La vigilia di Natale eravamo soliti trascorrerla con i miei parenti tra giocate a carte e cibi cucinati in casa i cui profumi inondavano le stanze delle cucine che venivano utilizzate. Era un'organizzazione che aveva luogo molte settimane prima e, anche la preparazione dei cibi iniziava con largo anticipo per poi finire poche ore prima dell'inizio della serata della vigilia. Il Natale, quand'ero bambina, mi era sempre piaciuto perché era come se l'aria stessa riuscisse a trasformarsi e a donare la serenità e la gioia anche in momenti di sconforto. Le luci e le musiche per strada erano una perfetta cornice per lo spirito natalizio e il cuore dei bambini era sempre colmo di gioia per le attenzioni delle famiglie e per i regali che avrebbero ricevuto. Da un po' di anni, il Natale aveva perso quell'atmosfera che tanto mi rendeva felice: erano diventato soltanto un incontro di persone, anche se qualche sedia era rimasta ormai vuota, senza la magia di un tempo. Le feste mi rendevano triste anche se cercavo di fare di tutto pur di non fare accorgere nessuno di questo mio stato d'animo. Avrei voluto parlare con la professoressa di Francesca ma non potevo mandarle un messaggio quindi scrissi a Michela:
"Ciao Michela, come stanno andando le tue vacanze? Quando ci vediamo?"
"Ciao Chià! A bombaaa!! Sto ricevendo un sacco di regali!! Vieni da me nei prossimi giorni? E dobbiamo anche fare i compiti per le vacanze!!"
"Tu come sempre mi sfrutti per qualcosa"
"Ma no...stiamo assieme ma, magari, mentre sei qui potresti darmi una mano no??!!!"
"Sei una ruffiana"
"Sì, lo so ma mi vuoi bene lo stesso! Tu invece come va? La tua cara prof?"
"Tutto nella norma...non vedo l'ora queste vacanze finiscano! Alla prof vorrei mandare un messaggio ma non mi sembra il caso...sai...non vorrei disturbare..."
"Ti ha detto mille volte che non la disturbi e tu ancora continui con questa storia? Dai, datti una mossa e scrivile!!"
"Ci penserò. Ci sentiamo domani e non mangiare troppooo!!!"
"Stai insinuando io sia grassa? Chiara...io...ti...uccido"
Non le risposi più perché sapevo che la sua prossima mossa sarebbe stata insultarmi ma mi divertiva molto scherzare con lei e prenderla in giro fino a farla arrabbiare: era il nostro modo di rapportarci. Forse, però, Michela aveva ragione e avrei dovuto farmi meno problemi perché, alla fine, era solo un messaggio. Passarono giorni prima che mi convincessi di scriverle per davvero e lo feci il primo giorno di gennaio utilizzando come scusa quella di augurarle un buon inizio d'anno.
"Buon pomeriggio, mi faceva piacere farle gli auguri per questo nuovo anno che possa essere pieno di novità e di speranze e che possa esaudire tutti i suoi desideri! A presto."
Subito dopo aver mandato il messaggio, cercai di impegnarmi per fare delle cose così da non avere la tentazione di guardare il cellulare ogni secondo e, dopo meno di due minuti, lo sentii squillare e mi precipitai.
"Ciao Chiara, che bello sentirti! Tanti cari auguri anche a te. Come stai trascorrendo le vacanze?"
"Stanno procedendo come sempre tra cibo e giocate a carte: a volte mi sembra di avere la stessa età di mia nonna!" le risposi immediatamente.
"A chi lo dici! Almeno sto riuscendo a vincere qualcosa"
"Io no e mi butto su cibo e alcol per consolarmi"
"Non esagerare. Ci vediamo presto a scuola, un abbraccio!"
"A presto, buona serata!"
Il mio cuore batté all'impazzata: mi aveva risposto e, nonostante il giorno di festa, aveva trovato il tempo per chiacchierare un po' con me ed io ero al settimo cielo. Appena posai il cellulare, fu come sentire lo scoppio della mia bolla di felicità ed il ritorno alla normalità delle feste e mi sentii terribilmente triste. Mi mancava molto poterla vedere tutti i giorni per perdermi nei suoi occhi. Quel blu mi solleva nel regno di Amore e mi incatenava facendomi patire come un prigioniero condannato a scontare una pena. Mi sentii imprigionata da quei sentimenti che mi rendevano così debole poiché in balia di essi e, di conseguenza, di lei.
Dopo quello scambio di messaggi la mia voglia di tornare al più presto a scuola aumentò e i giorni che mi separavano da lei li impiegai passando i pomeriggi da Michela a svolgere i compiti delle vacanze e a chiacchierare.
Il primo giorno in cui la rividi ebbi un tonfo al cuore: mi sembrò di vederla come se fosse stata la prima volta. Durante la lezione non feci altro che guardarla per fissare nella mia mente quanti più dettagli possibili: il colore delle sue labbra, i gesti abituali, i movimenti mentre camminava e tutto ciò che avesse a che fare con lei. Continuai a fare così per tutte le settimane successive, anche se il mio umore aveva ricominciato ad abbassarsi in modo esponenziale. Le vacanze non mi avevano fatto molto bene perché avevo avuto troppo tempo per pensare, nonostante io cercassi di dedicarmi a più cose possibili, e a volte non riuscivo neanche a tirarmi fuori dal letto. Quello scambio di messaggi era stata una piccola parentesi felice nel mio mare di disperazione nel quale cercavo di non annegare.
Più passarono i giorni più mi sentivo peggio e la professoressa se ne accorse e tentò più volte di parlare con me anche se io notai di iniziare a far fatica anche con lei. Esprimere i sentimenti non era mai stato il mio forte e, sapendo cosa il mio cuore nascondesse, non facevo altro che sentirmi in colpa nei suoi confronti perché non volevo soffrisse a causa di ciò che pensassi.
Un giorno decisi di fare una pazzia, contattarla e andarla a trovare. Sì, proprio così: senza neanche averci riflettuto un attimo.
Quando mi trovai in prossimità di casa sua la chiamai al cellulare e, dopo un paio di convenevoli e averle rivelato che mi trovavo nelle vicinanze e avrei voluto vederla, mi disse che avrebbe preso la macchina e mi avrebbe raggiunta. Proprio in quel momento mi pentii di averla contattata e iniziai a tremare dall'agitazione. Ci incontrammo in una piazzetta che si trovava nelle prossimità e, abbassando il finestrino, mi disse di scendere e salire in macchina da lei perché faceva ancora piuttosto freddo.Mi dispiace: la disturbo sempre. Mi dica se è stato inopportuno chiamarla»
«No Chiara, stai tranquilla. Piuttosto dimmi che succede» rispose preoccupata.
«Io volevo parlare con lei perché, tra tutti, lei è l'unica che mi ascolta per davvero»
«Io ti ringrazio per le tue parole: è carino dirmi questo da parte tua, però è da quando siamo tornate dalle vacanze di Natale che ti vedo più cupa»
Iniziai così a raccontarle di come le vacanze di Natale mi avevano buttato giù ripensando alle sedie vuote, al mio senso di inutilità e a tutte le sensazioni che mi opprimevano. Parlammo per ore ed ore fino a quando anche il sole ci salutò e la luna, che stava iniziando la sua ascesa al cielo, iniziò a fare capolino tra gli alberi che circondavano quella piazzetta poco illuminata.
«Professoressa, io la voglio fare finita. Non ne posso più di sentirmi così» sbottai improvvisamente.
Inizialmente non riuscì a dire niente. Le sue mani presero le mie, che tremavano vistosamente e le strinse a sé.
«Hai sempre le mani gelate tu» mi disse come prima cosa.
Notai come i suoi occhi abbracciassero i miei per stringere ogni parte delle mie debolezze e delle mie paure. Le sue braccia, invece, mi strinsero a sé.
«Chiara, non devi dire così. Io ti aiuto, ci sono io con te. Hai detto di volermi bene...»
«Certo che è così. Io mi fido di lei e le voglio più che bene»
Mi pentii nello stesso istante in cui pronunciai quelle parole ma l'avrei fatto soltanto in un secondo momento perché in quell'attimo preciso lei mi avvicinò a sé. Le sue mani, che stringevano le mie per riscaldarle, si mossero e le sue dita intrecciarono le mie in una presa inusuale, visti i ruoli che avevamo nelle relative vite. Le sue braccia che prima mi stringevano a distanza, poiché eravamo sedute su due sedili diversi dell'auto, mi avvicinarono a sé sempre più insistentemente fino a ritrovarci con i visi poggiati sulle rispettive spalle. Le mie mani continuarono a tremare ma le sue cercarono di impedirmelo fino a quando non lasciai la presa per avvolgere le mie braccia intorno a lei, le spostai una ciocca di capelli dal viso e le accarezzai la guancia. I nostri visi si ritrovarono vicinissimi: sentii il suo respiro sulla mia faccia, i nostri nasi si sfiorarono in quel buio che ormai ci avvolgeva e le presi il viso tra le mani. Sembravamo lontane da tutto e tutti tranne dal silenzio che ci aveva raggiunte e rapite in quel momento segreto. Continuai a guardarla negli occhi e nella mia mente si fissò un pensiero:
"Baciala!"
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Vuoti di cuore
Любовные романыQuesta che sto per raccontarvi è una storia vera: la mia. Ciao, sono Chiara e ho passato gli ultimi tre anni del liceo travolta da un'amore impossibile: quello per la mia insegnante. I suoi atteggiamenti, molte volte ambigui, mi hanno fatto perder...