Nei giorni successivi evitai tutto e tutti, anche la professoressa di Francesca che cercava il mio sguardo durante le lezioni ma io non ero presente a me stessa. Il mio guscio era lì seduto su quella sedia che mi aveva accompagnato per tanti anni ma io ero altrove. Non sapevo neanche io dove fossi di preciso perché i miei pensieri o erano un groviglio dal quale non riuscivo a venirne a capo o erano il nulla: un universo infinito di buio e tristezza e io vagavo in esso come un astronauta che si è perso.
Un giovedì, durante la lezione di biologia, bussarono alla porta ed era il bidello:
«Sto cercando Chiara: deve scendere giù dalla psicologa che la sta aspettando».
Sono sempre stata una persona molto riservata, ho passato la mia vita evitando di esprimere i miei pensieri più nascosti che ho rivelato soltanto a Michela e, recentemente, anche alla professoressa di Francesca. I miei compagni pensavano già che fossi un po' strana nell'ultimo periodo e qualcuno me lo face anche notare, anche se mai con cattiveria. Così, quell'annuncio a bruciapelo fu soltanto la conferma per tutti loro che c'era qualcosa che non andasse in me ed ero furiosa perché avevo scelto di non dire loro niente, neanche a coloro che consideravo amici. Invece, eccoli lì: tutti girati a guardare quel caso umano che ero io nell'ultimo periodo e a borbottare con curiosità tra di loro. Dopo un cenno da parte della professoressa di biologia che mi invitava ad andare, mi alzai completamente coperta di imbarazzo e, senza proferire una parola, mi avviai. Camminai per il corridoio fino alle scale e, lì ancora, per l'altro lungo corridoio. Mi accorsi solo in quel momento che stavo andando in un posto che conoscevo bene: la stanza in cui io e la professoressa di Francesca avevamo trascorso molto tempo. Entrai e ad aspettarmi c'era la psicologa designata per la nostra scuola: una donna che, già a primo sguardo, non mi stava molto simpatica.
«Ciao, Chiara. Vieni, sediamoci»
«Buongiorno» risposi glaciale.
«Allora, la tua preside mi ha detto qualcosa riguardo a quello che è successo. Mi vuoi raccontare la tua versione? Preferisco sentirla da te».
Cercava di essere gentile con me ma io ero ostile nei suoi confronti perché non volevo trovarmi lì e non volevo parlare con lei.
«Io sono qui soltanto perché la preside mi ha ordinato di farlo altrimenti avrebbe parlato con i miei genitori» risposi innervosita.
«E perché non volevi parlasse con i tuoi?»
«Perché non voglio. Me la cavo da sola e non voglio si preoccupino per me»
«Perché dovrebbero preoccuparsi per te, sta succedendo qualcosa?» mi chiese incalzante.
«Sicuramente la preside le avrà già raccontato tutto e non capisco perché dovrei ripeterle ciò che già sa» ero sempre più scontrosa anche se questo atteggiamento non mi si addiceva.
«La preside mi ha detto soltanto che forse stai attraversando un periodo un po' complicato e che magari parlare con me ti potrebbe aiutare»
«Non penso le abbia detto soltanto questo ma, comunque, sì: è un periodo complicato ma penso di potermela cavare da sola»
«Chiedere aiuto non è mai sbagliato e non è sintomo di debolezza ma di forza»
«Io non ho bisogno di aiuto: sono soltanto un po' triste nell'ultimo periodo. Penso che possa capitare a tutti no?!»
«Sì, certo! Però, magari, a volte la tristezza ci può trascinare un po' più giù del normale. Sai, l'adolescenza è una fase della vita più complicata delle altre perché ci aiuta a definire il nostro carattere, chi siamo e che posto vogliamo avere nel mondo. Non dobbiamo rispondere a tutte queste domande immediatamente ma è un percorso che ci aiuterà a capire molte cose»."Ecco le solite stronzate sull'adolescenza e sul periodo complicato e bla bla. Come se già non le avessi sentite abbastanza" pensai.
«L'adolescenza è una fase come tante altre perché non mi sembra che tutti i ragazzi si facciano le stesse domande che mi faccio io e che le affrontino male come me. Vedo tanti di loro felici e spensierati ed io non lo sono mai stata. È una questione di carattere» le dissi in risposta a ciò che mi aveva detto.
Suonò la campanella della ricreazione che mi salvò da quel discorso e da quell'incontro.
«È arrivato il momento di salutarci, magari la prossima volta continuiamo a confrontarci» disse sorridendomi.
«Se proprio devo» le risposti io acida come non mai.
«A presto, Chiara»
«Arrivederci» e uscii.Ero davvero furiosa: stavo facendo qualcosa che non avrei mai voluto fare perché costretta e i miei compagni di classe avrebbero iniziato a farmi domande grazie alla "discrezione" che aveva avuto il bidello. Più volevo tenere certe cose per me più tutto ciò che mi circondava me lo impediva. Non bastavano già le battute sulle chiacchierate tra me e la professoressa di Francesca: adesso avrebbero avuto altro di cui parlare.
Non ne potevo più.
Michela mi venne a cercare e mi trovò appoggiata ad un termosifone:
«Chiara, ehi!» urlò sventolando la sua pizzetta per attirare la mia attenzione.
«Michela, sono qui a due passi: non gridare ti prego. Ho già attirato tanti sguardi per oggi»
«Mi dispiace per la scena in classe. Certo che è stato veramente assurdo. Alla faccia della privacy!!!»
«Eh...non mi dire niente...»
«Allora, almeno dimmi com'è andata»
«Uno schifo, come doveva andare? Mi ha detto le solite stronzate sull'adolescenza»
«Dicono tutti le stesse cose: che monotonia! Ma almeno le hai detto un po' cosa ti sta succedendo?»
«No, perché avrei dovuto? È una sconosciuta come tante altre e non le racconto i fatti miei»
«Chiara, forse dovresti essere meno assolutista. Io sono dalla tua parte, eh! Però magari pian piano potresti iniziare a dirle qualcosa perché magari potrebbe aiutarti un po'»
«Ne dubito ma vedremo»
«Ma...non stai mangiando!!! Impossibile!! Vieni, ti prendo una pizzetta»
«No, non ho fame»
«Tu? Non hai fame?! Dai non farmi ridere»E, come sempre, prendendo lei l'iniziativa mi portò una pizzetta che divorai.
«Hai visto che avevi fame?!» mi disse ridendo. Risi anche io perché aveva ragione: avevo fame ma ero presa dai miei pensieri e da ciò che era successo.
«Grazie, menomale che ci sei tu. Mi capisci e, soprattutto, conosci il mio stomaco».
Tornammo in classe stringendoci le spalle a vicenda e camminammo barcollando come due ubriache giusto per ridere. Quel pomeriggio mi distesi sul mio letto, le cuffie nelle orecchie con la musica che mi teneva compagnia e mi addormentai. Sognai il mare e lei accanto a me che mi stringeva la mano in un tramonto che ci avvolgeva e che illuminava il suo viso. I suoi occhi illuminati dal rossore del tramonto erano ancora più belli ed io ero totalmente in balia di essi; sulla guancia sinistra aveva una piccola macchia della pelle e avvicinai la mia mano per sfiorarla dolcemente e un sorriso splendido si posò sul suo viso. Mi avvicinai al suo viso cercando le sue labbra per quel bacio che tanto desideravo e, proprio sul più bello, mi svegliai."Ma che cazz... proprio una fortuna svegliarsi adesso! Ma dico io?! Neanche nei sogni riesco a baciarla? Cos'è una congiura?"
Mi trascinai alla scrivania e mi misi a scrivere una delle tante poesie che affollavano la mia mente da quando l'avevo conosciuta però ero intristita dall'idea che non gliene avrei potuto leggere neanche una. Mi bastava scrivere qualcosa su di lei per sentire nel mio petto tutto l'amore che il mio cuore potesse provare ma i miei mille dubbi e le mie mille domande non tardarono ad arrivare:
"Vorrei ci fossimo conosciute in un'altra vita perché avrei potuto amarti senza riserve e senza segreti. Vorrei che questa distanza che ci separa non fosse così insuperabile, che tu non fossi impegnata e sposata con un uomo che chissà se ti ama ancora e chissà se tu lo ami ancora, che non avessi un figlio quasi della mia età e che questi trent'anni di differenza non fossero un muro che ci separa.
Vorrei poterti amare liberamente e poter entrare tra i tuoi pensieri e leggerli per capire cosa provi".Adesso, invece, vorrei tornare indietro negli anni e dire alla me di quel tempo che tutta quella storia mi avrebbe logorata e, forse, se mi avesse creduta le cose sarebbero potute andare diversamente.
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Vuoti di cuore
RomanceQuesta che sto per raccontarvi è una storia vera: la mia. Ciao, sono Chiara e ho passato gli ultimi tre anni del liceo travolta da un'amore impossibile: quello per la mia insegnante. I suoi atteggiamenti, molte volte ambigui, mi hanno fatto perder...