Capitolo 19

1.9K 50 11
                                    

Per la prima volta in vita mia, ero felice. Stavo così bene con lui. Mi sostiene in qualsiasi cosa, cerca sempre di capire cosa mi passa per la testa,ogni mio atteggiamento,ogni dettaglio. Ogni giorno mi veniva a prendere per pranzare o cenare insieme. Forse aveva capito qualcosa, e speravo così tanto il contrario. Non ero pronta ad affrontare un discorso del genere con lui. Non adesso almeno. Passavamo molto tempo nel maneggio con Ares. Avevo conosciuto tutti li e sembravano tutti una grande famiglia allargata. Mi risveglio dai miei pensieri quando i miei genitori continuano a farmi domande senza ricevere risposta. <<sei diversa, sembri cambiata>>mio padre lascia cadere le posate sul piatto causando un rumore fastidioso. <<ah si, solo quando vi fa comodo riuscite a notare i cambiamenti>>mi faccio beffe di loro sfacciatamente. <<non dire così Sophie, sei nostra figlia,siamo preoccupati per te>>prende a parlare mia mamma quasi come se da un momento all'altro potrebbe scoppiare a piangere. <<pretendiamo delle spiegazioni>>sbotta mio padre continuando ad irritarmi e non poco. Le sovranità vogliono delle spiegazioni, le pretendono, ma chi si credono di essere per parlarmi così. <<non ci siete mai stati nel momento del bisogno,non sono tenuta ad informarvi della mia vita>>pronuncio freddamente alzandomi da tavola,perché ormai ho perso quel poco di appetito che avevo. <<adesso siamo qui e vogliamo delle spiegazioni>>insiste mio padre. <<io stavo morendo dentro e fuori, voi non ci avete mai fatto caso perché eravate troppo impegnati a pensare ad altro, quindi mettiamo fine a questa sceneggiata di bravi genitori sempre presenti e disponibili>>urlo ad un passo da una crisi di rabbia. <<mi avete lasciato da sola quando avevo bisogno di voi, ho pianto tutte le notti, ho pensato addirittura di essere un mostro e di meritarmi tutto. La vostra indifferenza, la voce cattiva che mi ripeteva di non essere abbastanza e che non smetteva mai di parlare. E voi dove eravate? Dove cazzo eravate?>>tremo dalla rabbia respirando per calmarmi. <<quel uomo è troppo grande per te, finirà per ferirti>>mormora mio padre con un tono sprezzante. Mi giro solo per guardalo negli occhi per fargli vedere quanto odio provo per loro. <<sono disposta a tutto per lui, non ho niente da perdere ormai>>detto questo salgo al piano di sopra e quando arrivo in camera, apro subito la finestra per accendere una sigaretta. Vorrei tanto stare con lui adesso, di sicuro saprebbe come calmarmi. Dicendomi che va tutto bene, che ora c'è lui che pensa a me e non devo preoccuparmi di niente più.

Il mattino dopo, stavo male. La notte non avevo dormito e l'unica cosa che avevo fatto era stato fumare senza sosta. Avevo mangiato dei biscotti per colazione giusto per non restare a digiuno. Fino all'ora di pranzo avevo seguito le lezioni,ingurgitando caffè per restare sveglia e fortunatamente la tortura era finita e potevo tornare a casa per cercare di dormire un po'. Attraverso il corridoio pieno di studenti che corrono da una parte all'altra, alcuni si girano guardami ma non mi interessa più di tanto. Arrivo al portone superando le persone che si sono fermate. Sta piovendo a dirotto cazzo, e la mia moto non è neanche al riparo. Corro sotto alla pioggia e non mi importava se mi sto bagnando. Salgo velocemente accelerando al massimo. C'è traffico ovunque, cerco di superare le macchine il più possibile, sono quasi arrivata ma la pioggia diventa così insistente da non farmi vedere niente. Succede tutto il un attimo, perdo l' equilibrio frenando piano, ma nonostante questo cado ad un'alta velocità.La moto mi va a finire addosso. Trattengo un urlo di dolore quando sento la clavicola spezzarsi. Resto un momento ferma pensando a come agire. Il dolore è fortissimo, ma con le poche forze rimaste riesco ad alzarmi. I miei jeans sono ormai rotti e pieni di sangue ma nonostante ciò mi rimetto in moto. Arrivo finalmente a casa. E mezza dolorante entro dirigendomi in camera. Mi spoglio esaminando con attenzione le ferite sulla gamba. Accarezzo la clavicola sinistra e una smorfia di dolore si forma sul mio viso. Prendo dal mobiletto l'acqua ossigenata,entrando poi in doccia. Apro la bottiglietta e comincio a versare il liquido sulle ferite. Brucia da morire, ma resisto il più possibile. Poi passo il bagnoschiuma su tutto il corpo, e nello stesso momento con la mano destra strofina lo shampoo e balsamo sui capelli, lascio che l acqua mi scivoli addosso. Quando non c'è più schiuma esco avvolgendomi con un asciugamano sia il corpo sia i capelli. Infilo l'intimo, un pantalone del pigiama e una cannottiera. Scendo al piano di sotto stendendomi sul divano. Il campanello suona insistentemente, ma non ho le forze per alzarmi di nuovo. La porta si apre, rivelando le voci di James e Kevin, che come solito stanno litigando. <<Sophie dove sei?>>James urla per farsi sentire. <<Sono qui>>alzo il braccio per farmi vedere. James si va a sedere sulla poltrona di fronte a me. <<Kevin puoi aprire la finestra per favore>>fa ciò che gli ho chiesto sedendosi anche lui su un,altra poltrona. Recupero il pacchetto, e sfilo la sigaretta accendendola con l accendino che sta dentro al pacchetto. Il silenzio è fastidioso, so benissimo che hanno visto le condizioni della moto, e di sicuro voglio delle spiegazioni. Il telefono prende a squillare, e quando vedo il nome sullo schermo il mio cuore prende a battere più velocemente. <<che fai non gli rispondi>>kevin assottiglia gli occhi avvicinandosi. <<non voglio>>replico freddamente. <<avete litigato per caso?>>indaga James leggermente preoccupato.
<<no, è solo che sono caduta dalla moto e non voglio farlo preoccupare>>chiudo gli occhi aspirando con vigore. <<che cazzo dici?>>urlano entrambi esaminandomi da testa ai piedi. Succede tutto troppo velocemente, kevin risponde al telefono, faccio per alzarmi ma il dolore è troppo. <<è caduta dalla moto, non sappiamo altro>>borbotta aspettando la risposta dall'altra parte. <<ha la clavicola rotta avvisalo che dobbiamo andare in ospedale>>interviene james continuando a controllarmi. <<in ospedale non ci vado, non potete costringermi>>ribatto inviperita. Nessuno dei due mi ascolta, infatti kevin continua a parlare a telefono per un po' e per poi staccare la chiamata. Mi arrendo, succederà un casino, sicuramente si arrabbierà un sacco. Dopo più o meno mezz'ora bussano il campanello e la mia ansia cresce. Potrebbe venirmi un'infarto da un momento all'altro. Non voglio andare all'ospedale, voglio solo riposare e basta, ma tutti e tre sembrano alleati tra loro ed io sono il nemico. Ho gli occhi chiusi quando un paio di labbra mi baciamo prima la fronte e poi un lasciano un delicato bacio a stampo, non c'è bisogno di fare niente, il mio corpo lo riconosce all'istante<<come devo fare con te nanà>>borbotta accarezzando i capelli ancora leggermente bagnati. <<Alex non voglio andare in ospedale>>blatero, aprondo gli occhi incontrando il suo viso poco distante a me. <<dobbiamo controllare il braccio ragazzina>>insiste amorevole. <<non voglio per favore>>gli stringo la mano pregandolo con gli occhi <<ho paura non ci voglio andare>>sussurro distogliendo lo sguardo. <<va bene tesoro,facciamo così, chiamo un medico e lo facciamo venire qui>>sorride in modo rassicurante. Dopo la chiamata, non ha smesso un attimo di rassicurarmi, e i miei migliori amici sono rimasti inizialmente in silenzio osservandoci. Appena il medico è arrivato, ha portato con sé anche l'ansia. Si presenta un uomo sulla cinquantina, molto cordiale e alla mano. Non ho provato tanto disagio se devo dirla tutta, ma tutto il tempo ero rimasta seduta sulle gambe di Alex. Avevo sentito tutto la paura che un attacco di panico potesse presentarsi. E stranamente non è stato così. Non potevo lamentarmi, avevo solo la clavicola rotta,ma parole del medico, potevo anche rompermi una gamba, e che la prossima volta devevi stare più attenta. E come se non bastasse ovviamente mi sono dovuta subire anche una ramanzina da tutti e tre. Hanno smesso soltanto quando nonostante le loro parole di rimprovero mi sono addormentata,rimanendo sulle ginocchia di Alex. Si era fatta quasi sera quando mi sono svegliata, ed eravamo rimasti solo noi. Il tutore al braccio non mi permetteva di muovermi più di tanto e già stavo cominciando ad odiarlo. <<torniamo a casa tesoro, ho bisogno di una doccia>>posa un bacio sul naso, scrutando la mia prossima reazione. Annuisco assecondandolo. Voglio stare con lui, non importa di niente e di nessuno. Come solito appena arrivo a casa sua, mi cambio rubandogli una felpa enorme. Non ne posso fare a meno il suo profumo lo trovo irresistibile. Più tardi per cena ho cercato di dare una mano ma l omone grande e grosso qui presente non me l'ha permesso. E mi ha intimato di stare ferma e seduta.
Sorrido quando si gira con un cucchiaio di legno in mano <<per la parte di mamma isterica sei perfetto>>rido indicando il cucchiaio,incrociando poi le gambe per stare più comoda. Si china su di me afferrando il mento tra le dita costringendomi a guardalo. <<potrei usarlo in qualche altro modo, quando fai la cattiva e agisci di testa tua>>replica spostando lo sguardo sulle mie labbra. Avvampo come una stupida, soggiogata dal suo essere. E lui sembra accorgersene perché sorride riprendendo a cucinare.

Come state? Cosa ne pensate di questo capitolo? È tardissimo lo so per pubblicare ma non sto avendo neanche il tempo per respirare. Come sempre lasciate una stellina o un commento per farmi sapere se vi sta piacendo.
Baci. E al più presto. 🥰🦋

La mia ultima speranza Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora