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𖥸

𝓝el cartone animato Rapunzel c'era una scena in particolare dove madre Gothel si stupiva che fosse di nuovo il compleanno di Rapunzel e lei stessa le diceva qualcosa tipo "sì, mamma, la cosa bella dei compleanni è che ritornano ogni anno!". Ecco, per me era una cosa paragonabile ad una tortura dai miei dieci anni. 

Non sopportavo il mio compleanno, perché ogni singolo anno mi dava l'illusione di essere una giornata diversa, di dovermi sentire più amata e più accolta dagli altri. Era una giornata che ci avevano abituato, o meglio illuso, a vedere in modo migliore anche se era esattamente uguale al resto dei giorni. Insomma, non è che il giorno del tuo compleanno ti svegli e diventi ricca, o amata, o felice. 

Non arriva niente, quel giorno, se non ci lavori nelle settimane o nei mesi precedenti. Qualunque cosa arrivava era frutto di ciò che succedeva nel passato e sarebbe comunque successo se non fosse stato il giorno in cui sei nata, perciò tutte quelle aspettative a cosa servivano? Unicamente a distruggerti se non eri quel tipo di persona il cui telefono suonava ogni minuto per messaggi di auguri o cene fuori con amici. 

Posai la faccia sul cuscino della camera degli ospiti di Cayman e mi lasciai andare ad un urlo frustrato per iniziare la giornata al meglio. Oggi, 11 novembre, compivo vent'anni e da una parte ero felice perché sembrava chiudere un decennio, dandomi la possibilità di ricominciare, dall'altra sapevo bene che non sarebbe cambiato un cazzo. Come sempre. 

Mi alzai con i miei comodi, tanto che erano già le dieci e mezza del mattino, e scesi le scale senza fare rumore grazie alle bellissime pantofole stile stivali che avevo ritrovato in valigia, rosse e con il bordo di pelo bianco. Ero già in modalità natalizia e lo adoravo. 

Appoggiai la mano alla maniglia del frigo, guardandomi ancora i piedi con gioia, e presi il contenitore del latte. Richiudendo lo sportello del frigo una macchia di colore verde attirò il mio sguardo e quando notai un post-it misi a fuoco la frase scritta con una calligrafia sottile e disordinata.

Buon compleanno, qëtesi. La colazione è sul tavolo, pancake con fragole e nutella, e il cappuccino da scaldare in microonde. Non pensare neanche di buttarli sul tritarifiuti perché ti osservo dalle telecamere di sicurezza. 

Buona colazione, 
Cayman. 

Trattenni un sorriso mordendomi le labbra, come faceva lui, e mi voltai verso una delle telecamere con il post-it in mano. Gli feci il dito medio e gli mandai un bacio, per poi buttarlo sul tritarifiuti. 

Mi avvicinai alla tavola, che aveva il numero venti a palloncino e i pancake al centro, e mi ricordai di dover scaldare il cappuccino perciò impostai il timer del microonde ad un minuto e venti secondi circa e attesi. Quando si riscaldò tornai al tavolo, prendendo posto dove di solito si sedeva Cayman, e iniziai a tagliare i pancake in pezzi molto piccoli. 

Infilai prima le fragole con la forchetta, pulendole dalla nutella sul piatto, e le mangiai lentamente. Ad ogni fragola bevevo circa due o tre sorsi di cappuccino e sapevo perché lo stavo facendo. Bere avrebbe ingannato il mio stomaco e il senso di sazietà sarebbe arrivato prima, permettendomi di non finire i pancake. 

Ero appena arrivata a masticare il primo pezzo di pancake, anche se piccolo mangiandolo lentamente ci mettevo un po', quando la porta d'ingresso si aprì e riconobbi il proprietario di casa dal suo modo di camminare: lento, ma a passi pesanti, che facevano rumore sul parquet. Quando arrivò in cucina e vide a che stato era la mia colazione non sembrò sorprendersi, sospirò e basta. 

AnankeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora