Prologo

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L'odore delle gomme soft che stridevano sull'asfalto.
Il rumore del suo passaggio sui cordoli che la portavano sul traguardo.
Il panorama color papaya che si stagliava davanti ai suoi occhi, dietro alla rete da dove poteva vedere la bandiera a scacchi.
La sensazione dello champagne sulla pelle.
Erano queste le cose che tenevano Sinne Strøm in vita.

Un nome, una garanzia.
Lei, norvegese dai capelli corvini, era l'incarnazione umana di quella che era l'ira nella sua più bella forma.
Figlia di un medico legale e di una femme fatale americana, Sinne aveva tutte le qualità che la facevano degna del suo nome.
Era impavida, arrogante, impetuosa e appassionata ma anche maledettamente attraente.

Lei sapeva di essere provocante e bella e quello le faceva respirare un' aria piena dell'odore della paura e dell'eccitazione che suscitava nelle persone che la circondavano e negli uomini che non potevano averla.
Quando passava, stretta in un vestito da gala o in una tuta ignifuga, si portava dietro gli sguardi di decine di persone che non potevano fare a meno di notare il modo in cui camminava e la sicurezza che aleggiava attorno a lei.
Era come se lasciasse una scia dietro alle grandi cuffie che pompavano musica a tutto volume nelle sue orecchie prima che entrasse nella sua monoposto e facesse magie, lasciando le emozioni e il resto nei box.
Era fredda ma allo stesso tempo bollente, in quel modo che faceva impazzire chiunque.
Era bella ma allo stesso tempo letale.

La fredda Norvegia aveva temprato la sua anima, facendo cadere tutte le emozioni superflue, le cose che mai le sarebbero servite nella vita di successo che si stava costruendo.
Si era spogliata di tutti quei panni che sembravano averla scalfita, di quelle maschere che la gente sperava si creasse, del trucco che creava ancora degli aloni di normalità in lei.
Aveva deciso di alzare così tanto il volume della musica da anestetizzare le sue orecchie e non sentire nulla mentre lasciava il suo profumo nel bel mezzo della pit-lane e marcava il territorio.

Sinne poteva tranquillamente buttare a terra chi le si paraba davanti e schiacciargli il cranio contro l'asfalto, munita di tacchi o di scarpe da corsa.
Il casco era quello che usava per contenere la sua rabbia, il suo calore e la sua passione.
Non serviva a salvarla dagli incidenti.
Serviva a salvare gli altri perché i suoi occhi, iniettati di sangue, arroganza e disprezzo potevano uccidere chiunque.
E come arricciava il naso per sputare il suo veleno letale sulla sua vittima, quello era l'ultimo gesto che faceva cadere ai suoi piedi chiunque.

Le piaceva la seta rossa.
Quella stoffa con cui poteva sedurre e uccidere, quella con cui poteva legare qualsiasi persona la testasse.
Quel colore.
Quello della rabbia, del sangue e della passione che la rendeva ancora più attraente e provocante agli occhi di tutti.

Sinne era più fatale di sua madre.
E nessuno riusciva a sopravviverle.

Heaven- MV1 & CL16Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora