CAPITOLO I

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Sono passati ormai dieci anni e, adesso, sono una persona totalmente diversa rispetto alla quale di cui vi parlerò.
La mia vita è andata avanti tra alti e bassi e, adesso, mi ritrovo a riaprire un capitolo che pensavo essersi chiuso già da molto tempo ma che, evidentemente, non è riuscito mai a concludersi.
Appena chiudo gli occhi, mi immagino sempre lì: tra i banchi di quella scuola.
La scuola di cui parlo è il liceo che ho frequentato durante la mia adolescenza e che mi ha, da una parte, riempito la memoria di ricordi meravigliosi ma, dall'altra parte, messo alla prova sotto tantissimi punti di vista. Ho imparato a mie spese molte cose sui rapporti umani, ho conosciuto meglio me stessa e ho fatto capolino sulla vita non riuscendo mai, però, a comprendere fino in fondo alcuni dilemmi che si sono posti sul mio tragitto.
Sono tanti i ricordi che affiorano alla mia mente ma, di certo, ce n'è uno che prende spesso il sopravvento.
Esistono momenti, come i sogni, in cui si abbassano le difese ed io mi ritrovo, inerte, a soccombere ad essi. C'è qualcosa di ben preciso che ruba la serenità al mio sonno.
A volte, la sua forma mi appare sfuocata e non riesco neanche a definirla ma, avvicinandosi, assume i contorni di una persona, di una donna precisamente. 

So perfettamente chi sia e, venendomi sempre più vicina, c'è un dettaglio mi cattura: i suoi occhi che mi rapiscono immediatamente.

Vorrei, però, incominciare da più lontano.

Estate 2012

Avevo appena finito il secondo liceo e le mie giornate trascorrevano tra uscite con gli amici, giri in motorino e vacanze al mare. Mi piaceva la mia vita nonostante le voci sull'adolescenza che la ritenevano un periodo pieno di complicazioni e di domande che ti avrebbero messa in crisi. Io la stavo vivendo bene perché mi sentivo serena e mi destreggiavo piuttosto bene tra i doveri e i piaceri della vita.
Avrei scoperto a mie spese che la tranquillità era precaria e avrei conosciuto i tormenti molto presto ma, ritornando a quel momento, mi trovavo a mare con i miei genitori. Trascorrevo le mie giornate in totale relax inebriandomi del rumore delle onde del mare e immergendomi tra i colori dei tramonti.
Andare in vacanza con i miei genitori mi era sempre piaciuto: condividevano i miei stessi interessi e trascorrere del tempo con loro era un privilegio delle vacanze poiché, durante l'anno, erano sempre molto impegnati col lavoro.
Nonostante ciò, avevamo costruito un rapporto di fiducia meraviglioso: si sono sempre fidati molto di me e mi hanno sempre lasciata molto libera di fare ciò che volevo.
Ero una ragazzina matura, molto più rispetto all'età indicata sulla carta d'identità.

L'estate torrida procedeva velocemente e pian piano mi iniziai ad accorgere che qualcosa in me stava cambiando. Qualcosa che riguardava il mio modo di pensare e la mia visione della vita ed i miei pensieri iniziarono a diventare cupi: iniziai a mettere in dubbio tutto. Tornai da quelle vacanze un po' turbata perché iniziarono ad insinuarsi in me delle domande molto impegnative alle quali non riuscivo a rispondere. Nessuno a quell'età lì sarebbe stato in grado di rispondere a quei quesiti ma io non lo sapevo e pensai che ci fosse in me qualcosa di sbagliato.

In aggiunta, a ridosso dell'inizio della scuola, cominciai ad essere terrorizzata dall'idea di cambiare molti dei professori che avevo avuto al biennio. Avvicinandosi il terzo anno, infatti, si sarebbero aggiunte nuove materie e, di conseguenza, anche nuovi insegnanti oltre ad alcuni cambi che venivano effettuati dalla preside per motivi sconosciuti. 

I miei primi due anni di liceo non erano andati benissimo e avevo il timore che la situazione non potesse far altro che peggiorare.
Sono stata, durante la mia carriera scolastica, piuttosto studiosa ma la mia timidezza mi aveva impedito di rendere tanto quanto studiassi.
Iniziai a sentirmelo dire sin dalla prima elementare e, nonostante i miei sforzi, non riuscii mai a sormontare questo limite che mi intristiva molto.
Alle porte del terzo anno, sentivo il peso di tutti quegli anni trascorsi con quella zavorra ed avrei fatto carte false per riuscire a sbarazzarmene.


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