19.

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𖥸

𝓘t's the most wonderful time of the years!

With the kids jingle belling

And everyone telling you be of good cheer

Dalle casse che Ychai aveva montato sotto la tv fuoriusciva questa canzone, presa da una playlist natalizia di spotify, che riempiva a tutto volume l'enorme spazio della villa di Cayman. Aleggiava un incredibile odore di biscotti al burro, fuori c'era così freddo che avevamo dovuto barricarci in casa per non farlo penetrare fino a lì e tutto questo unito ad Abel che correva per tutta la casa con un cappellino da finta renna di babbo natale mi riempiva il cuore di una felicità che avevo provato poche volte.

It's the most wonderful time of the year!

Era passato un po' di tempo dall'ultima volta che avevo avuto così poco da fare da non stare a contare ogni singolo giorno. Avevo ripreso a studiare ogni giorno, avevo passato un periodo a lavorare come dog sitter per i dieci cani di Ychai e il suo coinquilino, anche se per Cayman era stato il periodo peggiore della sua vita, ed ero tornata a vivere a casa mia appena mia madre era ripartita sapendo che non sarebbe tornata prima di gennaio a causa delle continue feste di quel periodo.

So che era cattivo pensarlo, ma dopo tutto il male che mi aveva inflitto quel giorno ero felice che stesse lontana da me, almeno finché non avrei raccolto tutti i miei pezzi, li avrei incollati di nuovo insieme e sarei stata in grado di ricominciare da capo.

«Melody, porta il tuo culetto qui e assaggia!». Mi richiamò Ychai dalla cucina e io seguii la sua voce fino al piano cottura, dove lui e Cayman stavano cucinando ognuno le pietanze della propria terra.

Quest'ultimo, infatti, senza neanche guardarlo prese un mestolo pulito e lo colpì alla nuca. «Non parlare del suo culo. Non parlare di lei e basta».

«Posso parlare con lei allora!». Ychai ghignò soddisfatto, prima di ricevere un ulteriore colpo alla nuca.

Cayman sbuffò. «Neanche!». Ringhiò.

Ignorai entrambi con un sorriso e mi rivolsi ad Ychai. «Prima dimmi cosa diavolo è».

«Un piatto islandese di merda». Lo scimmiottò Cayman, che ricevette uno spintone subito dopo.

Ychai scosse la testa esasperato. «Sono irlandese! Quante volte devo ripetertelo, coglione?».

«Attento come parli in casa mia, testa di cazzo!». Borbottò Cay.

«Faccia di culo». Continuò Ychai.

Sospirai. «Ragazzi!». Finalmente tornò a rivolgersi a me.

«Si chiama stufato di manzo alla Guinness, perché è realizzato con una salsa a base di birra Guinness. Ci ho messo patate, carne di marzo e carote». Finì di cospargere la carne con la salsa, di un colore più marrone della salsa barbecue ma molto simile, e fu una scena così appetitosa che sentii il mio stomaco brontolare. Prese un pezzo di carne e lo infilzò con la forchetta, intingendolo nella salsa caduta sul fondo del piatto di ceramica.

Mi imboccò con un orgoglio sul viso così tenero che se anche avesse fatto schifo, non avrei mai trovato il coraggio di dirglielo. Io almeno, perché Cayman ne rubò un pezzo e assunse una faccia a metà fra il deluso e lo schifato, ma le mie papille gustative sapevano che stesse mentendo. Era fenomenale: la carne era ben cotta, ma morbida e non secca, le patate avevano reso la salsa di una consistenza più densa e la birra donava al tutto un gusto più particolare, alcolico e pungente il giusto.

AnankeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora