capitolo 1

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Mi sveglio di soprassalto, respirando con fatica. Mi guardo in giro trovandomi fortunatamente nella mia stanza, sospiro di sollievo guardando il soffitto sperando di tornare a dormire, ma conoscendomi so che passerò la notte in bianco. Mi alzo dal letto per aprire la finestra, afferro poi il pacchetto di sigarette da sopra la scrivania, ne prendo una e l'accendo subito per calmarmi. Mi butto a peso morto sul letto continuando a fumare, non penso a nulla al momento. E non voglio farlo, non mi va di entrare in paranoia e avere un attacco di panico proprio adesso. Poso lo sguardo sulla sveglia che segna le 4:00 del mattino. Cazzo avrei voluto dormire di più, ma ovviamente non mi è concesso. Butto la sigaretta ormai finita nel posacenere. Mi alzo con poca forza dal letto dirigendomi nel bagno. Nel cammino tutti i miei indumenti volano letteralmente ovunque. L'acqua bollente mi deconcentra dai i miei pensieri, senza pensarci prendo il bagnoschiuma e ne metto in abbondanza sulla spunga sfregando con forza sulle gambe, pancia e braccia soprattutto sul braccio sinistro. Passo poi lo shampoo sui capelli strofinando per bene, mi butto di nuovo sotto al getto d'acqua, quando ormai tutta la schiuma è scomparsa esco avvolgendo il mio corpo con un accappatoio bianco come la neve. Sorrido come una bambina pensando a questo paragone. Mi vesto velocemente con un top rosa e una tuta bianca almeno di 3 taglie alla mia giusto per stare più comoda. Metto il pacchetto di sigarette in tasca e il telefono, scendo poi in cucina per fare colazione, non perdo tempo e mi preparo subito il mio caffè amaro e nel frattempo mangio delle fette biscottate con la marmellata.
Fortunatamente a quest'ora non c'è nessuno che mi disturba. In quest'orario mi rilasso, non ci sono rumori in casa, nessuno è di fretta, non senti il traffico in strada, fisso ancora il vuoto fin quando il caffè non è pronto. Me ne verso una tazza intera e ci aggiungo anche un goccio di latte, lo bevo tutto d'un sorso appoggiando la tazza nel lavabo. Salgo velocemente in camera, per prepararmi ed andare in università. Mi lavo i denti, mi trucco giusto lo stretto necessario e poi passo la piastra sui capelli. Fatto ciò infilo le scarpe, recupero la zaino ci butto dentro tutti i libri che mi serviranno oggi. Controllo di aver preso e velocemente mi affretto a prendere un giubbino di pelle e le chiavi della moto. Sono già le sette e se non voglio fare tardi devo muovermi. Corro in garage e salgo sulla mia amata moto, infilo il casco integrale  accelero al massimo sentendo l'adrenalina scorrere in tutto il corpo. Aumento la velocità superando molte macchine nel tragitto. Ho una fottuta rabbia dentro la quale mi sta consumando anche l' anima. Vorrei urlare, dare i numeri, confessare tutte le brutte cose che mi hanno fatto, tutta la tristezza che sento in ogni momento, ma in realtà rimango in silenzio continuando a vivere la mia vita. Passo il semaforo e giro sulla destra, accelero al massimo facendo zig-zag tra le macchine in coda, arrivo al secondo semaforo e mi fermo. Guardo un po' in giro, la mano sinistra trema un sacco, cerco di calmarmi e non faccio subito caso al guidatore della maserati affianco a me, mi sta squadrato. Alzo la visiera del casco squadrandolo a mia volta. Indossare una camicia bianca stirata alla perfezione che fascia alla perfezione i muscoli definiti, ha un naso dritto ma non eccessivamente grande, labbra carnose e ben proporzionate su un viso dai lineamenti fin troppo severi. Ma c'è qualcosa che lo rende terribilmente attraente malgrado quell'aria imbronciata e allo stesso tempo dominante. Le mani strette al volante sono affusolate e piene di vene, e per un attimo ho un fremito al basso ventre. Sul suo viso spunta un sorriso beffardo consapevole forse di ciò che sto pensando. Smetto di guardalo e concentro la mia attenzione al semaforo ormai verde, accellero facendo ruggire la moto, e dopo pochi isolati sono davanti alla mia Università. Parcheggio all'entrata, sfilando il casco appoggiandolo sul manubrio. Recupero il pacchetto di sigarette e ne accendo una e mi infilo le mie maate ray ban per il troppo sole.La voglia di iniziare le lezioni è pari a zero, e quando la campanella suona l'impulso di andarmi a fare un giro è tanta ma di malavoglia butto la sigaretta ormai consumata avviandomi all' entrata.  Percorro tutto il corridoio, lentamente, gli armadietti rosso fuoco sono in contrasto con le pareti bianche, e la puzza della pittura fresca mi infastidisce, gli studenti parlano tra di loro rumorosamente e molti si girano a fissarmi. Continuo a camminare fin quando la scena che si presenta davanti ai miei occhi non mi fa scattare. Il famosissimo giocatore di football Ryan discute se così si può dire con una ragazza. Analizzo quest' ultima per capire chi sia, ma intuisco subito sia una nuova alunna. Poco più alta di me, capelli castano chiaro, naso piccolino e delle labbra sottili, senza ombra di dubbio una bella ragazza. Indossa un maglione azzurrino con un pantalone di jeans a palazzo e infine delle converse. Il sangue mi va alla testa e tutta la rabbia repressa da stamattina mi sovrasta quando Ryan afferra la ragazza e la spinge con violenza contro gli armadietti sbraitandogli contro.
Sciocco la lingua sotto al palato, e in pochi passi sono vicino a loro. La ragazza trema spaventata. Nessuno fa niente, non hanno il coraggio di porre fine ad una violenza del genere.  <<Non volevo spingerti scusa>>la ragazza balbetta abbassando lo sguardo ma Rayn non molla, quando sta per urlargli contro lo afferro per i capelli strattonandolo via.   Do un calcio deciso dietro al ginocchio facendolo cadere su di essi. Tiro i capelli all'indietro facendolo soffocare un urlo di dolore. Quando finalmente incontra il mio sguardo si pietrifica all'istante. Sorrido diabolica, colpendolo con un paio di pugni al naso e uno alla mandibola. Il sangue che gli esce mi elettrizza ancora di più <<Ryan quante volte ti devo ripetere che non te la devi prendere con i più deboli mh?>>scuoto la testa fingendomi dispiaciuta. <<non dovresti prendertela con chi è da solo lo sai vero?>>continuo la mia falsa sferrandogli un altro pugno stordendolo ancora. <<forse dovresti chiedere scusa alla mia amica, sai benissimo quanto sono permalosa, non vorrai mica far arrabbiare i mostri>>mollo la presa lasciandolo scivolare via come un verme. Fisso negli occhi tutti gli studenti, ma nessuno dice nulla, <<non volevo spaventanti>>la voce di Ryan intisa di dolore attira la mia attenzione nuovamente <<puoi fare di meglio, voglio le tue scuse sono stata chiara?>>lo minaccio ancora e nei suoi occhi azzurri intravedo la paura e tensione. <<scusami per il mio comportamento>>sussurra Ryan dolorante. <<la prossima volta ti stacco le palle e te le metto in testa tipo unicorno sono stata abbastanza chiara? >>ringhio dandogli un paio di pacche sulla schiena come avvertimento. Riprendo a camminare disinvolta, mentre la ragazza castana comincia a inseguirmi. <<grazie per avermi difeso, comunque mi chiamo Chloè>>sussurra stringendo i libri che ha in mano come per rassicurarsi. <<Non mi devi ringraziare di niente non mi piacciono le ingiustizie, se ti da ancora fastidio ci metto due secondi a rimetterlo a posto>>detto questo giro a sinistra per entrare nell'aula di filosofia notando che mi sta seguendo <<come ti chiami?>>ignoro inizialmente la sua domanda volendo scegliere il posto migliore dove sedermi. <<Sofie Wilson>>porgo la mia mano e senza esitazione la stringe sorridendomi. Ci dirigiamo all' ultima fila, e appena ci sediamo, una marmaglia di alunni si sparpagliano per accomodarsi  prima dell'arrivo del professore Johnson. Quest'ultimo con tutta la calma del mondo entra nell'aula lentamente, analizzando tutti i presenti, sorridendo amichevole e ricambiano i saluti. Sbuffo quando i suoi occhi di ghiaccio si soffermano su di me e prende a sogghignare. E ho la consapevolezza di dovermi subire il terzo grado sia da lui sia dai miei due migliori amici..

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Modificato 22 luglio

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