Capitolo Uno

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Veronica

Sono esausta. Non ho idea di che ore siano, ma sono piuttosto sicura che la colazione sia già stata servita da un pezzo. Sembrano tutti parecchio nervosi questa mattina, al Palazzo Reale, ma non capisco perché. È stata una notte burrascosa. Una fitta pioggia di fine estate è caduta su Roma, per poi lasciare il posto a un timido sole che adesso illumina l'erba ricoperta di rugiada dei Giardini del Quirinale.

È questo il problema di settembre. È un mese di cambiamenti, in cui tutto finisce e tutto ricomincia, non è più estate, ma nemmeno autunno. Settembre lascia sempre insoddisfatti, un po' come quella sigaretta che sei costretta a gettar via prima di aver finito, perché sta arrivando qualcuno che potrebbe vederti e nessuno può sapere che fumi, perché una Principessa non fuma.
Forse il problema non è settembre. Forse è la mia vita a rendermi insoddisfatta, anche se il solo formulare questo pensiero mi provoca un lancinante senso di colpa, proprio lì, alla base dello stomaco. In fin dei conti, perché dovrei sentirmi insoddisfatta? Io sono una Principessa. Anzi, la Principessa.

«Veronica? Veronica mi stai ascoltando?»

Sobbalzo. Sbatto le palpebre, alzandomi di scatto. Afferro il telefono che giace sul letto a baldacchino stracolmo di vestiti e avvicino il microfono alle labbra.

«Scusa, Ludo, sono qui.»

«Cosa stavi facendo?

«Niente, ero sovrappensiero.»

«Hai messo almeno sedici costumi da bagno in valigia?»

«Cosa ci faccio con sedici costumi per otto giorni?»

«Beh, due al giorno, no?»

Sedici costumi, figurarsi, io non ce li ho nemmeno sedici costumi. O forse sì, ma non è importante al momento. Sospiro, decisa a non rispondere alla gracchiante voce elettronica appartenente alla mia migliore amica. Abbandono di nuovo il telefono sul letto e punto, per l'ennesima volta, lo sguardo verso l'enorme quantità di vestiti che giacciono disseminati sul mio letto. Mio padre ha ragione, ne ho davvero troppi. Alcuni di questi non vengono indossati da mesi, forse anni, ma io ho sempre provato una profonda difficoltà ad abbandonare cose o persone che hanno fatto parte del mio passato.

«Altezza, quindi quali costumi metto da parte?»

La monotona voce di Margherita mi distoglie dal tentativo di ricordare quando ho indossato quel vestito azzurro di Valentino. Forse alla serata finale del Festival di Cannes del 2018? Guardo la donna che, come sempre in venticinque anni che la conosco, non sta sorridendo. Sono in grado di utilizzare un solo aggettivo per descrivere Margherita: fredda. Fredda nei modi, nei gesti, nelle parole, nello sguardo. Lavora a Palazzo come governante da prima che io nascessi ed è sempre stata qui, attorno a me, a occuparsi dei membri della Famiglia Reale in modo professionale e silenzioso, a volte senza nemmeno farsi notare. Eppure, io riesco solo a etichettarla come fredda. La guardo negli occhi, senza sorridere, rimpiangendo Amelia, la mia cameriera personale a letto con la febbre e dunque impossibilitata ad aiutarmi a preparare i bagagli.

«Quelli che vuoi, uno vale l'altro.»

Odio fare le valigie. È la cosa più fastidiosa del mondo, prima o poi opterò per acquistare tutto ciò che mi serve una volta giunta a destinazione.

«Ma come uno vale l'altro, non ti ho insegnato niente?»

L'urlo di Ludovica mi si infila nelle orecchie, e pure in quelle di Margherita, che sobbalza. Non riesco a nascondere una risatina.

«Fatti gli affari tuoi!» esclamo. «Pensa ai tuoi vestiti!»

«C'ho già pensato, le mie numerose valigie sono pronte e ho già scelto l'outfit per ogni serata mondana che trascorreremo a Ibiza.»

Il Manuale della Perfetta PrincipessaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora