Capitolo I - When I Am Laid in Earth

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Death is now a welcome guest.

When I am laid in earth,
May my wrongs create
No trouble in thy breast.
Remember me, but ah! forget my fate (2)

(Nahum Tate, Dido and Aeneas, atto III)

Emerse dalle tenebre come da acque profonde.

Si era dissolta, nell'oscurità priva di appigli, priva di coscienza, nell'oscurità indifferente. Ora, quando già la sua mente sembrava essersi abbandonata alla lenta ed infinita discesa negli abissi, qualcosa la riportò a galla: il suo corpo.
Come nello spasmo dell'ormai annegato che guadagna improvvisamente la superficie e nuovo ossigeno per i propri polmoni stremati, così il petto di Hermione si gonfiò di un respiro brusco, doloroso. E la riportò alla realtà.
La realtà, al momento, era un indolenzimento diffuso in tutte le membra e l'impressione di trovarsi a sguazzare nel fango.
No, non è un'impressione, registrò il cervello della strega.
Sentiva le palpebre pesanti, come se fosse rimasta a lungo incosciente. Si mosse con lentezza e fu sollevata nel constatare di non avere nessun osso rotto. Eppure la sensazione di essere stata scagliata in qualche voragine non l'abbandonava. Una voragine fangosa, per l'esattezza.
E che emanava un odore tutt'altro che piacevole. Era un miracolo che fosse rinvenuta, vista la puzza che la circondava e che non riusciva nemmeno a riconoscere: era un misto di odori di cucina – cavolfiori, brodo rancido – e qualcosa di più animalesco, come se ci fosse un allevamento di maiali nelle vicinanze. Senza contare quello che sembrava decisamente olezzo d'urina.
Hermione puntò le mani nel fango, scivolando un paio di volte prima di potersi mettere in piedi. La testa le girava ed ancora non riusciva a registrare con chiarezza ogni nuovo stimolo per i propri sensi. Si muoveva come un'ubriaca e presto piombò di nuovo a terra, sbattendo le natiche coperte dai jeans sul terreno molle.
Ricordò allora la propria bacchetta. L'aveva forse smarrita?
Il panico intensificò la nausea dovuta alla caduta ed allo spiacevole odore che la circondava. Ma almeno in questo fu fortunata: la sua bacchetta era finita a pochissima distanza da lei, soltanto un po' coperta di fango, ma ancora intatta. La ripulì passandosela sui jeans – per quanto l'idea di poter pulire qualcosa sui suoi vestiti insozzati fosse decisamente ottimista.
Seduta a terra, in attesa che il suo equilibrio fisico si ristabilisse e fosse in grado di guidarla in passi più sicuri, la giovane Gryffindor si guardò attorno. Aveva capito fin dall'inizio di non essere là dove risaliva il suo ultimo ricordo. Non c'erano sedili coperti di edera lì intorno né – questo però era un bene – alcun odore di sangue. Ma la sua logica avrebbe gradito un più coerente risveglio al San Mungo.
Invece quel che aveva attorno non somigliava proprio per niente al San Mungo.

Era un vicolo, un vicolo stretto fra due alte case di mattoni rossi. Case dozzinali, sulle cui alte pareti si aprivano, con disposizione irregolare, piccole finestre quadrate dai vetri scuri per lo sporco. Nessuna finestra era aperta ed il motivo era evidente: era una pessima giornata, di quelle che gli inglesi conoscono benissimo, quando da un momento all'altro un acquazzone può abbattersi sulle loro teste. E, a giudicare dallo strato di fango accumulato, le piogge non erano certo mancate. Anzi, dal rigagnolo che scorreva da una grondaia poco lontana, per correre giù lungo il vicolo diretto chissà dove, era chiaro che doveva aver smesso da poco di piovere.

Strano.
Lei non aveva i vestiti o i capelli bagnati di pioggia. Sporchi di fango, questo sì, ma soprattutto nella parte anteriore del corpo, dato che era stata sdraiata a pancia in giù nel vicolo ed ancora si sfregava una guancia per toglierne quell'odiosa sporcizia. La schiena però era asciutta.
Devo essere arrivata qui da poco, concluse.
Però le sembrava di esser stata così a lungo senza poter sentire alcunché...qualcuno doveva averla portata lì. Non c'erano però impronte, ad eccezione delle sue. E se era stato dopo la pioggia, questa non poteva averle lavate via.
Hermione si morse il labbro inferiore, cercando di ricostruire il puzzle degli avvenimenti.
Non sono morta, le sembrava evidente. A parte che sentiva il ginocchio ancora gonfio dalla colluttazione con i Mangiamorte, era improbabile che l'aldilà – nel quale peraltro non credeva granché – puzzasse a quella maniera. Nel caso, era una fregatura di proporzioni colossali.
Non sono un fantasma, perché i fantasmi non si sporcavano di fango e quello – ahilei! – era il suo caso.
Draco Malfoy in agonia era il suo ultimo ricordo.
No, poteva fare di meglio.
Il suo ultimo ricordo era l'incantesimo di Narcissa Malfoy che infrangeva il suo Protego e colpiva sia lei che il ragazzo moribondo. Già, perché lei l'aveva protetto con il proprio corpo, ricordava perfettamente anche questo.
Poi il buio.
Quindi, la soluzione dell'enigma era Narcissa.
Deve aver usato un incanto di smaterializzazione. Ed io devo aver perso i sensi nel tragitto.
Quest'ipotesi spiegava ogni cosa: lo stordimento, l'essere evidentemente non nel perimetro di Hogwarts, la mancanza di altre tracce che non fossero le sue nel fango. Era stata la signora Malfoy a trascinarla lì, anche se non ne capiva le ragioni.
Soprattutto perché dello Slytherin non si vedeva nemmeno l'ombra.
Era arrivata da sola fin lì, ma cosa significava? Draco era morto? Il suo cadavere avrebbe dovuto comunque essere trasportato con lei. Però le smaterializzazioni, questo lo sapeva, erano sempre rischiose. Capitava di perdere un braccio da qualche parte, era probabile che l'incanto di Narcissa avesse separato suo figlio da lei, magari proprio perché l'intento principale era spedire il ragazzo in cerca di salvezza. Al San Mungo, probabilmente.
E io credevo che volesse ucciderlo.
Si diede della stupida.
Eppure era così terribile l'immagine di Narcissa, ancora vivida nella sua mente, che sul momento aveva agito d'istinto, attribuendo alla donna un intento omicida. La strega sospirò: si era cacciata in un bel guaio e doveva solo sperare di non essere arrivata troppo lontano.
Sentì la gola chiudersi mentre domande, più importanti degli incanti di qualsiasi signora Malfoy, le salivano alla mente: che ne era stato della battaglia? Harry era riuscito a sconfiggere Voldemort? Oppure...no, era un'eventualità che si rifiutava di prendere in considerazione.
Lei era viva, questa era la prima prova che il mondo magico non era ancora nelle grinfie del Signore Oscuro. Perché, se Harry fosse caduto, e con lui quanti altri avevano combattuto la battaglia di Hogwarts, lei sarebbe stata fra i morti, dovunque Narcissa l'avesse scaraventata.
L'avrebbero cercata, trovata ed uccisa nel più breve tempo possibile.
E tutta l'Inghilterra sarebbe stata in fiamme, mentre – nonostante il lerciume del vicolo – non sembravano esserci minacce prossime.

Gargoyle - Beneath the StoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora