10.

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𖥸

Melody

𝓔ro stata "dall'altra parte", a essere interrogata e non a interrogare, solo un'altra volta oltre questa e mi ero ripromessa di non finirci più. Lo speravo almeno.

L'ultima volta il sangue secco e incrostato sulle nocche, i vestiti stropicciati e mezzi strappati, gli occhi gonfi di pianto e la voglia di non dire nulla l'avevo io. Ma io ero ancora viva. Lei, chiunque essa fosse, non aveva avuto la stessa fortuna.

Quando avevamo chiamato il 911 ci avevano messo almeno una trentina di minuti ad arrivare sul posto e questo mi aveva reso furiosa, perché mi aveva ricordato la sensazione che avevo provato sulla mia pelle quando quel giorno, quel maledetto giorno, anche quell'auto della polizia ci aveva messo troppo. Se solo fossero arrivati in anticipo la prima volta, la loro presenza non sarebbe stata inutile la seconda.

E probabilmente mio nonno sarebbe ancora qui, a comprare la mia pizza preferita il sabato anche se a lui non piaceva, con due coca cola sul tavolo e un film Disney in tv. Avrei voluto fosse realtà, ma era solo un ricordo.

«Rainhill, Hunt». Ci richiamò un agente, lo stesso che ci aveva interrogati separatamente, con un fascicolo in mano. Entrambi ci alzammo in piedi. «Potete andare».

«Richiamerete per una seconda testimonianza o...». Attesi.

L'agente neanche mi guardò. «No no, potete andare, come se niente fosse successo. Il caso è stato archiviato».

«Archiviato?!». Quasi strillai e Cayman mi posò una mano sulla spalla come se volesse calmarmi, ma io me la scrollai di dosso.

L'agente mi fissò annoiato. «Non si sa molto sulla donna, in più era la sera di Halloween, perciò-».

«Perciò questo vi dà il diritto di archiviare il caso senza indagare perché ovviamente vi pesa troppo il culo, giusto? Non importa se quella donna aveva una vita o cosa faceva in essa prima che fosse troncata in quel modo?!». Ringhiai.

Cayman mi si parò davanti. «Melody, andiamo».

«No!». Mi divincolai. «Sono quelli come voi, miseri poliziotti di merda che hanno scelto questo lavoro solo per la paga, che distruggono il lavoro di chi come me ci mette l'empatia!».

L'agente mi fulminò e si avvicinò, immaginai quasi di vedere i suoi occhi passare ad un giallo più vivace. «Attenta a come parli, ragazzina, o farai la stessa fine».

«Ehi!». Tuonò Cayman, voltando la testa per fissarlo male, e qualunque cosa l'agente vide nei suoi occhi lo convinse a darsela a gambe verso il suo ufficio. Poi tornò a me.

«E tu, muovi il culo fuori da questo commissariato!». Mi ringhiò sul viso, furioso come mai prima d'ora.

Aprì la porta e mi spinse letteralmente fuori, stavolta senza nessun tipo di delicatezza. Parlò solo quando tornammo vicino la sua jeep e solo per urlarmi contro. «Se io ho fretta di andare, porca troia, è perché dobbiamo andare, Melody! Farai meglio a capirlo presto!».

«Quindi a te sta bene che abbiano archiviato il caso?». Sibilai.

«Non lo trovo giusto, ma non significa che mi metterò contro la polizia per questo! Se ci fossi stata tu su quel lettino dell'obitorio non ci sarebbe stato nessuno a fare quello che hai tentato di fare tu, perché la gente è egoista e a questo mondo puoi sopravvivere solo se lo sei!». Tuonò, i suoi occhi erano così scuri da sembrare neri e le sue labbra arricciate dalla rabbia.

AnankeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora