8.

2.1K 131 70
                                    


𖥸

𝓘l suono ripetitivo e assordante del campanello mi svegliò. Non imprecai solo perché la mattina non ero in grado di parlare e scesi le scale più lenta di una tartaruga di terra, sbattendo le ciabatte ad ogni scalino per sfogare il mio fastidio.

Appena aprii la porta, mi trovai davanti il bel visetto giovane e divertito di quello che era diventato la mia unica compagnia.

«Ti...». Mi fermai per sbadigliare. «...mancavo già?».

Strinse le labbra e mi osservò con tenerezza, squadrando il mio pigiama azzurro, il mio colore preferito, con delle nuvole e degli orsacchiotti bianchi stampati sopra. In un altro momento sarei arrossita, ma in quello la nebbiolina del sonno mi faceva comprendere le cose a metà.

«Onestamente sì, ma ho pensato ci fosse qualcosa che non andava perché non sei andata a fare la tua corsa mattutina. Giornata partita male?». Mi superò ed entrò in casa come se fosse la sua.

Mi chiusi la porta alle spalle e sbuffai, andando in cucina per prepararmi la mia solita tazza di cappuccino caldo sotto la supervisione dei suoi occhi attenti.

«Non mangi a colazione?». Mi rimproverò.

Ero in procinto di rispondere, mentre schiumavo il latte con l'apposito oggetto elettronico, ma un dettaglio mi pizzicò la mente con degli artigli affilati.

Aggrottai la fronte, ma non mi girai a guardarlo. «Come fai a sapere della mia corsa mattutina? Non mi pare di averti mai incontrato in quei momenti».

Il mio cuore perse molteplici battiti prima della sua risposta. Si era preso un po' di tempo per farlo e non era un buon segno. «Ho visto quanti shaker e proteine hai in casa quando ho cucinato da te. Poi ho visto le scarpe da corsa all'ingresso e ho fatto 2+2».

«Le corse si possono fare anche durante il pomeriggio o la sera, perché proprio la mattina?». Indagai, ma con tono tranquillo, e versando il caffè dentro la tazza.

La sua voce fu più vicina del previsto e infatti venne a poggiarsi al balcone della cucina, toccandomi il fianco con il braccio. «Mi sembri una persona mattiniera, tutto qui. Perché sei così attenta ai dettagli?».

«È il mio lavoro, ricordi?». Riportai tutto al suo posto e salii sullo sgabello.

«Tornando alla mia domanda, non fai colazione?». Guardò male prima me e poi la mia tazza fumante. Scossi la testa. «Non va bene, una fissata con il fisico come te dovrebbe saperlo».

Tasto sbagliato. «Lo so, ma non ho mai fame la mattina».

«Dovresti sforzarti di mangiare». Insisté e le mie mani già iniziarono a sudare.

Chiusi gli occhi e sospirai. «Cayman, cosa ci fai qui?».

Lo sentii sedersi al mio fianco e prendermi le mani fra le sue, accarezzandomi il dorso con il pollice in dolci e lenti cerchi che mi rilassarono la schiena e i nervi tesi. Era come se la sua presenza alleviasse il peso che portavo. Non lo toglieva, lo alleggeriva.

«Sei triste?». Il suo tono altrettanto scontento mi portò ad aprire un occhio e poi anche l'altro.

Abbassai lo sguardo. «Un po'. Ho studiato tanto e alla fine l'esame è stato rimandato perché il professore è sparito o qualcosa del genere. Qui è tutto così strano e...». Mi fermai.

AnankeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora