Capitolo XX - The Books of All Time

265 8 1
                                    

I want to speak to you about
the treasures hidden in books;
and about the way we find them,
and the way we lose them [...].
All books are divisible into two classes:
the books of the hour,
and the books of all time(2).

(J. Ruskin, Sesame and Lilies)

Hermione si sentiva quasi stordita.
Si rigirò sulla poltroncina nella camera di Malfoy e chiuse le palpebre, sperando che stare per qualche minuto immobile, come una tartaruga che si rintani nel proprio guscio, le consentisse di ritornare in possesso della lucidità necessaria.
Sembrava che in quel secolo fosse destinata a passare costantemente da un'emozione all'altra, e l'una non era mai meno bruciante ed intensa della successiva e viceversa.
Non ricordava che ci fosse stato un solo giorno, da quando era giunta nel 1848, che non avesse portato con sé qualche turbamento.
Persino quanto di piacevole poteva esservi nel XIX secolo raggiungeva il suo cuore con un tale impeto da lasciarla spesso dolente. Come di una felicità dalle fiamme troppo alte.
E, quel che è peggio, qualcosa in lei si rifiutava di circoscrivere l'incendio.
Hermione, a disagio, mutò posizione e raccolse entrambe le gambe al petto, appollaiandosi così sulla piccola poltrona rivestita di morbido velluto.
Quella dove era rimasta invece seduta Belinda Griggs, durante il loro breve colloquio, era ormai vuota: l'altra se ne era volata via come un uccello esotico dal piumaggio cangiante, che si mostri soltanto per un momento ai comuni mortali.
Non era rimasta che l'impressione fugace ed amara della sua bellezza.
Erano trascorsi soltanto pochi minuti, in realtà, dal congedo della bionda strega: troppo pochi perché la ragazza riuscisse davvero a raccapezzarsi.

Hermione era tornata fra quelle mura con tutta la fermezza di una nuova scelta.
Era stanca di giocare a rimpiattino con Draco, spossata da quel continuo allungare le dita in una carezza e quindi ritrarle perché la posta in gioco non era mai stata stabilita.
Il suo animo di Gryffindor si ribellava.
La sua mente escogitava alibi per proteggere il suo cuore da possibili delusioni.
Alla luce del colloquio con il Daimon e quindi delle domande di Bran Flanagan, il suo animo aveva avuto la meglio: non era più tempo di cautele, ma tempo di scoprire le carte.
Se per tornare nel futuro doveva rischiare di perdere il cuore, l'avrebbe fatto.
Se avere risposte da Malfoy su Westminster significava toccare nervi scoperti del loro rapporto, e portarlo ad una crescita o ad un tracollo, l'avrebbe fatto.
Lo doveva a se stessa, l'Hermione Granger che apparteneva al XX secolo.
Quella nuova, energica onestà, era sbocciata con lentezza. Forse era stata la notte in cui il giovane Lord le aveva chiesto se l'avesse perdonato. E la strega si era accorta di essere ancora tanto confusa, ancora così incapace di porre in parole le proprie sensazioni, da dover rimediare.
Non era da lei non avere risposte.
C'era però una voce più lieve, che spirava nei recessi del suo animo, e le chiedeva se non avesse cominciato molto, molto prima a domandarsi quale fosse il suo rapporto con Draco Malfoy.
Magari è stato la notte della battaglia: mentre la sua mano stringeva la mia, e la mia vita la sua.

E' dunque facile immaginare da quale nuova altezza fosse precipitato l'animo della ragazza.
Hermione aveva appena raggiunto una prima – non l'ultima – vetta, dalla quale il suo sguardo poteva spaziare più limpido e sicuro sul paesaggio interiore e sul prossimo futuro. Era una piccola serenità, magari precaria e relativa, ma pur sempre reale.
Ed ecco che la strega ne era stata precipitata, prima ancora che potesse controllare se Draco fosse accanto a lei, su quella vetta.
La sceneggiata orchestrata da Theophilus Nott era stata estremamente efficace.
Ora, a posteriori, Hermione si rimproverava d'essersi fatta trarre in inganno con tanta puerile facilità. Ancor più la irritava l'idea che un uomo come Nott potesse aver previsto la sua reazione ad un possibile tradimento da parte di Malfoy.
Lui non mi conosce.
Si mordicchiò il labbro inferiore, prima di lasciarsi sfuggire un flebile sospiro.
Come poteva quell'uomo, che già aveva dato prova del più terribile cinismo, poter indovinare le sue emozioni? E meglio di quanto lei stessa avesse potuto fare!
Io non mi conosco.
Sì, forse era questa la verità: la brillante studentessa Hermione Granger non poteva aspirare a più di un Desolante in materia di sentimenti. Non era forse già stata un completo disastro con Ron?
Oh, Ron!
La giovane strega si prese la testa fra le mani e scompigliò i ricci già sufficientemente scombinati, mentre un fiotto di sensi di colpa le lasciava la bocca amara.
Era troppo acuta per non accorgersi che quei momenti di rimorso andavano affievolendosi e diradandosi. Ed erano meno acuti quanto più Draco Malfoy conquistava spazi.
Non sempre era in grado di distinguere fra ciò che apparteneva esclusivamente al suo cuore e ciò che apparteneva alle circostanze.
Sono così debole ed egoista?
Non riusciva nemmeno a paragonare i rapporti con il Lord al legame con Ron Weasley.
Il secondo era cresciuto nel tempo e, per quanti equivoci e resistenze avesse suscitato, per quanta frustrazione l'avesse pungolata, aveva l'impressione d'aver avuto molto più spazio a disposizione per comprendere se stessa e dare un nome all'emozione.
Era stato un percorso, sì, un cammino fatto di avventure condivise, di trepidazioni, di pericoli e di piccole vittorie.
Nulla a che vedere con l'irruzione che Malfoy aveva compiuto.
Qualcosa li aveva sospinti l'uno verso l'altra, in circostanze che chiunque avrebbe giudicato eccezionali: prima la battaglia di Hogwarts, poi un secolo differente da quello cui la ragazza sapeva d'appartenere.
Draco era arrivato a lei, in lei, ad una profondità sconosciuta, paradossale.

Gargoyle - Beneath the StoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora