Capitolo IV - Who Can Live Without Dining

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He may live without books - what is knowledge but grieving?
He may live without hope - what is hope but deceiving?
He may live without love - what is passion but pining?
But where is the man who can live without dining?(2)

(Owen Meredith, Lucile, parte I, canto II)

Ad un cenno della mano di Malfoy, nel camino presero ad ardere le braci: un'onda di tepore se ne levò, bagnando la stanza d'un riverbero dorato.
Oltre la grande vetrata ad arco che si apriva sulla parete opposta all'ingresso, il cielo di Londra si faceva più spesso e brunito, forse preparandosi addirittura ad una nevicata marzolina. Ormai si distinguevano a stento i fumi delle fabbriche dei più vicini quartieri industriali e persino le assai più prossime abitazioni di facoltosi babbani sparivano nell'avanzare della buia sera londinese.
I lampioni a gas(3) che correvano lungo i marciapiedi creavano bolle di luce, riprese soltanto da quelle che sbocciavano dalle finestre del vicinato. Chissà quante famiglie erano raccolte attorno alla tavola per cena, proprio come stava accadendo alla Gryffindor ed al suo...carceriere?
Hermione lo fissò con sospetto, sfiorando con la punta delle dita le posate disposte a destra ed a sinistra del proprio piatto. Non era ancora del tutto sicura che accettare il suo invito a cena fosse stata una buona idea.
Anzi, non era nemmeno certa che si trattasse di un invito piuttosto che di un ordine.
Comunque fosse, aveva accettato.
Perché ho fame, ovvio.
Se voleva davvero opporsi alla volontà, qualunque cosa questa comportasse, di Malfoy, doveva essere in forze. Un pasto non poteva che esserle d'aiuto nel recuperare energie. In più voleva parlare con lui, scoprire di più sulla vita che conduceva nel 1848, per poter agire di conseguenza.

Nemmeno Draco era tanto più edotto sulle ragioni per cui l'aveva invitata a cenare alla propria tavola.
Perché ha fame, ovvio.
Però avrebbe potuto trovare ben altre soluzioni: sarebbe bastato essere più preciso con Wanda in merito alla quantità ed alla qualità dei pasti da servire alla Mudblood. Non era nei suoi piani farla accomodare a qualche sedia di distanza soltanto e far apparire un coperto anche per lei.
In verità, il giovane Lord cenava spesso in solitudine. La cosa non aveva mai pesato sul suo spirito, ma ora che aveva acquistato quella ragazza per la sua casa non trovava ragione sufficiente, nemmeno nel suo sangue sporco, per privarsi del diletto della sua presenza.
Voleva sperimentare quella strana compagnia e, soprattutto, voleva farle parecchie domande.
Tanto valeva farla mangiare nel frattempo.
- Qualche difficoltà? – le chiese, vedendola osservare muta le posate ed i piatti.
C'erano ostriche anche per lei, ma non aveva ancora osato toccarle.
- Io non...-
- Credi che le abbia avvelenate? – le domandò, sogghignando – Credimi, non saprei che farmene di una Mudblood morta. E nemmeno Wanda può sapere quale boccone sarà il mio e quale il tuo, quindi non devi temere –
- E' per le posate – sbuffò la ragazza, agitandosi a disagio sulla sedia dall'alto schienale.
- Ah, capisco. E' chiaro che una Mudblood non può essere educata al galateo – riconobbe, più rivolto a se stesso che alla propria interlocutrice. Quella però, risentita, afferrò la prima forchetta alla propria sinistra e infilzò ostrica e bacon.
Il Lord sollevò un sopracciglio. Selvaggia, non sapeva come altro definirla. La selvatichezza della giovane lo confondeva, perché non sembrava abbinarsi ad una mente stupida o ad una mancanza di grazia.
In qualche modo sembrava completamente aliena al suo mondo.
E' una Mudblood.
Doveva essere certo di non dimenticarlo nel corso della serata.

Il primo disagio di Hermione di fronte alla complessità di piatti, scodelline, forchette, coltelli, era svanito. La ricchezza della sala da pranzo, i movimenti controllati e saldi di Malfoy, l'abbondanza di orpelli di quella cena l'avevano stordita. Ma stava già ridimensionando la prima impressione.
Lo Slytherin era ricco sfondato.
Qualche novità in questo? Da quando conosceva la famiglia Malfoy, non aveva fatto altro che notare quanto fossero preoccupati di ostentare la distanza che li separava da lei, per sangue e per denaro.
Quella casa non era più strabiliante di Hogwarts o di qualunque altro luogo di maghi che avesse visitato.
E non aveva, né avrebbe mai avuto, il confortante calore della Tana.
Il solo ricordo di casa Weasley le chiuse la gola e dovette sforzarsi d'inghiottire l'ultima ostrica.
Draco, che aveva a propria volta finito l'antipasto, schioccò le dita.
I vassoi vuoti svanirono ed al loro posto apparvero un paio di zuppiere, una di porcellana bianca decorata da eleganti pesci azzurri, l'altra coi manici in foggia di foglie. Due profondi mestoli si mossero a mezz'aria, ordinatamente, per colmare le due scodelle a disposizione.
- Basta così – si limitava a pronunciare Malfoy, quando la zuppa versata era sufficiente.
Hermione fece altrettanto, scoprendo che il primo mestolo versava zuppa di filetti di platessa, mentre nell'altra scodellina era stata servita una zuppa di pomodoro.
Immerse il cucchiaio in quest'ultima, soltanto per appurare che era davvero perfetta: saporita, non troppo liquida, tagliata da chissà quali erbe aromatiche.
Socchiuse gli occhi, soddisfatta dal calore di cui la colmava la zuppa.
Il giovane Lord la stava osservando e la strega quasi fece cadere il cucchiaio per il disagio.
- Sembra davvero che tu non abbia toccato una cena decorosa da...quanto? – le chiese, mentre cominciava dalla platessa.
La Gryffindor rimase immobile, chiedendosi come potesse rispondere ad una domanda del genere. L'ultima cena decorosa cui aveva partecipato era stata nel 1998.
Cioè...l'altroieri?
- Da centocinquanta anni – rispose invece, con lentezza.
Quindi riprese a mangiare, ripulendo la piccola scodella dalla zuppa rossa.
Malfoy, al contrario, si era irrigidito, gli occhi grigi puntati sulla ragazza. Quando parlò, lo fece in tono piatto, senza lasciar trapelare l'inquietudine che quella risposta aveva acceso in lui.
- Ti stai prendendo gioco di me, Mudblood? – le dita del Lord erano strette sul tovagliolo candido.
- No, non oserei mai – ribatté Hermione, con sarcasmo.
- Non riesco a comprendere mai quanto tu creda davvero in ciò che dici. Avverto la tua ironia, ma so anche che nasconde qualcos'altro – riprese a mangiare la zuppa di platessa, prima di passare a quella di pomodoro.
- E vorresti sapere qual è questo qualcos'altro? –
- Sì –
- Perché? –
- Perché...- Draco si ripulì le labbra e prese un sorso d'acqua dal proprio calice - ...sei di mia proprietà. Ed io voglio sapere ogni cosa di ciò che mi appartiene -
Lo sguardo del giovane Lord era denso come piombo e le mani di Hermione tremarono di rabbia mal repressa.
- Io non sono di tua proprietà. Né sarò mai di proprietà di qualcuno – dichiarò, con un fremito di pura indignazione. Sulla bocca di Draco si accese un sorriso sornione.
- Lo credi davvero? L'uomo che amerai ti...- ma Hermione non lo lasciò finire. Rossa in volto, con le dita strette al bordo del tavolo, rispose di slancio a quell'insinuazione.
- Ron non vuole possedermi come un oggetto qualsiasi! – aveva alzato la voce e nella grande sala risuonò un'eco lieve, presto dissolta dal crepitare dei ceppi nel camino.
Le zuppiere e le scodelle svuotate sparirono ed un largo vassoio d'argento comparve sulla tovaglia candida. Un arrosto di agnello cosparso d'anice e profumato d'aglio, in un letto di patatine novelle e carciofi, occupava il vassoio, sufficiente a sfamare ben più di due persone.
Ma né Hermione né Draco lo degnarono d'un solo sguardo, perché erano intenti a fronteggiarsi, attraverso la distanza di poche sedie.
- Chi è questo Ron? Sicuramente un Mudblood come te, a giudicare dal nome dozzinale. Magari persino un babbano – ipotizzò il Lord, in tono malevolo.
- Ronald è un ottimo mago – lo difese, a spada tratta, la giovane strega – Ed è anche una meravigliosa persona – soggiunse, a voce appena più bassa.
- Non come me? E' questo che vorresti dirmi, Mudblood? –
- Sì, proprio questo. Lui non comprerebbe mai nessuno, nemmeno...nemmeno un Mangiamorte come te o tuo padre! – Hermione si accorse troppo tardi di aver toccato un tasto dolente e di aver parlato più del dovuto.
Il Draco Malfoy che aveva davanti cosa poteva saperne di Ron, dei Mangiamorte e, soprattutto, di lei? Si comportava come fosse un'estranea.
E allora cosa c'è di diverso? le suggerì una vocina maligna nella sua mente: lo Slytherin l'aveva sempre trattata come una completa estranea al mondo dei Maghi.
- Non osare nominare mio padre – le rispose, in tono ben più brutale di quello con cui era iniziata quella conversazione. Il ragazzo affondò il coltello nella carne d'agnello, tagliandola con maggiore energia del necessario – E non so cosa significhi nel tuo strano gergo "mangiamorte", ma se è un insulto come credo, farai meglio a rimangiartelo ora, Mudblood –
Hermione cincischiò con la forchetta, prima di portare alla bocca una piccola patata arrosto. Scottava, ma era morbida come burro all'interno.
- "Mangiamorte" è come si fanno chiamare i seguaci di Colui...di Voldemort – confessò, senza alzare gli occhi sul proprio interlocutore.
Anche la carne era di prima qualità, come ogni cosa di quella cena.
Esclusi i commensali, s'intende.
- Voldemort? – Malfoy sembrava davvero non potersi raccapezzare nello strambo linguaggio della ragazza. Prima quel – già odioso – Ronald, ora questo Voldemort.
- E' una storia molto lunga e complicata, Malfoy –
- Tu raccontala –
- Non sono certa di esserne in grado. Molte cose non le comprendo nemmeno io e tu...tu sembri non saperne davvero alcunché –
- Tu raccontala – ripeté il Lord, con tutta l'aria di chi non si sarebbe accontentato di qualche banale scusa – Ho tutto il tempo di ascoltarti. Poi giudicherò –
Hermione non osò domandare cosa sarebbe stato oggetto di giudizio, se lei o la storia che ormai si era rassegnata a raccontare.
Non aveva altre possibilità e prima o poi avrebbe dovuto compiere quel tentativo.
Forse Malfoy avrebbe finalmente ricordato.

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