Capitolo XIII - Master of Impieties

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Dark Angel, with thine aching lust
To rid the world of penitence:
Malicious Angel, who still dost
My soul such subtile violence![...]
Within the breath of autumn woods,
Within the winter silences:
Thy venomous spirit stirs and broods,
O Master of impieties!
The ardour of red flame is thine,
And thine the steely soul of ice(2)

(L. P. Johnson, The Dark Angel, vv. 1-4, 26-30)


Piove sempre sul bagnato.
Era un principio che Hermione aveva appreso come amica del Bambino Sopravvissuto.
Ed ora le sembrava più evidente che mai.
Il clima di marzo, piuttosto che addolcirsi in vista del cambio di stagione, aveva subito una brusca inversione: Londra era tornata ai rigori invernali.
Da due giorni non faceva altro che nevicare, piovere e quindi nevicare ancora. Per la maggior parte del tempo cadeva una neve disfatta, grigiastra per via dei fumi delle fabbriche e dei camini. Di notte si trasformava in pericolose lastre di ghiaccio, di giorno diveniva una poltiglia informe su cui le signore a passeggio finivano quasi sempre per scivolare.
La città non era mai sembrata tanto malinconica, come sotto quella cappa di neve grigia.

Naturalmente, quello era soltanto il fattore meteorologico.
Eppure quella fredda Londra rifletteva così bene l'animo fiaccato della Gryffindor, che le sembrava una conferma dell'accanirsi delle circostanze.
Aveva sperato che Bran Flanagan fosse ormai in procinto di tornare a cercarla. Le aveva parlato di una breve assenza: né il giorno stesso dell'arrivo dei fratelli Nott, né i giorni a seguire Hermione ebbe alcuna notizia dal mago.
Sapeva che avrebbe potuto recarsi da Rosaleen Collins, o meglio ancora da Barnaby Begum, ma non aveva sufficiente confidenza con nessuno dei due per poter affidare loro le proprie pene. Anzi, non era nemmeno certa di volerne parlare con Bran, che pure doveva considerare il proprio unico amico nel 1848.
L'opinione di Flanagan su Malfoy non era un mistero e, anche se non avesse voluto rimproverarle nulla, lei avrebbe potuto indovinare ogni cosa.
Questo però non significava che non desiderasse la compagnia di un amico. Sarebbe bastato poter chiacchierare un po' con il mago, magari tentare una passeggiata per Londra, e si sarebbe sentita subito meglio, questo lo sapeva. Aveva bisogno di distrazione.
E di calore umano.
Esattamente quel che le mancava in quella casa.
Avrebbe dovuto andarsene di lì, l'aveva capito subito dopo la propria umiliante conversazione con Draco davanti alla porta del laboratorio.
Ma andarsene dove?
Non aveva l'indipendenza economica sufficiente a pagare la pensione presso qualche alloggio fra maghi. In più, in quel caso, per il Lord sarebbe stato fin troppo facile rintracciarla. No, poteva solo sperare di sfuggirgli confondendosi fra i Babbani.
Di sterline in corso, però, non ne aveva mai avute per le mani, da quand'era in quell'epoca.
L'unica soluzione efficace era affidarsi alle cure di Bran Flanagan, perché le trovasse un posto dove stare, mentre tentava di tornare nel futuro. Ormai, spiegare al giovane la propria storia pareva alla Gryffindor davvero il più insignificante degli ostacoli.
Peccato che Bran fosse svanito nel nulla.
Cominciava ad essere preoccupata, anche se in effetti non le aveva detto quando sarebbe tornato con esattezza, né le aveva promesso di cercarla. Magari era lui ad essere in attesa di sue notizie.
Come fargliele pervenire?
Malfoy aveva dei gufi, ma la strega aveva la netta impressione di essere controllata.

Theophilus Nott e sua sorella erano ancora nella casa.
Ed il giovane padrone di casa si prodigava in attenzioni per i propri ospiti.
La carrozza abbandonava frequentemente la dimora per condurre i tre purosangue chissà dove, probabilmente verso qualche svago londinese che non incontrasse il biasimo di Nott.
Non c'era pasto che non consumassero assieme, né il Lord si mostrava nei quartieri della servitù. Il che aveva reso assai basse le probabilità di incontro con Hermione, la quale, al contrario, evitava di salire ai piani superiori.
Però, ogni qual volta si avvicinava all'atrio, compariva uno degli elfi domestici.
Raramente si trattava di Wanda, impegnata a servire i Nott, ma quelle creaturine si piazzavano proprio davanti al portone d'ingresso e la scrutavano coi grandi occhi umidi. Anche quando era uscita nel cortile posteriore, passando per le stalle, si era ritrovata alle costole Winfred il magonò.
Il messaggio era chiaro: uscire da quella casa non le sarebbe stato concesso tanto facilmente.
Per il momento la situazione, dal punto di vista pratico, era pressoché sopportabile.
I pasti le venivano serviti con regolarità, i suoi abiti e la biancheria lavati e stirati: materialmente non le veniva fatto mancare nulla, anche se non si incoraggiava certo la sua libertà. Non le era stato impedito di aggirarsi per la casa, a dispetto della presenza dei Nott.
Ma in verità la ragazza non ne aveva avuto la benché minima voglia.
Temeva di potersi scontrare con Theophilus o, ancor peggio, d'incontrare Bathilda, la donna al cui tradimento lei aveva collaborato. Certo, però, il più profondo rifiuto lo nutriva nei confronti di Draco, che non voleva rischiare di vedere nemmeno per sbaglio.

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