Jimin non smetteva più di provarsi tutti i capi del suo armadio, non riuscendo a capire quale gli stesse meglio, rispetto a tutti gli altri.
Per sua sfortuna, anche Tae era nella sua stanza, stuzzicandolo e prendendolo in giro per quanto ci tenesse a fare bella figura.
"Non sai nemmeno se sia un appuntamento, Jimin." disse il suo migliore amico mangiando l'ultimo snack rimasto.
"Smettila di sfrantumare i miei sogni, continui a farlo dal liceo." disse Jimin aggiustandosi i capelli con una piccola spazzola.
"Inoltre, non puoi sapere realmente se lui abbia una cotta per te."
Infatti, non poteva esserne sicuro come 193 lo era sempre stato con lui. Ma, adesso si illudeva quasi sempre, da quando il ragazzo gli aveva regalato il suo numero.
Si sedette, sembrando più confuso di quanto mai fosse stato prima.
Tae si avvicinò, cercando di confortarlo: "Scusami, sono soltanto preoccupato e vorrei che tutto andasse meglio. Hai sofferto fin troppo."
Il suo amico aveva ragione, e lui si sentiva come un ragazzino in preda alla sua prima cotta adolescenziale.
"Non so nemmeno perché mi piaccia, è davvero insopportabile."
"Anche Jungkook era davvero insopportabile, ma guardaci ora" disse Tae con una risatina.
Jimin guardò l'orologio, rendendosi conto che si stava facendo tardi. Così, salutò il suo migliore amico e corse verso il locale.
Non sapeva nemmeno perché volesse vederlo.
Abbracciò Alfred, sentendosi di nuovo bambino per un attimo.
Sembrava come essere tornati indietro nel tempo. Lui, seduto a bere il suo drink preferito, nonostante quel giorno non stesse aspettando nessuno, e adesso invece, non smetteva di guardare il suo orologio.
Le ore passarono, ma il ragazzo non entrò da nessuna porta e la giornata stava quasi per concludersi.
Si sentiva uno stupido, solo per essersi fidato di lui, e per aver sprecato un intero pomeriggio al suo pensiero.
Continuava a ferirsi da solo, e avrebbe davvero voluto terminare la sua esistenza in quel preciso istante.
Uscì dal locale, dopo aver creato altre cicatrici, che con le altre, facevano davvero molto male.
Doveva comportarsi da uomo, e non far sì che le lacrime bagnassero le sue guance. Ma in quel momento non importava più niente.
La vita non voleva regalargli felicità, ma solo schiacciarlo e vedere fino a che punto arrivasse.
Voleva odiare quel ragazzo, ma non riusciva e sentiva dentro di lui che c'era qualcosa che non andava.
Altre illusioni e speranze si accumolarono nella sua mente, e 193 ancora non rispondeva ai suoi messaggi.
Era così facile per lui innamorarsi?
Voleva parlarci e fargli capire, che questi suoi giochetti non portavano assolutamente a niente.
Era davvero tardi, e si ritrovò alla casa abbandonata, dove amava andare per far spazio ai suoi pensieri.
Sperava di trovarlo lì, ma invece nemmeno l'odore di sigarette era presente.
Corse verso la piccola casa, che avevano pulito insieme. Non poteva essere più ridicolo di così.
Arrivare fino lì, con la speranza di trovarlo per cercare di parlargli, fregandosene della pioggia e delle lacrime che non riuscivano ad interrompersi. Adesso poteva semplicemente definirsi pazzo.
Ma forse, aveva fatto davvero bene ad arrivare in quella casa.
193 era seduto su una piccola panca, sembrava stesse piangendo, guardando il cielo dalla piccola finestra presente.
Non si trovava nemmeno in ottime condizioni. Aveva un occhio rosso, le nocche piene di sangue e tagli sul viso, tipiche di una rissa.
Jimin si avvicinò a lui e 193 sobbalzò, asciugandosi le lacrime e indossando velovemente la mascherina.
Gli prese il viso, non riuscendo a parlare. Il suo cuore sembrava a pezzi. Lo aveva riempito di brutti messaggi, senza nemmeno sapere realmente cosa fosse successo.
"Non toccarmi!" disse mentre l'ultima lacrima cadeva dalla sua guancia.
"Devo aiutarti. Con chi ti sei picchiato? Come hai potuto ridurti in questo modo?" Disse Jimin piangendo, con il viso bagnato dalla pioggia.
"Non sono affari tuoi, lasciami stare." disse cercando di sembrare forte, e di non far vedere le lacrime che prevalevano su ogni cosa.
"Non me ne andrò, anche se mi obbligherai a farlo. Devo portarti a casa mia e devo curare le infezioni." disse il ragazzo aiutandolo ad alzarsi.
"Non mi serve il tuo aiuto."
"Smettila di essere così insopportabile per una volta, e fai quello che ti dico." disse Jimin prendendogli il braccio e cercando di chiamare Tae. Non ce l'avrebbero fatta a piedi con tutta quella pioggia, e le ferite gli avrebbero solo fatto più male.
"Sto bene Jimin" disse, sembrando ancora più rotto di prima.
"Non ti lascio qui, puoi scordartelo."
Si guardarono negli occhi, e alla vicinanza ormai non facevano più caso.
"Perché sei così gentile con me?"
Ci fu un momento di silenzio, e il ragazzo non voleva confermare i suoi sentimenti dopo le sue varie provocazioni.
"Voglio solo cercare di non essere come te."
disse Jimin, rendendosi conto di aver detto qualcosa di sbagliato. Probabilmente lo aveva ferito, ma non voleva intendere quello."I-io i-intendev-" continuò balbettando, e girandosi verso il ragazzo, che si trovava a pochi centimetri da lui.
193 gli coprì la bocca e sussurrò un lieve "shh" per poi dire: "lo so"
Proprio in quel momento, una macchina arrivò davanti la piccola casa.
"Entrate, veloci!" Urlò Taehyung, con un ombrello che faceva fatica a mantenere, a causa del forte vento, che scompigliava anche i suoi capelli.
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193 || yoonmin
FanfictionDove la mente di Jimin è ossessionata dalle labbra di un ragazzo dal nome misterioso: 193