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L'atmosfera era così pesante da potersi tagliare con un coltello.
Sinne era seduta sulla sinistra del Jet, su un sedile singolo, mentre Chiara e Lando restavano silenziosi l'uno accanto all'altro, pensando ad un possibile discorso in cui includere anche la pilota norvegese che teneva tra i suoi piedi il trofeo del secondo posto appena conquistato ad Imola.
Lei guardava fuori dal finestrino con le labbra avvolte attorno alla cannuccia che pescava dalla sua borraccia una tisana verde che faceva storcere il naso ad ogni sorso, con le cuffie sulle orecchie e gli occhi semichiusi.
Le sue mani tenevano la borraccia, dando per l'ennesima volta alla PR e al collega una vista perfetta degli anelli che orbavano le sue dita su cui la luce del tramonto italiano formavano giochi interessanti.
Inizialmente Sinne voleva restare ancora una settimana in Italia ma poi i suoi pensieri da overthinker le fecero preparare le valigie e correre all'ultimo minuto verso il gate dove Chiara e il pilota britannico la aspettavano.
Spesso le succedevano cose simili.
Ora che aveva capito che lo stivale era il suo posto voleva con tutta sé stessa passare qualche giorno lì, connettendosi alla sua adolescenza passata e al periodo più bello della sua vita, ma le serate passare a pensare e a fare supposizioni le facevano sempre cambiare idea alla sola veloce immagine delle persone a cui teneva annoiate dalla sua presenza.

La norvegese si alzò, diretta al bagno, e passò davanti ai team principal ancora turbati dal suo comportamento ribelle sorridendogli all'immagine del suo " This is how legends are made" al parc fermè.

- Noccioline? -

Chiara si avvicinò a lei quando tornò sul suo sedile, cercando di farle capire di non poter più sopportare di lavorare in quell'atmosfera.

- Sono abbastanza spaziali? -

L'italiana sorrise al ricordo di uno dei primi voli che avevano passato insieme e le si gettò tra le braccia, stringendo le sue mani attorno al suo busto atletico.
Sinne era solita allontanarsi da abbracci come quello ma sentendo quanto poteva contare per la ragazza davanti a lei si limitò ad abbassare il viso, a toccare con il mento la sua testa e a sorriderle.

- I know I'm an asshole, Chiara, but I can't help it -

- It's ok, it's just ... I thought that the things you said were true -

Il volo durò solo mezz'ora e così si trovarono in un batter d'occhio nel Principato, con il tepore del mare che guardava le supercar battere tutte le strade di quel paradiso.
Il trio camminò per un po' lungo un viale costeggiato da file ordinate di palme che ricordavano coste famose e lontane, su cui sarebbero approdati due settimane dopo, ma poi si allontanarono verso i rispettivi appartamenti.
Chiara aveva affittato con l'aiuto di Lando un appartamento su una delle vie principali a qualche centinaio di metri da casa sua e quindi si sarebbero visti spesso mentre Sinne si isolava nella parte meno turistica di Montecarlo nel suo enorme attico.

Trascinava dietro di sé la sua valigia, piena di cose che non le interessavano molto, guardando davanti a sé e tenendo sul capo i suoi occhiali da sole in un disperato tentativo di tenere indietro la sua chioma corvina.
Indossava una camicia di seta rossa e un paio di pantaloni eleganti, finendo con degli stivaletti Dottor Martens che le fasciavano i piedi e le caviglie facendola sembrare una via di mezzo tra un'icona del movimento LGBTQ locale e una modella.
Attraversò l'intero principato, cercando di salutare tutti i fan che le si presentavano davanti ma comunque restando nella sua riservatezza arrogante che la faceva sentire piena di sé quando gruppi di ragazzi e ragazze la riconoscevano e tiravano fuori i telefoni.

" Nice blouse, it would look great on my place's floor "

" You can't stay away from me, Verstappen. "

Infilò il telefono in tasca per prendere le chiavi del suo appartamento e infilarle nella toppa della serratura.
Quando la porta si aprì sentì il solito vuoto invaderla ma poi sfilò il suo trofeo dalla borsa in cui era sceso dall'aereo e un profumo di Sinne Strøm e della sua freddezza le fecero chiudere gli occhi.
Strinse in una delle sue mani il grande premio e lo soppesò prima di appoggiarlo insieme alle decine di altri bei pezzi che aveva collezionato durante la sua brillante carriera.
Passò I polpastrelli sui tre trofei di Macau, i tre di Monaco e i due di Baku per poi spostarsi su quelli del RedBull Ring e tutti quelli dell'Italia a cui aveva riservato la parte più bella del mobile.
Accanto ad essi tutti i suoi caschi la guardavano minacciosi attraverso visiere firmate e persino quelli dei suoi vecchi teammate erano lì, spolverati e lucidati spesso dalla donna delle pulizie.
Appoggiò il nuovo trofeo su uno degli spazi rimasti vuoti, scrutando il grande buco illuminato da LED che aspettava ancora l'oro della Formula 1, per poi allontanarsi e contemplare le testimonianze della vita che si era costruita lontano dalla Norvegia e da quello che l'aveva resa così arrogante, narcisista e determinata a vincere.
Voleva sicurezze, contornate da champagne e odore di trionfo.

Heaven- MV1 & CL16Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora