CAPITOLO XXV

1K 39 3
                                    

L'inizio del quinto anno fu piuttosto traumatizzante poiché tutti non facevano altro che ricordarmi di studiare e di avere una buona media per gli esami. Esami, infatti, era la parola che veniva pronunciata continuamente da tutte le persone con le quali parlassi.
Ero felice di finire il capitolo "liceo" per uscire dagli schemi che quella scuola ci imponeva e nei quali mi sentivo intrappolata. Avrei potuto finalmente scegliere cosa fare e farlo anche liberamente, ma una nube incombeva ad intristire il mio stato d'animo: non l'avrei vista più quasi tutti i giorni della settimana.
Inizialmente ero soltanto entusiasta di poterla rivedere perché, in più, non era ancora scomparsa in me la speranza di ritornare al rapporto di un tempo o almeno di riavvicinarsi.
Ero determinata a fare la mia strada senza provare a parlarle o a convincerla di qualcosa: volevo soltanto che capitasse, in qualche modo.

Michela continuò a sopportare il racconto dei miei continui pensieri da adolescente innamorata ma era contenta di vedermi serena, anche se soltanto in parte. Ogni minuto passato in sua assenza non faceva altro che decretare il tempo che mancasse per rivederla ed era così giorno dopo giorno, ora dopo ora.
Durante le sue lezioni ero attenta ad ogni minimo particolare uscisse dalla sua bocca e ad ogni movimento lei facesse. Mi aveva scombussolata ma, se avessi potuto tornare indietro, avrei voluto rincontrarla altre cento volte. Quell'incontro mi aveva cambiata così come quel rapporto e ciò aveva avuto su di me sia effetti negativi che positivi. Dei positivi, ormai, l'elenco era interminabile invece dei negativi la lista non era così lunga ma ogni piccola cosa mi aveva ferita profondamente. Il tempo scorreva inesorabile ed i giorni scorrevano ferocemente tant'è che, in un istante, le feste di Natale erano già alle porte.
La scuola fu addobbata a festa con un albero decorato dai ragazzi del primo superiore e, per le scale, festoni si attorcigliavano sulla ringhiera della lunga scalinata che collegava i vari piani. Si respirava un'atmosfera di festa, quell'anno più che gli altri, e la preside ci concesse anche un'assemblea di istituto l'ultimo giorno prima delle vacanze permettendoci di festeggiare con musiche natalizie e balletti. Fu un evento più unico che raro poiché considerava le assemblee dei momenti che dovessero essere prettamente formativi e che, a volte, risultarono essere molto interessanti mentre altre volte la noia prese il sopravvento.
Quell'anno fu un anno speciale anche per lei e decise di fare quel regalo in onore delle quinte che, a fine anno scolastico, avrebbero affrontato gli esami di maturità.
Dopo essere scesi nell'aula magna dell'istituto, la maggior parte dei ragazzi iniziò a cantare canzoni di Natale e ad improvvisare balletti improponibili. Decisero anche di fare dei giochi a squadre e qualcuno preparò anche delle torte come augurio per le imminenti feste.
Io, come sempre, me ne stavo in disparte perché non amavo particolarmente quel genere di situazioni. Accerchiata da alcune compagne di classe con le quali stavamo facendo conversazione, vidi entrare la professoressa di Francesca con un cappello di Natale in testa agitando le braccia in aria cercando di aggiungersi al gruppo di ragazzi che stavano ballando. Provai un senso di vergogna per lei: era pessima a ballare suscitando le risate di molti ma qualcuno le urlò degli incoraggiamenti per continuare a muoversi, forse per prenderla in giro. Riuscii a stento a trattenere le risate per la scena alla quale stavo assistendo ma, improvvisamente, iniziai ad ingelosirmi in un modo incontrollato perché chiunque, in quella stanza, la stava fissando insistentemente. Michela cercò di farmi sorridere ammiccando verso di me ed incitandomi a ballare con lei ma sapeva che non sarebbe mai successo ma stetti al gioco e iniziai ad agitare le braccia da seduta imitando il balletto della professoressa. Ero per natura una tipa un po' seriosa ma, a tratti, sapevo essere anche burlona. Mi agitavo vistosamente convinta che nessuno ci stesse guardando fino a quando:

«Vai, Chiara!» sentii urlare.
Era lei che si era staccata dal gruppo che stava ballando e si era avvicinata a noi. In quel momento avrei voluto dissolvermi e sparire per sempre. Le guance si arrossarono ed una vampata di calore mi arrivò fino alle orecchie rimanendo con gli occhi sgranati e le braccia ancora in alto.

«Dai, non vergognarti» mi disse.
«Non l'avevo vista arrivare» riuscii a dirle io.

Michela aveva le lacrime agli occhi per le risate che quella scena le stesse provocando così come le compagne di classe con le quali stavamo chiacchierando. Io sembravo mummificata e volevo cercare di cambiare argomento o almeno di rispondere qualcosa di intelligente ma non riuscii a fare niente di tutto questo.

«Però, ti muovi bene!» continuò lei «potresti andare a ballare con gli altri ragazzi» disse anche indicando il gruppo in fondo alla stanza.
Finalmente mi sbloccai.
«No, no. Non mi muovo per niente bene. Era soltanto un gioco, uno scherzo».

Le fissai gli occhi cristallini e le sorrisi, ancora rossa per l'imbarazzo. Alcune ciocche di capelli uscivano dal berretto che aveva indossato e avrei voluto fotografarla proprio in quell'istante per conservare lo scatto del suo viso come il tesoro più prezioso che avessi mai potuto avere. Prese una sedia e si sedette cercando di chiacchierare con noi chiedendoci cosa avremmo fatto durante le vacanze e altre cose frivole giusto per fare conversazione. Avrei voluto risponderle anche io, così come facevano le altre, ma non riuscii a dire una parola e Michela continuò a darmi gomitate per spronarmi a parlare ma mi fu impossibile.

«Chiara, tu che farai?» domandò rivolgendosi direttamente a me.
«Io? Niente di che...parenti, pranzi e le solite cose in famiglia»
«Durante le vacanze festeggerai il tuo diciottesimo compleanno, cos'hai progettato?». Se lo ricordava e ciò mi riempì il cuore di gioia. «Dal momento che il mio compleanno è il giorno di Natale farò una festa con la mia famiglia. Per quanto riguarda gli amici, non ho ancora deciso. In realtà non voglio fare niente di esagerato»
«Ma come! I diciotto anni sono uno dei passaggi più importanti nella vita. Devi fare follie, andare a ballare, tornare l'indomani mattina. Arrivano una volta sola ed è meglio goderseli!»
«Prof, non sono una gran ballerina e non mi piace stare accalcata ad altre persone che, sudate, mi si buttano addosso»
«Prooof!!!! A Chiara ci pensiamo noi! Avrà un compleanno ME-MO-RA-BI-LE!» intervenne Michela.
«Questo è tutto da vedere. Non mi puoi mica costringere» le risposi io repentinamente.
«Vuoi scommettere!? So talmente tante cose di te che avrei mille alternative per ricattarti. Ti faccio l'elenco» sogghignò Michela.
«No no! La interruppi io. Va bene così. Tratteremo» le risposi scatenando il suo ego e facendosi applaudire dai presenti.

La professoressa sembrò molto divertita dalla situazione e rimase ad ascoltarci per un bel po' di tempo fino a quando si allontanò perché la scelsero per fare la premiazione della lotteria a premi, i cui soldi sarebbero andati in beneficenza, e si prestò a fare la valletta per i ragazzi che illustrarono le modalità di scelta dei tre vincitori.
Finita la premiazione ci iniziammo a preparare perché la campanella sarebbe suonata da lì a poco e, trovandoci alla fine dell'aula magna, aspettammo che la maggior parte dei ragazzi uscisse per evitare la confusione per le scale. I miei compagni iniziarono a fare gli auguri alla professoressa di Francesca e il cuore iniziò a battere forte nel petto perché, arrivato il momento per le mie compagne di augurarle buone feste, quest'ultime iniziarono a baciarla. Mi misi per ultima per evitare che qualcuno potesse notare il mio crescente imbarazzo e, arrivato il mio turno, c'erano solo Michela ed altre due compagne di classe con le quali avremmo fatto strada insieme.

«Auguri» le dissi semplicemente.
«Buone vacanze a te, Chiara».

Non mi ero ancora avvicinata per baciarla perché non sapevo come comportarmi. Fu lei ad avvicinarsi e a darmi un primo bacio sulla guancia, poi mi cinse le spalle tra le sue braccia stringendomi in un abbraccio e donandomi un altro bacio sull'altra guancia. Non era lo stesso bacio che aveva scambiato con le altre ragazze perché il loro era un semplice bacio di circostanza. Il mio era un bacio dolce, appassionato e spontaneo e l'abbraccio non faceva che rafforzare tutte quelle sensazioni che mi appartenevano ormai. Mi scostò i capelli dall'orecchio e mi sussurrò:

«Passa delle buone vacanze e mi raccomando. Ci vediamo presto!».

Si allontanò lentamente per regalarmi un sorriso dinnanzi al quale non potei far altro che annuire sorridendo a mia volta. Mi incamminai con le mie compagne quando improvvisamente una di loro iniziò a chiedermi delle cose strane.

«Chiara, tutto bene con la professoressa?»
«Sì, perché?» avvampaisoltanto sentendo quella domanda.
«No, niente è che lei ti ha abbracciata e ti ha anche baciata in un modo unpo'...particolare»
«Beh sì, mi ha dato un abbraccio ma niente di che.Sarà stato un caso che lo abbia fatto»
«Sarà...»

Vuoti di cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora