Capitolo Otto

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Josh

Si rende conto che non andrà affatto bene già nel momento in cui apre la porta. Paolo si è chiuso a chiave, ha il vizio di tapparsi dentro casa una volta tornato dal lavoro, anche se Josh arriverà nemmeno un'ora dopo. Stasera ha fatto tardi, ma in fondo non sono nemmeno le otto.

Si rende conto che non andrà per niente bene perché il primo odore che percepisce, non appena mette piede dentro l'appartamento che condivide con il suo fidanzato, è quello inconfondibile della pasta al forno. Paolo ha preparato la cena, come sempre, anche se di solito si limita a qualcosa di molto più veloce e semplice. Quando sono troppo stanchi ordinano del cibo cinese o del sushi, mentre a volte vanno a mangiare una pizza nel locale di fronte al loro appartamento.

Questa sera deve aver cucinato per bene, realizza Josh, che più si avvicina alla cucina più avverte odori di pietanze elaborate. Lo individua indaffarato davanti ai fornelli, con il grembiule attorno alla vita.

«Ehi, bentornato.» Paolo gli sorride, non appena lo vede, appoggiato contro l'uscio della porta. Josh si sforza di farlo a sua volta.

«Hai preparato la cena. Che buon profumo.»

Il suo fidanzato arrossisce. Nonostante siano passati più di cinque anni, si imbarazza ancora quando gli fa un complimento, seppur minimo. Paolo è così, timido, lo è sempre stato e probabilmente lo sarà per sempre. L'esatto opposto di Josh.

«Ho pensato che possiamo aprire quella bottiglia di vino che ci ha regalato mio fratello. È un rosso, sta bene con la lasagna, non trovi?»

«Uhm.» Josh si sposta dalla porta, avvicinandosi ai fornelli.
«Ho dimenticato qualche ricorrenza? Perché sei in vena di festeggiare?»

Lo sente irrigidirsi. Paolo lo guarda, abbassando la testa verso l'altro, che ha qualche centimetro di altezza in meno.
«Deve esserci per forza un'occasione speciale per cucinare qualcosa di buono e bere una bottiglia di vino? Volevo solo passare una bella serata con il mio ragazzo.»

Ecco, perfetto, adesso Josh si sente in colpa. Stringe le labbra.  «È che tra dieci minuti devo tornare a Palazzo, devo lavorare.»

Paolo si immobilizza, il cucchiaio di legno ancora dentro la padella. Rimane qualche secondo in quella posizione, finché quel cucchiaio non viene posato sul marmo della cucina e lascia una grossa macchia di olio. Per un attimo, Josh è stato convinto che l'avrebbe gettato via.

«Per una volta che cucino, tu devi andare a lavorare?» Il suo tono d'accusa stupisce il suo fidanzato.

«Che cazzo ne sapevo io che ti mettevi a cucinare? Potevi anche dirmelo!»

Ha esagerato, come al solito. Si morde il labbro inferiore, cercando di trattenersi dal parlare ancora. «Vado a farmi una doccia.»

Esce dalla cucina, in un disperato tentativo di non litigare, ma Paolo non sembra dello stesso avviso.

«Dove cazzo devi andare alle otto e mezza di sera?»

Josh si blocca in mezzo al corridoio. Deglutisce, prima di voltarsi di nuovo.

«Veronica va a ballare con le sue amiche e io devo accompagnarla.»

Una risata di scherno si apre sulle labbra di Paolo. «Cioè il tuo lavoro consiste nell'andare in discoteca?»

Josh socchiude gli occhi. Prova a respirare piano, a contare fino a dieci. Non vuole davvero litigare.

«Posso forse rifiutarmi dopo che hanno tentato di ammazzarla?»

La sua domanda è neutra e corrisponde alla verità. Non ha voglia di uscire, vorrebbe restare a casa con Paolo, ma non poteva dire di no a Veronica, per quanto non sia molto d'accordo con l'idea di andare a ballare dopo pochi giorni dall'attentato. Spera che il Re e la Regina non lo scoprano mai. Guarda Paolo negli occhi scuri e, maledizione, spera davvero che lasci stare.

«Certo, che tu in discoteca ci vai solo per lavorare, giusto?»

Non ha lasciato stare, per niente. Un guizzo di rabbia sale nel cervello di Josh. La sua calma apparente è scomparsa.

«Che cazzo stai insinuando?» urla contro il suo ragazzo, in un modo troppo familiare negli ultimi tempi.

«Non può andarci nessun altro?»

«Vuoi litigare, Paolo? E allora litighiamo!»

«Non voglio litigare, è solo che...»

«No, non può andarci nessun altro, perché sono io la sua guardia del corpo e ci vado io. Anche perché non ho voglia di restare dentro casa con te, va bene?»

Silenzio. Josh si pente all'istante della frase che ha appena pronunciato, perché non è vera, per niente. Hanno urlato così forte negli ultimi due minuti, che probabilmente li ha sentiti tutto il condominio, soprattutto i vicini omofobi del terzo piano.

Paolo non trova il modo di rispondergli a quella frase così crudele. Non lo pensa davvero. Insomma, a Josh piace stare a casa con lui, con il ragazzo che ama, con l'uomo con cui sta cercando di costruire un futuro. Vero?

«Vai un po' dove cazzo ti pare, allora.»

Paolo si volta di nuovo, intenzionato a tornare in cucina. Josh si sente in colpa, ma allo stesso tempo ancora furioso. Contro chi e contro cosa ancora non lo sa.

«Paolo, tu non mi fai respirare. Dammi tregua.»

«Darti tregua? Io?»

Almeno è riuscito a farlo tornare indietro. Paolo si avvicina a grandi falcate verso di lui. Si ferma a due centimetri dal suo viso.

«Vaffanculo, Josh, vai a lavorare, fai quello che vuoi, basta che mi lasci in pace.»

Se c'è una cosa che Josh odia è essere mandato a quel paese. Per tutta risposta si dirige verso il divano, afferra la giacca e spalanca la porta, per poi sbatterla dietro di sé. Al diavolo la doccia, il proposito di cambiarsi, tanto sta andando in discoteca, mica in un posto pulito. Si infila in macchina, furioso, ma non con Paolo, con se stesso. Sta mandando tutto a puttane e non sa perché. Preme la frizione con forza e gira la chiave, il motore che fa un ruggito. Spera che la musica assordante lo distragga dai mille pensieri maledetti che gli stanno facendo esplodere il cervello.

Note di Greta

Piccolo capitolo sul nostro caro Josh, la sua storia sarà rilevante nel corso del romanzo.
Oggi mi sento buona e ve ne lascio più di uno di capitoli ❤️ Happy Sunday 🥰

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