Dopo gli sguardi che si erano rubati i due vecchi rivali e finite le interviste iniziò il briefing del team, inaspettatamente veloce.
Tutti, chi più chi meno, guardavano ogni tanto Sinne che volgeva le sue iridi al monitor che aveva davanti e dove i suoi giri venivano mostrati.Una volta finiti i suoi doveri al paddock la pilota passò nel suo box per salutare i meccanici e poi si diresse verso la sua macchina.
Quando salì notò qualcosa pizzicato tra i tergicristalli e allungò la mano per prenderlo, aggrottando le sopracciglia.
Era un foglietto di carta su cui una scritta era impressa tramite la grafite di una matita."Welcome in Formula 1, watch your back"
Sinne fece finta di non riconoscere quella calligrafia sbrigativa e difficile da decifrare e si sedette tranquillamente sul sedile, con capolinea l'hotel di Barcellona.
Era stata una bella giornata.
Intensa per gli storici nemici ritrovati ma una bella giornata.Charles e Max, dall'altra parte del capoluogo catalano erano seduti sui rispettivi letti e pensavano al nome che avevano visto sui cartelli della pitlane e il numero sulla livrea della Mclaren che dovevano battere ad ogni costo.
Avevano visto gli articoli che le testate pubblicavano, le voci che giravano sui social e molte foto che la ritraevano a Woking ma avevano come sperato che Sergio Perez restasse in F1 per rimandare ancora un po' l'inevitabile incontro con le temperature norvegesi.
Tutti parlavano di Sinne nel paddock.
Solo durante quella giornata Christian e Mattia avevano pronunciato più di una decina di volte il suo nome.
Quel nome.
Che gli faceva quasi paura ma che li attraeva in un modo terribile.
Che gli provocava brividi, di tensione ma anche di eccitazione.I due passarono la notte verso il 24 febbraio insonne, a pensare a cosa sarebbe successo durante quella stagione.
Charles aveva la testa sepolta nel cuscino e stringeva tra le mani la stoffa della coperta mentre Max era seduto sulla poltrona della sua stanza, con una tazza di caffè in mano.
L'olandese guardava davanti a sé, volgendo l'azzurro dei suoi occhi verso la parete.
Lui e Sinne erano simili.
Così simili da farsi male.
Entrambi erano arroganti, freddi e cinici e quello aveva provocato centinaia di scintille tra di loro fin da ragazzini.
Non le avrebbe fatto passare una bella stagione e lei avrebbe cercato di fare tutto pur di rovinargli l'occasione di vincere nuovamente il campionato piloti.La mattina dopo la ragazza si trovò nuovamente al Montmelò, pronta a saltare in macchina e migliorare la sua prestazione del giorno prima.
Indossò la sua tuta ma si prese qualche secondo in più per ammirare il suo nome, stampato all'altezza dei fianchi su di essa.
Lei si era sempre sentita norvegese anche se non lo era minimamente ed era fiera di correre sotto la bandiera rossa,blu e bianca.
Chiara, mortificata per il minuto di ritardo con cui era arrivata, era appoggiata alla porta e sorrideva sapendo di aver realizzato il suo sogno.-Sinne we're going to do more laps and less pits today, so you can test the tyres and your feeling with them-
Lei annuì, afferrando il suo casco e iniziando a camminare verso il suo box.
Appena arrivata vide la macchina e pensò quando quello era solamente un sogno lontano, come quello di una tredicenne nata e cresciuta in un paese di provincia che voleva diventare PR.Lando era seduto su una delle gomme della macchina della ragazza e rideva con il suo ingegnere, con la balaclava tra le mani.
Lui era quello che lei non voleva essere.
Una persona socievole, simpatica, calda e affabile.
Era tutto quello che lei aveva lasciato nella gelida acqua norvegese.
Forse per quello si sarebbero completati e avrebbero formato un duo imbattibile o le differenze sarebbero diventate abissi e tra loro non sarebbe cresciuto altro che odio.
Quando la vide si alzò dalla gomma e gli allungò una mano, aspettandosi un saluto amichevole che lei ovviamente non ricambiò.
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Heaven- MV1 & CL16
Romance~𝕴𝖙'𝖘 𝖆𝖚𝖙𝖔𝖒𝖆𝖙𝖎𝖈 𝕴𝖙'𝖘 𝖏𝖚𝖘𝖙 𝖜𝖍𝖆𝖙 𝖙𝖍𝖊𝖞 𝖉𝖔 In the end they were rivals, not enemies. 𝕿𝖍𝖊𝖞 𝖘𝖆𝖞, "𝕬𝖑𝖑 𝖌𝖔𝖔𝖉 𝖇𝖔𝖞𝖘 𝖌𝖔 𝖙𝖔 𝖍𝖊𝖆𝖛𝖊𝖓" 𝕭𝖚𝖙 𝖇𝖆𝖉 𝖇𝖔𝖞𝖘 𝖇𝖗𝖎𝖓𝖌 𝖍𝖊𝖆𝖛𝖊𝖓 𝖙𝖔 𝖞𝖔𝖚~