Capitolo 13. La chioma di Nyx

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Alfea

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Alfea

Tornai nel collegio di nascosto e con la coda fra le gambe: la mia avventura su Andros era terminata prima del previsto. Nonostante non fossi realmente in grado di manipolare le ombre, come invece io e mio padre avevamo efficacemente fatto credere a tutta Magix, ero piuttosto brava a sgattaiolare nel buio. Non era neanche tardi, l'orologio segnava circa le otto di sera, però era già buio pesto ed io sfruttai quella flebile luce per farmi spazio nelle ombre, arrampicandomi sulla parete dell'edificio.

La cosa più bizzarra e vergognosa era come io, per prima, volessi fuggire da quella tanto agognata missione su Andros.
Ero quasi morta, il mio salvatore era inspiegabilmente stato Valtor, il medesimo carnefice responsabile della cecità di Aisha. Mi aspettava un terribile giudizio da parte delle Winx, un giudizio che non ero pronta ad affrontare...

Però Stella, almeno lei, non avrebbe detto nulla, né mi avrebbe fatto pesare la situazione. Certo, ancora non sapeva del misfatto (che poi, di quale misfatto stiamo parlando? Io non ho certo fatto nulla) e la sua ignoranza era per me una magra consolazione.

Non appena la fata del sole e della luna mi vide scavalcare il balcone della sua stanza, la speranza le riempì gli occhi nocciola. Era talmente sollevata da non notare nemmeno che l'elastico sgualcito con il quale raccolsi la mia chioma ormai tratteneva ben poco, e a una modaiola come lei certi dettagli non sfuggono mai!

Come immaginavo, Stella non sapeva più che pesci pigliare con i continui controlli dell'ispettrice. Sì, io non potevo usare i miei poteri, altrimenti sarebbe saltata la copertura più importante (la mia), ma tornare a lezione dicendo di "esser guarita dalla piccola epidemia di influenza" ci avrebbe sicuramente aiutate a far calare i sospetti.

In ogni caso, le mie frustrazioni erano altre: Valtor in primis, e poi il mio aspetto tremendo. Dopo aver riepilogato velocemente gli accadimenti (con le dovute censure) alla fata, la congedai e schizzai verso il bagno comune, chiudendomici dentro.

Era pegio del previsto. Mi aggrallavo al lavabo in ceramica con forza tale che credevo lo avrei distrutto. Volevo ferirmi, farmi male, infliggermi un dolore capace di risvegliarmi dall'incubo che stavo vivendo. Ma così non era, io non mi trovavo in un sogno e, nel mio tentare di affondare le unghie nella ceramica, le dita mi bruciavano.

Riuscivo a malapena a guardare la mia figura riflessa nello specchio dinanzi a me.Ad Alfea ero tornata a respirar bene, ma la velenosa atmosfera di Andros aveva lasciato segni profondi sul mio corpo.

Ero gonfia e paffuta. Le chiazze rosse sulla mia pelle erano più accese e vivide, come se l'aria salmastra le avesse alimentate. L'unica cosa vagamente gradevole del mio pingue viso erano le labbra, rosse e carnose... un fiore di inaspettata sensualità, in mezzo a quel campo di battaglia che era diventato il mio volto.

Erede dell'Oblio||𝒲𝒾𝓃𝓍 𝒞𝓁𝓊𝒷Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora