XXVII - Questa pena ben conosco (1)

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La notte prima dell'iniziazione fu un vero inferno.

Ogni volta che chiudeva gli occhi, Roxanne riviveva la morte di Corey: il modo in cui lui le aveva fatto da scudo con il suo corpo, il sangue che gli scorreva lungo il bavero del cappotto, il freddo tocco della Morte sulla sua pelle. Nel silenzio della sua camera poteva risentire l'urlo che le era partito dal fondo della gola quando aveva visto suo fratello spirare l'ultimo respiro. Ricordava a stento i momenti che vi erano seguiti e nei suoi sogni erano rappresentati da una caos di volti e luoghi: Bellamy che la staccava dal fratello e la portava via di peso, la macchina di suo padre, il sangue incrostato sotto le unghie, il consiglio di guerra, la gelida compostezza di sua madre. Poi, di nuovo sveglia, ripensava a Bellamy allontanarsi da lei nel bosco, agli uomini che la inseguivano, alla faccia di Isaac quando l'aveva incontrata la prima volta dopo il rapimento, al sangue che scorreva dalla gola di Ludovic dopo che lei gliel'aveva tagliata. Risentiva tutto: il dolore, l'odio, la rabbia si avvicendavano in quei sogni lucidi ricchi di orrore. Avrebbe voluto chiedere aiuto con tutto il fiato che aveva nei polmoni, ma non riuscì a fare altro che vomitare la cena insieme a parte della sua sofferenza.

Alla fine si arrese e alle sei abbandonò il letto. Si lavò, si fece preparare un cappuccino e si fece un giro per schiarirsi le idee. Al ritorno bussò allo studio di James e si fece consegnare le cose che gli aveva chiesto di comprarle. Lo ringraziò e risalì il camera sua. Prese il suo telefono, lo aprì e cambiò la sim all'interno. Aveva già imparato a memoria il numero di Isaac e le sue dita volarono veloci sui tasti.

Dopo otto squilli, un leggero brusio le fece capire che la chiamata era stata accettata. <<Ciao. Sono io.>>

Si sentirono le molle del letto piegarsi. Isaac doveva essersi alzato sui gomiti. <<Roxanne. Tutto bene? Da che telefono stai chiamando?>> chiese lui allarmato, la voce ancora impastata dal sonno.

<<Sì, sta' tranquillo, sto bene. Ho chiesto a James di procurarmi una sim non rintracciabile, volevo sentirti.>>

<<Oh...>> biascicò tranquillizzandosi. <<Ma che ore sono?>>

<<Le sette e mezza. Credevo fossi già sveglio, oggi hai lezione presto. Mi dispiace di averti svegliato.>>

<<Va tutto bene. Mi hai fatto un piacere, avevi dimenticato di impostare la sveglia.>> Dopo qualche secondo di silenzio aggiunse: <<Come sta andando? E non dirmi che va tutto bene... So che non mi avresti chiamato se fosse stato così.>>

Roxanne sbuffò passandosi una mano tra i capelli arruffati. Si tirò piano le punte bionde. Non sapeva come controbattere ad un'affermazione così concisa. <<Va bene, sì, mi conosci bene.>>

<<Lo so.>> sogghignò <<Allora, qual è il problema?>>

<<Dovresti sapere che non te lo dirò...>>

<<Questo non significa che io non debba provarci. È parte della routine.>>

<<Avevo solo bisogno di una voce amica. Mi sembra di essere un'estranea in questa casa. Sono tutti così diffidenti con me... ancora più del solito! Non vedo l'ora di andarmene.>> borbottò gettandosi di schiena sul letto.

<<E io non vedo l'ora che torni.>> mormorò lui, la voce ancora ruvida.

Lei sorrise. Guardò fuori dalla finestra le nuvole scorrere veloci nel cielo terso. <<Se tutto va secondo i piani e non muoio, domani pomeriggio dovrei essere lì.>>

Lui fece un verso di gioia tanto buffo da far ridacchiare Roxanne.<<Fammi sapere a che ora hai il traghetto, così ti vengo a prendere al molo.>>

<<D'accordo. Ho lasciato le chiavi...>>

La interruppe. <<So che sembra assurdo, ma ho anche io una macchina.>>

<<Addirittura?>> domandò con sarcasmo.

<<Sì, ed è anche due volte più costosa della tua.>>

Lei spalancò la bocca sorpresa. <<Non dirmi che Ludovic ti ha lasciato la Mustang...>>

<<E l'ha anche vincolata, così non posso venderla.>>

<<Ma che...>>

<<Stronzo? Sì, molto. Però sai che ti dico? È l'unica cosa buona che mi abbia mai dato, quindi me la tengo con piacere.>>

<<Fai bene. Godertela è il miglior schiaffo morale che tu possa dare alla memoria di quell'uomo.>>

<<Spero che mi guardi dall'alto mentre ti faccio salire sulla sua auto. Una Moore nella sua stupida, preziosa macchina. Se non fosse già morto, avrebbe un infarto.>>

<<Dio, Isaac! Da quando sei così cattivo?>> domandò ridendo.

Lui fece un versetto. <<Saranno le compagnie che frequento ad avere una brutta influenza su di me...>>

<<Scemo.>> sussurrò <<Vabbè, allora buona giornata. Ci sentiamo domani?>>

<<Ma come? Vuoi già attaccare? Non è da te.>>

<<No, non voglio attaccare. Però so che se non lo faccio, tu non ti alzerai mai dal letto e non andrai a seguire i corsi all'università neanche oggi.>>

<<Oh, allora lo fai per me?>>

<<E per chi sennò?>>

<<E se io non volessi questo favore?>>

<<Allora credo che dovrò inventarmi una nuova scusa per attaccare.>>

Lui rise di gusto. Roxanne trovò la sua risata un suono molto piacevole, le ricordava il gorgoglio dei fiumi. Con rinnovata serietà lui disse: <<Spero davvero che tu riesca a tornare domani.>> Roxanne non rispose. Non ce n'era bisogno. <<Mi prometti che farai attenzione? Sono preoccupato.>>

"E fai bene", pensò lei, ma disse: <<Non devi. Io faccio sempre attenzione. È per questo che sono la migliore. Lo sanno tutti.>>

<<Preferirei che  me lo promettessi comunque. Sento che mi stai nascondendo qualcosa di grosso stavolta.>>

<<D'accordo, rompi palle.>> brontolò <<Io, Roxanne Moore, prometto solennemente di fare attenzione e di tentare in tutti i modi di non morire di noia durante uno degli eventi organizzati da mia madre in mio onore.>>

<<Eventi? Sul serio? È questo quello che sei andata a fare lì?>>

<<Non so neanche io perchè sia qui sinceramente. So solo che voglio rimanerci il meno a lungo possibile.>>

<<Allora impegnati a tornare.>>

<<Lo farò. E starò attenta, promesso.>>

<<Bene. Allora ci vediamo domani. Al molo. Sarò quello con l'auto più bella.>>

Lei sollevò un angolo della bocca. <<Ci provo. E tu non rimetterti a dormire, quella laurea non si prenderà da sola.>>

Isaac grugnì per tutta risposta e Roxanne seppe che non l'avrebbe ascoltata. Non più di quanto avrebbe fatto lei. 

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