<<Ma che cazzo?!>>
Roxanne rilesse di nuovo il messaggio che aveva appena ricevuto con un'espressione furente sul viso scottato dalla rabbia.
Ho detto a Clarke che siamo cugini ma che le nostre famiglie hanno litigato e che non ci parliamo da anni. Non sapevo più che scuse usare. Reggimi il gioco. Scusa
- B.
P.s. Telefono criptato, non puoi rispondermi ;)
Roxanne diede un urlo di frustrazione. <<Ti ucciderò un giorno di questi!>> sbottò rivolgendosi al Bellamy nel suo telefono. Lo gettò adirata sul letto. L'idea di non potergli inviare una risposta la mandava in bestia.
Non poteva credere che Blake le avesse rifilato una cosa del genere, per di più con così pochi dettagli! E se Clarke le avesse chiesto qualcosa in merito e lei, non sapendo quasi nulla di ciò che le aveva raccontato Bellamy, le avesse detto qualcosa di completamente diverso?
<<Dio.>> imprecò passandosi una mano sul volto. Fece un giro a vuoto della camera nel tentativo di trovare qualcosa di positivo nella faccenda.
Per lo meno adesso potrò picchiarlo liberamente... pensò con un mezzo sorriso di soddisfazione. Non avrebbe più dovuto fingere di non conoscerlo, quindi d'ora in poi avrebbe potuto gettare fuori una raffica di insulti a profusione senza sembrare scortese. Be', in fondo un lato positivo c'è.
Leggermente risollevata, lanciò uno sguardo all'orologio: erano le dieci di sera. Clarke aveva cenato con Bellamy e di certo non sarebbe tornata a breve, quindi avrebbe potuto sgattaiolare via senza problemi. Guardò il suo riflesso nello specchio dall'altro lato della stanza: il mal di testa era andato un po' a scemare, ma aveva ancora l'orribile aspetto di quella mattina. Essendo domenica, non aveva avuto lezioni da seguire, e perciò non si era minimamente preoccupata di darsi una parvenza d'ordine. Era rimasta spettinata e disordinata per tutto il giorno.
Rimirandosi, la sua mente corse subito ad Isaac e si vergognò un po' della sua sciatteria. Era stranamente consapevole di volersi rendere carina per lui: era un sentimento dannatamente inusuale per una ragazza semplice e genuina come lei, tanto che iniziò a sospettare che le parole di Clarke l'avessero toccata più di quanto desiderasse ammettere con se stessa.
Ad ogni modo, decise di cambiarsi e di provare a coprire le terribili occhiaie che le deturpavano la faccia. Prese un bel paio di jeans chiari, uno di quei modelli vintage tanto in voga, e un cardigan verde salvia che adorava. Si acconciò i capelli biondi in un morbido chignon basso lasciandosi ricadere sulla fronte alcune ciocche sottili e ondulate. Applicò un bello strato di fondotinta, mise il mascara e fece maliziosamente l'occhiolino allo specchio.
<<Siamo pronte!>> esclamò facendo il segno dei pollici all'insù al riflesso di se stessa, una sciocca abitudine che non avrebbe mai perso. Infilò un paio di sneakers bianche e nascose una pistola non troppo ingombrante nella borsa. Quella rivoltella di medio calibro le stava particolarmente a cuore: un tempo era appartenuta a suo fratello maggiore. Corey l'aveva acquistata in un prestigioso negozio di armi antiche e, nel manico di legno scuro, vi aveva fatto incidere la sua frase latina preferita: vincit qui patitur, chi la dura la vince. Roxanne vi era molto legata e la portava spesso con sé in occasioni non troppo pericolose (non era molto pratica se c'era bisogno di sparare tanti colpi velocemente).
Provvista di tutto il necessario, decise di iniziare a scendere nonostante il largo anticipo. Era infatti convinta che Isaac sarebbe arrivato di lì a poco a causa della sua fobia per il ritardo. Chiuse quindi a chiave l'appartamento e si andò a sedere su una delle panchine poco distanti dal portone principale. Lì fuori il freddo le gelava le ossa e la pungeva con mille spilli in tutte le parti non coperte dal pesante giubbotto invernale. Si accese languidamente una sigaretta e lasciò che il fumo si fondesse alla condensa del suo fiato in una miscela grigia come gli occhi di Blake. Il tabacco era una dipendenza che le aveva attaccato Bellamy e non riusciva a non pensare a lui quando ne faceva uso. Le aveva insegnato lui ad aspirare e si era davvero sbellicato a guardarla tossire ai primi fallimentari tentativi. Non poteva più fumare nel piccolo gazebo dietro casa senza rivedersi lì con lui, poco più che bambini, a dividere i sigari cubani rubati dalla scatola di cedro di suo padre. Si ritrovò a provare una certa mancanza per quei tempi gioviali e ricolmi di piccole gioie quotidiane.
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Il cerchio del Male
AcciónPRIMO VOLUME DEL CICLO DE "I CLAN" Dietro le notizie sui giornali di Detroit si cela un universo ben più complesso. Lì, durante l'arcana lotta per la sopravvivenza, vige una sola legge: sangue chiama sangue. È su questo fondamento che sono stati ere...