guardando il ragazzo che gli dava le spalle.

Non l'aveva mai visto, ma non era di certo la prima volta che qualcuno veniva a tenere lezioni di danza per gli allievi più prestanti. E quello, d'altra parte, era lo spogliatoio per gli insegnanti quindi, anche se sembrava più piccolo di lui, si disse che non poteva essere di certo un allievo.

Il ragazzo si voltò a guardarlo, rivelando un nido di capelli boccolosi e biondi, due occhi color del cielo estivo e un sorriso radioso. Sembrava timido, ma non di certo impaurito.

Si era tolto la felpa e teneva tra le mani una camicia color crema quindi Christian poteva ben visualizzare gli addominali e la pelle ambrata del giovane.

"Piacere, sono Mattia" gli disse il biondino allungando una mano verso di lui e Christian ricambiò la stretta, mentre una scossa li attraversava entrambi.

"Cazzo!" disse, mentre Mattia già si scusava. La seta della camicia gli aveva trasmesso elettricità.

"Comunque io sono Christian" continuò l'altro sorridendo apertamente. Si passò la mano tra i capelli neri, mentre Mattia la seguiva sulla guancia, lungo il collo, attorno agli orecchini neri e scendeva con lei lungo il fianco del moro.

Rimasero a fissarsi alcuni attimi, ma mentre Christian stava per chiedergli come mai si trovasse lì, risuonò la sveglia di un cellulare e - maledicendosi per la distrazione - il moro infilò la canottiera larga, salutò il nuovo arrivato e raccolse il borsone, uscendo di corsa verso la sala allenamenti.

Ormai da anni insegnava hip hop nella scuola di danza della madre, insieme alla stessa Anna e ad Alexia. Lì era anche dove si allenava in vista delle competizioni a cui partecipava ogni anno. Da sempre seguiva anche lezioni di modern e danza classica – sempre lì nella scuola – ma era l'hip hop e la break il suo mondo. 

Non avrebbe mai potuto vivere senza di loro.

Quando entrò in sala i suoi bambini lo stavano già aspettando, belli carichi e pronti a ballare come solo i bambini sanno fare.

Christian era decisamente più grande di loro – ormai prossimo ai venti anni – ma si sentiva esattamente come quando ne aveva 6 e aveva vinto il suo primo mondiale. Amava la danza, si sentiva sempre libero quando la musica gli riempiva le orecchie e lui poteva sfogarsi, improvvisando sulle note di qualunque brano gli capitasse.

Aveva sempre sacrificato tutto per la danza, ma non se n'era mai pentito. Per lui era puro ossigeno e un solo giorno senza ballare era un giorno sprecato.

Passò quindi l'ora successiva a ballare, a divertirsi, con quei bambini che condividevano con lui il medesimo sogno e che erano pronti a qualunque cosa per diventare ballerini in gamba come il loro maestro.

Quando l'ora di lezione finì, Anna entrò in sala, spegnendo la musica e fermando tutto, con una risata.

"Chri, li ucciderai se non vi fermate. Non potete continuare a ballare per ore intere" disse e i bimbi protestarono, perché si stavano divertendo davvero dato che il loro maestro era bravissimo a farli sentire speciali e a trovare un modo divertente per insegnare loro le cose.

"Ah, ragazzi. Ci hanno rotto il divertimento ormai! Rimandiamo tutto a giovedì, d'accordo?"

"Vaaaa beneeee" fecero quelli e raggiunsero i borsoni, pronti ad andare a fare la doccia.

"Vi voglio bene" disse Christian, salutandoli dalla porta, per lasciargli alle loro madri che li attendevano in corridoio.

Mentre chiudeva la porta Anna lo trattenne dal braccio chiedendogli di raggiungerla in ufficio dopo la doccia e quando Christian bussò alla porta, mezz'ora più tardi, si accorse che sua madre non era sola nella stanza.

Insieme a lei una voce che gli parve nota la faceva ridere di gusto, per il suo spiccato accento del sud.

"Glielo giuro, fu una coesa allucinante per me" diceva quello, mentre sua madre rideva fortissimo.

"Mamma, che sta succedendo?" le chiese entrando e ritrovandosi davanti il ragazzo che un'ora prima aveva visto in spogliatoio.

"Ah Mattia, sei tu" gli sorrise e sua madre rimase attonita.

"Ma vi conoscete già?" gli chiese e Christian scosse la testa.

"Ci siamo incrociati in spogliatoio prima, è venuto a tenere una lezione?" gli sorrise, con educazione.

"No, in realtà è qui per restare" mamma Anna allargò il sorriso sornione, contenta di essere riuscita a stupire il suo figlio più piccolo.

"In che senso per restare?" Christian spostò lo sguardo verso sua madre, senza capire.

A scuola da Anna si tenevano corsi di danza di diverse discipline. C'era il classico, il modern, l'hip hop, lui seguiva break con un istruttore che scendeva dal Belgio appositamente, ma nessuno degli insegnanti gli aveva detto che se ne sarebbe andato a breve. Quindi chi era questo Mattia che si insediava nella sua vita, nella sua scuola, proprio ora?

"Sono un ballerino di latino americano e tua madre mi ha contattato per venire qui a tenere lezioni di latino e di zumba" si volse a guardarlo, con addosso la camicia di seta che aveva in mano nello spogliatoio.

Christian scambiò lo sguardo da lui a sua madre e alla fine sorrise anche lui.

"Zumba?" si mise a ridere, perché non pensava davvero che la zumba potesse essere chissà quale categoria di ballo, e anzi credeva che fosse più un qualcosa per attempate signore invece.

"Qualcosa in contrario con la materia?" gli disse quello con un ghigno. Sapeva cosa pensasse la maggior parte della gente sulla zumba, e sinceramente se ne fregava.

Aveva insegnato a livelli internazionali, veniva pagato piuttosto bene per farlo, e il ragazzo davanti a lui non sarebbe di certo riuscito a denigrare il suo lavoro semplicemente ridendo di lui.

Christian alzò le mani davanti a sé. "Per carità" sogghignò "comunque complimenti e benvenuto tra noi" gli disse poi, modificando la smorfia in un sorriso sincero e gentile.

"Perché voi due non andate a bervi qualcosa insieme questa sera, invece di inimicarvi immediatamente? Sono sicura che avete tante cose di cui discutere" Anna sorrise, prendendo la borsa e infilando l'uscita, lasciando Christian senza possibilità di scelta sul compito di fare da Cicerone a quel bell'imbusto zumbissimo davanti a lui.

"Eh va bene, andiamo" disse, sospirando rassegnato.

Sotto il cielo di BergamoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora