Arrivai a casa col cuore palpitante, ancora di più rispetto al viaggio che mi stava conducendo da lei, cenai in fretta e furia perché volevo chiamare Michela per raccontarle quel pomeriggio fuori da qualsiasi schema potesse esistere nella mia mente:
«Michela, non puoi capire cos'è successo» le dissi senza darle il tempo di proferir parola.
«Chià, cioè?! Mi devo preoccupare?»
«Mi sa di sì: ho appena baciato la prof di Francesca»
«Cooooosaaaaa?!»
«Sì, hai capito benissimo»
«Ma come è successo? Quando?»
«È successo proprio questo pomeriggio, ti ho chiamata appena ho potuto»
«Sì sì però racconta» insistette Michela.
«Le ho scritto una lettera e ho fatto una pazzia: sono andata da lei per consegnargliela. Ci siamo viste al solito posto ed eravamo nella sua macchina. Innanzitutto le ho rubato un bacio ma è stato fatto molto di sfuggita e, appena mi sono resa conto di quello che avevo fatto, mi è venuto un attacco di panico»
«In che senso un attacco di panico?» mi interruppe Michela.
«Sì, non so bene il motivo sinceramente. Mi sono fatta prendere dal panico perché non mi aspettavo di riuscire a fare una cosa del genere e non le ho dato neanche il tempo di reagire a questo mio gesto perché avevo già immaginato di aver rovinato tutto e di aver fatto un casino»
«Sempre la solita paranoica! E poi, cos'è successo?»
«Ad un certo punto mi disse che il mio era stato un "gesto d'affetto"»
«Un gesto d'affetto? Ma che significa? » mi disse ridendo Michela. «Sì, ha avuto il barbaro coraggio di dirmi così! E allora le ho fatto capire meglio...»
«Che vuol dire? Oddio, Chiara mi fai paura»
«Esagerata!! Le ho solo detto, con una tranquillità mai avuta in vita mia, che volevo baciarla di nuovo»
«Chiara? Ma davvero mi stai dicendo? Che ne hai fatto della Chiara che conosco?!» mi disse Michela continuando a sghignazzare.
«Non so cosa mi sia successo. Qualcosa si era impossessato di me» le risposi reggendo il gioco.
«Dai, continua a raccontare»
«Dopo averle detto questo, ho iniziato ad avvicinarmi verso di lei lentamente e l'ho baciata. Tutto qui»
«Tutto qui? E lei? Che ha fatto?»
«Lei? Niente, si è lasciata baciare diciamo»
«Cioè? Che vuoi dire?»
«Non mi ha allontanata ma, anzi, ho sentito distintamente le sue labbra muoversi assieme alle mie»
«Quindi ti ha ricambiata!»
«Beh, non so se si può dire che mi abbia ricambiata perché è rimasta immobile e non ha mosso un dito. In compenso, non si è allontanata né mi ha rifiutata ed è già tanto visto che era il mio timore più grande»
«Per me ti ha ricambiata! Cavolo, Chiara! Hai baciato la prof»
«Però poi le cose sono cambiate»
«Cioè? Vedi, sapevo fosse successo qualcosa»
«Non è successo niente tra me e lei ma, appena mi sono allontanata da lei, mi sono accorta di una persona in una macchina che ci guardava insistentemente»
«Oddio!»
«Quel pomeriggio la piazzetta vicino casa sua era piuttosto frequentata però non mi sarei mai aspettata che qualcuno potesse "spiarci". La persona seduta in quella macchina era una donna e, appena, mi accorsi che ci stava fissando, iniziai a sbraitare. La professoressa di Francesca si preoccupò perché non mi aveva mai vista così arrabbiata e cercò di chiedermi cosa stesse succedendo così le spiegai che c'era una donna che ci stava fissando»
«E poi, cos'altro è accaduto?»
«Lei ha cercato di calmarmi e si è girata per vedere chi fosse quella donna. Appena la vide, notai che la sua espressione cambiò perché mi disse che era una sua vicina di casa e, sentendo quelle parole, sbiancai»
«Ecco! Lo sapevo...dobbiamo sbarazzarci di un cadavere?» mi domandò Michela scherzandoci su.
«Che simpatica. C'è poco da scherzare»
«Dai, sto solo sdrammatizzando. Vi ha viste?»
«Immagino ci abbia viste in macchina assieme mentre parlavamo ma non so se abbia visto il bacio perché mi ero avvicinata molto a lei: eravamo proprio attaccate alla parte di plastica in cui c'è la cintura. Se ha visto qualcosa è un casino»
«Perché deve essere tutto così complicato? Spero non vi abbia viste. Ma, invece, come vi siete salutate?»
«Non abbiamo più toccato l'argomento bacio né signora inquietante e, al momento dei saluti, ci siamo date un abbraccio molto veloce e sono andata via»
«Ma come?! Dopo esservi baciate soltanto un abbraccio? E basta?»
«E cosa avrei dovuto fare? L'atmosfera si era rovinata ormai e non sono riuscita a fare altro. Adesso sto morendo dalla paura»
«Paura di cosa?»
«Paura che possa cambiare tutto e di aver fatto un errore gigantesco»
«Stai tranquilla, lei ti ha anche ricambiato. L'hai già dimenticato?»
«No, come potrei?! Ho ancora il cuore esageratamente agitato»
«Dì al tuo cuore di calmarsi e vai a dormire perché domani c'è scuola»
«Sì, proverò a dormire. A domani»
«Buonanotte romanticona!» mi rispose lei.Quella notte il mio cuore non ne voleva sapere di dormire e, nei momenti in cui riuscivo ad appisolarmi, mi sembrava di rivivere quel bacio ininterrottamente. Avrei voluto gridare al mondo di fermarsi per vivere e rivivere quel momento all'infinito ma il tempo spietato era andato avanti e a me rimaneva soltanto il ricordo indelebile. Non riuscivo, però, a non pensare a quella donna ed ero terrorizzata dall'idea che avesse potuto vedere quel bacio perché ciò poteva portare a catastrofi mai viste prima.
La sveglia, il giorno dopo, suonò prima del previsto ed io le avevo già scritto un'altra poesia che avrei voluto darle, non sapevo quando ma ero certa che prima o poi gliel'avrei consegnata. Quel giorno a scuola tutto sembrava andare particolarmente bene ed io ero determinata più che mai a migliorare le cose sia in ambito scolastico che in quello personale. I miei incontri con la nuova psicologa procedevano bene e stavo cercando di tirare fuori molte delle cose a cui non avevo mai dato particolare peso ma che, evidentemente, mi stavano logorando dentro. Le settimane si susseguivano una dietro l'altra senza neanche darmi il tempo di abituarmi a questo veloce scorrere e, per un po' di tempo, tra me e la professoressa non ci fu nient'altro che qualche sguardo in classe e niente di più. Durante una lezione, dal tetto della nostra classe cominciò a scendere acqua perché fuori stava piovendo molto forte così il professore andò ad avvisare la preside che ci fece immediatamente trasferire nell'aula magna che si trovava in un altro piano. Il trasloco fu faticosissimo: mancavano le sedie, i banchi, l'ambiente era gelido ed i termosifoni non riuscivano a riscaldarlo perché era eccessivamente grande ma non avevamo alternative. Iniziammo, così, a fare lezione lì e anche assemblea di classe come quella che ci fu concessa in una mattina simile a tante altre. Un'ora dell'assemblea era stata chiesta alla professoressa di Francesca ed io ne approfittai per regalarle qualche sguardo di troppo. Una decina di minuti dopo l'inizio dell'assemblea, si avvicinò a me chiedendomi di scambiare due chiacchiere fuori così mi alzai e la seguii. Mi disse di non potersi allontanare troppo e che, quindi, non potevamo andare nella stanza dove andavamo di solito.«Vieni, proviamo qui» mi disse indicandomi una porta.
La aprì ed era una specie di stanza-deposito piena di oggetti elettronici lasciati lì da chissà quanto tempo in cui polvere, fogli e altri oggetti erano ammucchiati uno vicino all'altro ma, stranamente, c'erano anche delle sedie.
«Vieni, sediamoci» continuò lei avvicinando le sedie. E così facemmo.
STAI LEGGENDO
Vuoti di cuore
RomanceQuesta che sto per raccontarvi è una storia vera: la mia. Ciao, sono Chiara e ho passato gli ultimi tre anni del liceo travolta da un'amore impossibile: quello per la mia insegnante. I suoi atteggiamenti, molte volte ambigui, mi hanno fatto perder...