29.

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𖥸

𝓜entre quella notte i singhiozzi che fuoriuscivano dalla mia bocca non avevano intenzione di fermarsi, mentre le mie unghie graffiano la mia pelle durante un attacco di panico, i tuoni all'esterno mi facevano sobbalzare e le tempie quasi mi esplodevano dall'acuto dolore provocato da un mal di testa, mentre avevo la testa poggiata sulle ginocchia e le mie spalle tremavano senza che nessuno le circondasse per abbracciarmi, mi ero resa conto di una cosa.

Avevo bisogno di mio padre. Il mio limite di sopportazione da sola era finito. Non era vero quello che diceva a mia madre quando avevo pochi anni di vita: a volte non sapevo ancora cavarmela da sola.

Fregandomene altamente della pioggia, con un cappellino nero sui capelli, una felpa extralarge per coprirmi le curve, una fissazione che ancora non mi aveva abbandonato, e una borsa di tela in cui avevo messo i miei documenti, il cellulare, il portafoglio e il pc, camminai per molto tempo diretta verso l'ospedale in cui mi ero risvegliata dopo l'incidente.

Una volta dentro mi tolsi il cappellino, per rispetto e perché era bagnato, e mi avvicinai al bancone della reception. Bussai sul vetro per farmi notare e il ragazzo spostò lo sguardo dal computer fisso a me. Alzò un sopracciglio, come a dire "che vuoi?".

Sempre la solita cordialità.

«Avrei bisogno di informazioni su un paziente che è stato trasferito-».

Mi fermò subito. «Qui i pazienti non vengono trasferiti, visto che non vengono curati. Come diavolo pensi potremmo fare?!». Mi fissò male.

«In che senso non vengono curati?». Battei le palpebre.

Stava per mandarmi al diavolo, lo sentivo, ma non capivo davvero cosa stesse dicendo. Era assurdo. «Nel senso che qui entrano solo i morti, stupida. Non è un vero ospedale, è più un cimitero dove bruciamo i cadaveri degli alter eghi e curiamo i demoni per facilitare la loro guarigione, così che possano tornare al loro lavoro. Nessuno ti ha spiegato nulla quando sei arrivata? Che diamine!». Sbuffò e io mi sentii morire.

Alter eghi? Demoni?

Mi venne in mente un'idea e io la afferrai veloce così come era arrivata. Cercai di mantenere la mia voce in un tono tranquillo e non terrorizzato com'era davvero. «Posso chiederti almeno di controllare se è mai stato curato un certo demone qui?».

«Nome?».

Deglutii. Non sapevo neanche io cosa sperassi. «Ardis».

Alzò lo sguardo di scatto. «Si vede che non sai proprio un cazzo. Ardis è stato bandito, quindi non può più entrare qui».

Bandito. Mio padre era stato bandito da un luogo sconosciuto, che si chiamava Silvertown ed era esattamente nella posizione dove si trovava Salem, dove c'erano strane persone, strane abitudini e... mi stavo per sentire male. Mio padre non era mai stato qui.

Cayman aveva mentito.

«Posso chiederti ancora una cosa?». Annuì annoiato. «Una certa Melody, invece, è mai stata curata qui?».

Alzò un sopracciglio e si voltò, smanettando sul pc ad una velocità impressionante. Pochi minuti dopo inclinò la testa e si voltò di nuovo verso di me. «Sì, pochi mesi fa. È stata registrata come demone che ha avuto un incidente d'auto nell'altro mondo e che si è trasportata qui in autonomia per salvarsi. C'è scritto che chi l'ha portata l'ha lasciata direttamente nel letto d'ospedale in cui era e ha avuto una permanenza di due giorni prima di essere rilasciata».

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