Capitolo Ventuno

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Veronica

Non riesco a parlare. Non riesco a formulare un pensiero di senso compiuto. Anche se mi viene in mente qualcosa di intelligente da dire, le parole mi si bloccano in gola e mi viene vomitare. Come cavolo mi è venuto di baciarlo? Di baciare Cristiano Marconi, il vicequestore che si sta occupando delle indagini sulla mia aggressione, un poliziotto, un uomo bello che fatto, come è potuto succedere?

Ci sono tante cose sbagliate nella frase "La Principessa Veronica ha baciato il vicequestore Cristiano Marconi". La prima è appunto la mia qualifica, il mio essere una maledetta Principessa. Le Principesse non si mettono a baciare la gente come se nulla fosse, ci sono delle regole da rispettare. Le Principesse non baciano i poliziotti. Soprattutto i poliziotti di trentaquattro anni, con una vita propria, una famiglia alle spalle, una figlia. Poliziotti che, in ogni caso, non provano niente per loro, che non hanno mai mostrato segni di interesse, che, dannazione, si ritraggono quando provi a baciarli.

Si è tirato indietro. Cristiano ha allontanato le sue labbra dalle mie, dopo forse mezzo secondo. Sono rimasta ferma, immobile, incapace di concepire ciò che avevo appena fatto. Quando poi l'ho capito, mi sono sentita ferita. Umiliata, terribilmente umiliata da quel rifiuto così palese. Ho commesso un grandissimo a baciarlo perché, insomma, in nessun universo un bacio tra me e Cristiano potrebbe avere un senso ed è sbagliato anche solo pensarci, ma non mi sono mai sentita così mortificata in vita mia. Per un attimo, un lunghissimo e indefinito attimo, ho pensato che Cristiano volesse baciarmi allo stesso modo in cui io volevo baciare lui. Per un momento ho pensato che fossimo sulla stessa lunghezza d'onda, in sintonia. Me lo sono solo inventato.

Il traffico di Roma oggi non lascia scampo. Mi sembra quasi che l'universo ci stia mettendo del proprio a prolungare il tempo che io e Cristiano siamo costretti a trascorrere insieme. Voglio solo uscire da questa maledetta macchina, chiudermi in camera mia, farmi portare del gelato e soffocare sotto le coperte insieme a un film o un libro che possano farmi dimenticare, almeno per qualche ora, ciò che è appena successo. Invece sono ben venticinque minuti che siamo fermi in macchina.

Mi sta per venire una crisi di nervi. Afferro il telefono per la cinquantesima volta, ma non c'è nessuna notifica, le mie amiche sembrano scomparse e ho già aggiornato troppe volte il feed di Instagram. Devo distrarmi. Senza chiedere il permesso, accendo la radio. Ne viene fuori una canzone malinconica di Ed Sheeran. Perfetto, ci mancava solo lui. Sono sul punto di aprire la portiera della macchina e volare fuori, tanto siamo fermi in mezzo al traffico. Sto quasi per farlo, questo silenzio ostinato che nessuno dei due intende rompere mi sta facendo esaurire. Poi un telefono inizia a squillare. È quello di Cristiano.

«Scusa.»

Sento la sua voce, dopo quasi mezz'ora in cui mi ha ignorata completamente. Gli ha fatto così schifo, quel mezzo bacio? Cristiano, nonostante sia un tutore della legge, risponde al telefono mettendolo all'orecchio.

«Pronto, mamma?»

Non voglio ascoltare. Non mi interessa nulla di quello che Cristiano e sua madre hanno da dirsi, anzi, tutto ciò che riguarda il vicequestore Marconi, per me, da questo momento non ha più importanza. Questa è l'ultima volta che lo vedo. Ne sono certa. La Principessa Veronica non si rimangia mai la parola.

«... Va bene, mamma, hai vinto. Vado io a prenderla e la porto a casa.»

Riattacca. Stringo con forza le labbra. Noto con la coda dell'occhio che si sta finalmente degnando di guardarmi. Quale onore.

«Veronica?»

Non voglio voltarmi, ma sarebbe molto maleducato non farlo. Le Principesse sono educate. Poso gli occhi su di lui, tentando di mantenere un'espressione impassibile. Cristiano, al contrario, non riesce a incrociare il mio sguardo. Lo tiene basso, mentre si tortura i capelli neri. È visibilmente a disagio, ma non mi importa.

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