XXVI - Un uomo, una donna

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Quando James la trovò, Roxanne era ancora bloccata in uno stato di incoscienza.

Alcuni domestici erano scesi nell'anfiteatro per pulirlo e, vedendola pallida e spaurita sul palco, avevano subito fatto rapporto al maggiordomo. James era accorso immediatamente, le scarpe di pelle perfettamente lucidate che scivolavano veloci giù per le scale.

<<Roxanne?>> Le si avvicinò cautamente, come si fa con gli animali selvaggi e i sonnambuli, passo dopo passo, centimetro dopo centimetro. Lei non reagì alla sua presenza. Le sembrava di essere rinchiusa in una campana di vetro e tutti gli stimoli esterni le arrivavano in ritardo. <<Che è successo?>> domandò preoccupato l'uomo poggiandole una mano sulla spalla nuda.

Ebbe bisogno di qualche minuto per trovare la forza di parlare. <<Mi ha tradita di nuovo.>> La sua voce era meno che un sussurro. I suoi occhi scrutavano ancora il vuoto.

James si chinò su di lei per sentire meglio. <<Chi? Dimmi chi è stato a ridurti così, bambina.>>

Roxanne alzò lentamente lo sguardo su di lui. I suoi occhi occhi saggi la stavano già scrutando dall'alto verso il basso. <<Mio padre.>>

L'uomo strinse le labbra sottili in una linea severa. Rughe di preoccupazione gli si formarono sulla fronte e agli angoli della bocca. <<Ti porto di sopra, andiamo.>> La prese per un braccio e la tirò sù. Roxanne fece un sospiro profondo e si adeguò al suo passo tranquillo, la mano di lui poggiata sulla sua schiena per infonderle forza. <<Vedrai che si sistemerà tutto. Tu riesci sempre a trovare il modo di cavartela, non è vero?>>

Lei gli concesse un flebile sorriso. Quanto avrebbe voluto un padre come James: premuroso, genuino e leale. Si chiese cosa avesse fatto di tanto grave nella sua precedente vita per meritare una tale famiglia. <<Così sembra.>>

<<Sarà così.>> le ripetè aprendole la porta e aspettando sull'uscio che entrasse in camera sua. <<Riposati, mi raccomando. Buonanotte.>>

<<'Notte anche a te, James.>>

Il maggiordomo le rivolse un ultimo sorriso d'incoraggiamento e chiuse la porta. Roxanne si trascinò verso il letto e, senza neanche preoccuparsi di sfilarsi le scarpe, si buttò di faccia tra i cuscini. Seppellì la testa tra le piume leggere e il profumo di lavanda dell'ammorbidente e si augurò di sparire il prima possibile dalla faccia della terra.

Da qualche parte sotto il suo enorme vestito cominciò a squillare il cellulare. Grugnì. Scavò tra le sottane e ne fece emergere la sua pochette stralabbrata. Tirò fuori il telefono e accettò la chiamata senza neanche alzare il viso dal cuscino.

<<Che c'è?>> sbottò.

Qualcuno ridacchiò dall'altro capo. <<Sembra che ti faccia proprio piacere sentirmi...>>

Roxanne si tirò di scatto sui gomiti. I capelli le ricaddero scompostamente sul viso. <<Isaac?>>

<<Sembri delusa.>>

Lei fece un sorrisetto compiaciuto. <<In realtà sì. Mi aspettavo che mi chiamassi prima.>>

<<Avrei voluto. Clarke non mi si è più staccata di dosso da quando ha scoperto che sia tu che Blake siete spariti senza salutare.>>

<<Immagino. Tu che le hai detto?>>

<<Quello che avevamo concordato: che tua madre ha insistito affinché la accompagnassi a casa e che, siccome non ti andava di litigare, tu hai accettato. Resterai lì solo per qualche giorno, giusto il tempo di mettere a posto le cose e sarai di ritorno.>> recitò.

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