28.

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𖥸

𝓜i girai sul letto, stirando i muscoli intorpiditi, e la mia mano finì in automatico al lato sinistro del letto. Quando tastai solo il tessuto del piumino aprii gli occhi lentamente e sospirai, tirandomi su per appoggiarmi alla testiera del letto. 

Ero tornata a vivere a casa mia, portandomi dietro i pigiami che usavo e che fino ad ora erano rimasti a casa di Cayman. Avevo preso il mio pc, le due paia di scarpe che avevo imparato a tenere da lui per riserva, il mio secondo spazzolino e tutto quello che in quelle settimane avevo lasciato da lui, sapendo che sarei stata più lì che a casa mia. 

Cayman aveva cercato di trattenermi, ovviamente, ma non avevo voluto cedere per nessun motivo. Dovevo iniziare a distaccarmi da lui, perché da quando lo avevo incontrato la mia vita aveva preso una piega strana. Per quanto mi piacesse stare con lui, per la prima volta nella mia vita apprezzavo davvero la presenza di qualcuno, non potevo fare lo stesso sbaglio che avevo già commesso. Ero ancora in tempo. 

Mi alzai, prendendo il telefono e scendendo le scale, godendo del silenzio mattutino di - Salem - Silvertown. Tornai alla routine che avevo prima di incontrare quell'uragano di passione e sentimenti di nome Cayman Rainhill: preparai il cappuccino, tirai fuori un libro che avevo portato dalla mia piccola libreria a Manchester e, come sempre, non feci una colazione consistente. 

«Alexa, riproduci Summertime Sadness di Lana Del Rey». Girai la prima pagina, ma non sentendo il classico suono dell'accensione del dispositivo, rialzai lo sguardo. «Alexa! Riproduci-».

Mi ricordai del fatto che non funzionasse il Wi-Fi nel mio quartiere, la solita sfiga del cazzo, e sospirai. Feci partire la riproduzione direttamente dal mio telefono, usufruendo della modalità offline di Spotify. La sua voce era angelica, i suoi testi così tristi ma la melodia così rilassante. L'avrei ascoltata per ore. 

Se solo il campanello non avesse suonato. Chiusi gli occhi per tutto il tragitto, fino alla porta d'ingresso, pregando che non ci fosse Cayman dall'altra parte. La aprii e ovviamente imprecai in mente. 

Alzò una busta per metterla sotto il mio naso. «Ti ho portato la colazione». Fece per entrare, ma gli sbarrai la strada con il mio corpo e mi guardò come se lo avessi pugnalato al cuore. 

«Devo studiare, Cayman».

Annuì comprensivo. «Okay, vieni a casa mia allora?».

«Meglio di no». Abbassai lo sguardo.

«Prometto che non ti distraggo». Sorrise, ma il suo sorriso non era il solito. Era più spento, come se avesse capito che qualcosa non andava. 

Decisi di dire metà verità. «Cayman, io non ce la faccio. È da tutta la vita che sono abituata alla solitudine, allo stare solo con me stessa, e poi sei arrivato tu. Non hai solo cambiato le carte in tavola, tu hai rovesciato l'intero tavolo, e adesso non riesco più a trovare la pace da sola. Mi manchi in ogni momento, anche quando stiamo nello stesso luogo ma non ci tocchiamo, e io- io non sono pronta a vivere qualcosa del genere». 

Annuì, per metà arrabbiato e per metà rammaricato. «Quindi per tutta la vita ti sei lamentata della solitudine e ora che stai per sconfiggerla, hai paura anche di questo. Chiaro».

«Certo che ho paura! Diamine, tutti hanno paura delle cose che non hanno mai provato!». Gesticolai nervosa. 

Mi fissò furioso. «No! Se desideri una cosa per tutta la vita, quando finalmente arriva non hai paura, non hai dubbi, non provi niente che non sia la felicità di poterla finalmente avere, qualunque sia il costo da pagare!». Si voltò, come per andarsene.

AnankeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora