Epilogo - Parte Due

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Josh

Perché ha detto sì? Anzi, perché ha deciso di chiederglielo? Poteva limitarsi a perdonarlo, a tornare a casa e lasciar perdere quella stronzata del matrimonio. In fondo, Josh non ha mai approvato l'idea di sposarsi, perché non crede che un pezzo di carta cambia molto nel rapporto tra due persone, soprattutto tra lui e Paolo, ma lui ci tiene così tanto. Una volta gli ha fatto un discorso lunghissimo sul fatto che sia il coronamento del loro amore e che vuole solo che lui diventi suo marito, anche se poi è uscito il discorso della pensione di reversibilità e della casa, ma non importa. Si devono sposare, c'è poco da fare, ormai si è incasinato con le sue mani. Almeno Paolo sarà felice. Questo è l'importante.

L'unica cosa su cui Josh ha messo bocca riguardo il suo matrimonio è stato il menù, per il resto hanno deciso tutto sua madre e il suo futuro marito, incluse quelle maledette fedi. Sul serio, servono veramente degli anelli da scambiarsi, non è una cosa da etero? Mentre le ritira, Josh realizza che non ha ancora scritto le promesse. Forse potrebbe delegare Veronica, lei è più brava con le parole. Rispetto a lui, in realtà, chiunque è bravo con le parole. Deve anche sbrigarsi, mancano quattro giorni a sabato e sabato alle 17 si sposa. Niente più Josh Ferrante, per voi, comunità gay della capitale, sta per diventare un uomo rispettabile. Non ci crede nemmeno lui.

«Grazie mille, tanti auguri a lei e alla sua signora!» esclama l'orefice, un uomo sulla settantina che chissà perché ancora non è andato in pensione. Josh scuote la testa. Gli piacerebbe sembrare più gay.

«Riferirò», risponde, senza sorridere. Alza una mano in segno di saluto, infilandosi gli occhiali da sole, per poi uscire e ritrovarsi nuovamente nel caos di Roma. C'è troppa gente dentro quella città, Josh l'ha sempre pensato. Il solo pensiero di dover prendere, nell'ordine, un autobus, la metropolitana fino a Piramide e il treno per Ostia gli fa venire da vomitare. Bisogna andare di nuovo a quella Villa, per gli ultimi preparativi. In ogni caso, sempre meglio che infilarsi nel traffico con il rischio di restare imbottigliato tra tutte quelle auto per chissà quante ore. Vorrebbe una sigaretta, ma non può ancora fumare, non fa bene alla convalescenza. Una ferita da arma da fuoco non è una cosa da prendere alla leggera, secondo i dottori, anche se lui si sente benissimo. Si avvicina alla fermata dell'autobus numero 70, tra la folla di Piazza Venezia. Una persona che non vede da un po', ma che gli è molto familiare, gli passa accanto.

«Cristiano!» urla. «Ehi, Cristiano!»

Non ha smesso di essere figo, anche se sembra più depresso del solito. Quando mai non sembra depresso, quello. Il vicequestore sente il suo nome e si volta. Lo riconosce subito.

«Josh!» esclama. Gli stringe la mano, con il solito sorriso attraente. «Come stai?»

«Bene», risponde il biondo, facendo spallucce. «Poteva andarmi peggio.»

Cristiano coglie il sarcasmo. «Sono contento che tu stia bene.»

«Grazie. Pensa, ho addirittura le forze di sposarmi.»

L'altro sembra sorpreso da quella rivelazione. Josh era convinto che lo sapesse.

«Ti sposi? Congratulazioni!»

«Sì, non te l'ha detto...»

«No, non ci siamo sentiti.»

Avrebbe dovuto immaginarlo. Lo guarda attentamente. Sembra che stia bene, anche se porta i capelli più lunghi, la barba lasciata crescere senza cura, le occhiaie sempre presenti. Non sa se dirglielo o no. Paolo gli direbbe di farsi gli affari suoi, ma Paolo glielo dice praticamente da quando si sono messi insieme di non impicciarsi nella vita degli altri e Josh non lo ha mai ascoltato. È una persona fatalista, se il karma gli ha fatto incontrare Cristiano, proprio quel giorno, di martedì pomeriggio, a quattro giorni dal suo matrimonio, deve pur significare qualcosa.

«Comunque mi sposo sabato», gli dice alla fine, ignorando quella vocina che assomiglia pesantemente a quella del suo futuro marito che gli dice di tacere. Cristiano si sorprende, ancora.

«Porta sfortuna fare prima gli auguri?» prova a scherzare, ma Josh non ha terminato.

«Alle 17 c'è la cerimonia, a Villa Martina, non so se hai presente, quella sulla spiaggia, verso Acilia.»

«Sì, ho presente.»

«Un'oretta di noiosissima cerimonia, promesse, anelli, io vi dichiaro marito e marito e poi intorno alle sei e mezza aperitivo, si mangia, si beve, si balla, insomma, ci sei stato a un matrimonio, no?»

Cristiano non capisce dove voglia andare a parare e forse nemmeno Josh. Vede il 70 arrivare e gli fa segno di fermarsi.

«Tu comunque vieni quando ti pare, non c'è bisogno che mi dai conferma, il posto per te c'è!»

«Josh, ma che...»

«Fa la damigella d'onore!» gli urla, mentre l'autista si ferma rumorosamente davanti a lui. «Lo so, è una cosa molto gay, ma ha voluto farla per forza.»

È costretto a salire, è rimasto solo lui sul marciapiede. Prima che le porte si chiudano lo guarda ancora.

«Se vuoi siamo tutti lì, lei compresa. A meno che Paolo non mi molli sull'altare, ma non credo che succederà.»

L'autobus parte. Josh saluta Cristiano con la mano, che finalmente ha capito. È un po' duro di comprendonio, bisogna ammetterlo, ma è pur sempre un poliziotto, non può pretendere troppo. Si siede su un posto rimasto miracolosamente libero, ignorando lo sguardo ostile di una signora anziana che lo ha puntato a sua volta. Una sensazione di benessere lo invade. È così che si sentono le brave persone quando compiono buone azioni? 

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